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Archivio per la categoria ‘oggetti smarriti’

Boccheggiare pallido e assorto…

28 giugno 2011

Ragazzi e chi ce la fa?
Ma lo sentite che caldo?
Ogni anno è sempre peggio, ho le caviglie così gonfie che i cani le scambiano per  pali della luce e ci fanno la pipì e io li lascio fare…
Sabato sera sono stata con “quei ragazzi” alla Notte bianca in Oltrarno.
Era la mia prima notte bianca e devo dire che, da turista, mi è piaciuta assai soprattutto la cena al Tranvai in Piazza Tasso, chiusa per l’occasione, per cui abbiamo potuto cenare in mezzo alla strada.
Sembrava la Grecia, dove spero di riuscire ad andare ad Agosto sempre se sopravvivo a Luglio a Roma.
Penso di no.
Intanto segnatevi questo:

Sabato 2 Luglio a San Bartolomeo al Mare nell’ambito della rassegna “Incontro con l’autore”,  alle ore 21.15, presso l’Anfiteatro del Lungomare delle Nazioni,presenterò “Innamorata di un angelo”.

Non vi abbraccio perchè sono troppo sudata

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Welcome to the jungle

20 giugno 2011

Ieri stavo aspettando un mio amico in Via Gioberti a Roma.
Me ne stavo lì tranquilla sul marciapiede più o meno davanti a una gioielleria (che chiamarla gioielleria son parole grosse dato che vendeva i soliti braccialetti di ferro e qualche orologio) quando a un certo punto il proprietario, una specie di Frankestein Junior nella stazza e l’intelletto, esce e mi urla di andare via perchè gli copro la vetrina!
Sì, avete letto bene, questo cerebroleso comincia ad insultarmi in tutti i modi cacciandomi dal marciapiede!
Lì per lì non capisco, magari è uno scherzo, lo guardo interrogativa e un pò confusa chiedendogli appunto se stia scherzando, che sono sul suolo pubblico e non sto coprendo proprio niente (trattavasi di un tabernacolo a un metro dalle mie spalle, e comunque non stavo leccando il vetro con la lingua!).
Apriti cielo, mi viene a un centimetro dal naso e mi urla che me ne devo andare via di lì, che lui ha ragione e mi minaccia velatamente con frasi tipo “vogliamo vedere?”.
Ora, a parte il fatto che mi è venuta una tremarella che la metà bastava, e non essendo una che si mette a urlare in mezzo alla strada e Dio sa se vorrei esserlo, ho provato a disinnescare la sua rabbia come indicato in tutti i manuali di Pnl, aspettandomi di prendermi una pizza in faccia.
“Ma perchè lei è così aggressivo? Che le ho fatto sto aspettando una persona , non do noia a nessuno!”
“Io non sono aggressivo, io dico le cose giuste, via di qui subito!”  mi urla.
Le mie ultime parole sono state “Sì però lei non sta bene, si faccia curare!”
Sono rimasta malissimo, mi sono sentita offesa, sola e trattata come un ladro.
A 10 metri da lì un ubriaco stava tranquillamente sdraiato davanti a un portone con la testa nel piscio e un pò più in là due tassisti stavano urlandosi qualunque cosa davanti alla povera turista frastornata perchè tutti e due rivendicavano la precedenza nella fila.
Venerdì sera in centro passeggiavamo in una strada già stretta di suo, ma resa ancora più impraticabile dal parcheggio selvaggio,
passa un taxi  a 80 all’ora e la mia amica si schiaccia contro una macchina parcheggiata.
Il suo commento “Mortacci!” è stato sentito dal pilota di Formula uno che ha fermato il taxi ed è sceso e l’ha insultata in tutti i modi venendo sotto al naso del suo ragazzo che aveva preso le sue difese.
Uno dei passeggeri è sceso dicendo che non voleva pagare per stare fermo, e stava per gettarsi nella rissa, la moglie ha afferrato il tassista per il braccio e ha ordinato al marito di entrare in macchina e alla fine abbiamo scoperto che al tassista era morto qualcuno il giorno stesso e si era stranito a sentir dire “Mortacci!”.
Ogni giorno è una lotta assurda e impari, devi sempre stare sul chi va là perchè l’offesa e la fregatura sono sempre, sempre, dietro l’angolo.
Non so dire se Roma non faccia per me, ma di certo io non faccio per Roma, troppa aggressività e menefreghismo per i miei gusti.
Io sono arrivata al limite, 2 anni mi sembrano 15 e il fatto che sia un posto dal clima gradevole è diventato l’unico motivo per cui veramente resisto qui.
Qualcuno di voi sa qualcosa di Berlino?

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Single is a state of mind

17 giugno 2011

Vi ricordate il ponte del 2 di Giugno?
Bene con la sorella di Attilio e fidanzato decidiamo di andare al mare: che bello che bello 3 giorni di mare, non ci vado da 2 anni, non vedo l’ora!
Attilio al solito sorride e non dice niente.
Il giorno prima della partenza gli chiedo: “Allora tutto a posto per domani?”
Risposta: “Io lavoro, il giorno di ferie non lo posso prendere”
“Non lo potevi dire prima?”
“L’ho detto!”
“A chi?”
“L’ho detto l’altra sera”
“Nessuno ti ha sentito”
“Beh è logico che non lo possa prendere, se già andiamo in ferie ad Agosto…”
La sua logica granitica accompagnata dalla sua flemma inamovibile mi hanno fatto desiderare una cosa sola: essere di nuovo single.
In realtà  ho solo pensato, okay o me ne vado o mi leggeranno sui giornali.
L’ indomani ho prenotato un albergo a Ostia (il meno fatiscente a mezzora di metro da qui), ho fatto le valigie e ho salutato il buon  Attilio che, seduto a leggere il giornale  ha alzato la testa e ha detto: “dove vai?”
“Via, ci vediamo domenica!”
E me ne sono uscita con la fedina penale intonsa alla volta del litorale laziale, come un’eccentrica signora d’altri tempi.
Volete sapere la verità?
I più bei 4 giorni della mia vita!
In compagnia dei libri, il computer, il mare e un vinello la sera in un’enoteca del centro  tenuta da una signora carinissima di nome Simona, (il posto mi pare si chiamasse Le Barrique), dove sembrava di essere in Grecia.
Il venticello fresco, l’aria profumata, Mario Biondi in sottofondo, Grandi speranze in mano.
E ho pensato: ma chi mi ammazza??dscn0504
Basta talmente poco per star bene , che anche i 4000 ambulanti, le massaggiatrici cinesi e i coccobbellococco, che passavano in fila indiana a rompere i coglioni quasi non mi hanno disturbata!
Mi alzavo la mattina alle 6 e andavo a camminare sulla spiaggia (no, non vestita di bianco con cappello e sciarpa tipo Diane Keaton in tutti i suoi film!) incontrando solo gabbiani e campeggiatori, poi yoga, doccia, colazione e al mare.
Mentre lo scrivo mi viene da piangere dalla nostalgia.
In quei giorni i miei migliori amici sono stati: la receptionist a cui ho rotto il cazzo per avere la terrazza che al telefono mi aveva assicurato, ma che poi non risultava esserci più al mio arrivo, i bagnini del Bagno Belsito di una gentilezza unica, la giornalaia, vari baristi e i cinesi del ristorante giapponese.
Non c’è niente da fare, sono come mia nonna, è stata single tutta la vita nonostante marito figli e nipoti e lo dico in senso positivo, era libera dentro per cui poteva stare con loro, ma stava benissimo anche senza di loro e ha vissuto bene e a lungo, ritagliandosi dei momenti per se stessa per poter dedicarsi agli altri ancora meglio.
So che mia madre non la pensa così, ma che questa è la mia versione!

dscn0520E sapete una cosa? Non mi sono mai sentita sola nemmeno una volta perchè godendo del momento che stiamo vivendo, respirando e guardandoci intorno, permettendoci di esistere semplicemente, senza attaccarci a niente e a nessuno  (perchè alla fine niente e nessuno ci apparterranno mai), ecco così si sperimenta la vita nella sua essenza più pura e si realizza il momento perfetto  pioggia o sole, vento o neve.
Perciò quando vi sentite giù, stanchi, incazzati, avvitati, prendete una borsa, buttateci dentro 2 cose e via in un qualunque posto anche per 2 giorni,e fate un regalo a voi e al vostro migliore amico: voi stessi.

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A journey into Ashtanga yoga my experience so far…

13 giugno 2011

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A journey into Ashtanga yoga:
My experience so far

di Federica Bosco

A Giuliano Vecchiè


Si dice che chi pratica yoga in questa vita l’abbia già praticato nelle vite precedenti.
Certamente il fatto che quando avevo 6 anni mia nonna Licia (che notoriamente fingeva di giocare coi nipoti , ma faceva solo cose che interessavano a lei! ) mi insegnasse l’aratro e la candela ha avuto la sua parte di influenza.

E’ come se lei avesse depositato un seme nella mia anima che fosse rimasto lì in attesa di germogliare e fiorire a tempo debito.
Da allora sono trascorsi circa venticinque anni prima che cominciassi la mia ricerca personale che mi ha portato ad incontrare ( o forse chissà a ri-incontrare!) l’ Ashtanga yoga, Sono sempre stata una persona estremamente introspettiva e sensibile ai movimenti dell’anima, passavo ore a meditare e rimuginare sul perché non fosse possibile vivere semplicemente e serenamente, invece di doversi sempre in qualche modo difendere dall’ aggressività altrui, rimanendo sul chi va là per non avere brutte sorprese.
Avevo girato il mondo, cambiato un numero indefinito di lavori, stavo pubblicando il mio primo libro, ma non riuscivo a togliermi di dosso quella costante sensazione che ci fosse un filo sottile che unisse tutte le perle che avevano caratterizzato gli avvenimenti spesso caotici della mia vita.
Non poteva essere tutto un caso se molte cose andavano sempre nello stesso modo e se l’ansia continuava ad avere un posto d’ onore nella mia vita.
Da bambina introversa e sottile come un giunco, mi ero ritrovata nel corpo di un’adolescente ingombrante e sovrappeso che non si riconosceva più e che più cercava di passare inosservata, meno ci riusciva.
Così dall’età di 16 anni, avevo sviluppato un disturbo dell’alimentazione che ovviamente non ero mai riuscita a risolvere.
Ecco che, in mezzo a quel marasma in cui vivevo da troppo tempo, sentii il forte richiamo di qualcosa che andasse oltre l’esercizio fisico e la palestra, e mi imbarcai in una ricerca estenuante scontrandomi con il misterioso mondo dello yoga, i suoi innumerevoli stili, ma soprattutto i suoi sedicenti maestri che hanno reso la mia ricerca lunga, faticosa e a tratti scoraggiante.
Così dopo aver passato ore legata come un salame con l’Iyengar yoga, essermi annoiata a morte con l’ Hatha yoga, aver iperventilato come per un attacco di panico con il Kundalini Yoga, essermi massacrata di flessioni con il Power yoga ed aver visualizzato laghetti e nuvole ascoltando la voce insopportabile del defunto maestro, ero ormai prossima alla rinuncia.
Fu a New York che, per caso, (o forse no) mi imbattei nel Jivamukti Yoga di Sharon Gannon e David Life e capii che ero sulla strada giusta.
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Non a caso i due avevano studiato a fondo lo stile Ashtanga con Sri Pattabhi Jois che poi avevano liberamente saccheggiato per dare vita al loro stile personale inspirato all’ omonimo Stato di Liberazione.
Due settimane di Jivamukti yoga in un centro di 200 metri quadrati vicino a Union Square, dove come insegnante può capitarti il fratello di Uma Thurman o come vicino di tappetino William Defoe, erano difficili da dimenticare e soprattutto impossibili da ritrovare a Firenze ed è stato in quel momento che mi sono data una chance definitiva tentando un’ ultima lezione di prova prima di gettare la spugna e comprarmi un dvd!
Quel giorno ho incontrato Alessandro Ciaurri, che ho subito considerato il mio maestro.
Era esattamente il tipo di persona che stavo cercando: competente, umile, ottimo insegnante e incredibilmente devoto alla sua disciplina, senza che questo dovesse significare atteggiarsi a guru, ma semplicemente, inserendo lo yoga in maniera armoniosa all’interno della propria vita, e mantenendo un atteggiamento positivo e ottimista.

Ho capito quindi che la mia ricerca era finita e il mio viaggio interiore poteva ufficialmente cominciare.
Ho sentito che quello era il percorso giusto, e che attraverso la pratica, il seme piantato tanti anni prima da mia nonna, sarebbe germogliato diventando un albero solido i cui rami sarebbero stati estensioni dei precetti dell’ Ashtanga che, applicati con coerenza ed equilibrio alla vita di tutti i giorni , senza fanatismi, avrebbe veramente rappresentato la svolta.
Da quel giorno ho capito che avrei voluto divulgarne lo spirito, soprattutto quando mi sono resa conto che l’idea generale della gente nei confronti dello yoga è quella di stare seduti a gambe incrociate ripetendo Om!

8 buone ragioni per praticare l’ Astanga yoga

La parola Ashtanga significa 8 rami o 8 mezzi di realizzazione, di cui Patanjali dà definizione negli Yoga Sutra (2.29)
Questo concetto inizialmente mi suonava lontano e terribilmente simile ai 10 comandamenti della Bibbia, motivo per cui sono stata per un lungo periodo refrattaria anche al prendere in mano i testi nonostante, negli anni avessi continuato incessantemente ad accumulare quantità di materiale dalla Bahagavad- gita, agli Siva Sutra al Gheranda Samhita.
Così come, pur essendo onnivora, possedevo quantità di libri sulla cucina vegana e macrobiotica.
Questo per sottolineare di nuovo il tema del Bija (il seme) che viene piantato o trasportato dal vento anche casualmente e quando trova le condizioni giuste, di nuovo, sboccia.
Patanjali parlava di Yama, le astensioni (non violenza, verità, onestà , astensione dagli eccessi e non possesso) e Nyama, le regole di vita, (purificazione, contentezza, austerità, studio e abbandono a Dio) norme che se riportate alla vita quotidiana con un po’ di buon senso, ci renderebbero meno aggressivi, invidiosi, insoddisfatti e sovrappeso!
Gli altri “rami” di cui parla sono le Asana, le posizioni, Pranayama ,le tecniche di respirazione, Pratihara il ritiro dei sensi, Dharana ,la concentrazione, Dhyana, la meditazione e Samadhi, l’unione.
Immaginando una scala i cui gradini siano i suddetti “precetti”, è facile capire come attraverso la ripetizione regolare delle Asana, e con una quotidiana attenzione al respiro, limitando le elucubrazioni mentali e l’attaccamento alle cose, attraverso la concentrazione e la meditazione che si sperimentano durante la pratica, si accede a quel livello elevato dove finalmente si raccolgono i frutti del raccolto giungendo alla consapevolezza e all’unione cosmica.
La consapevolezza della perfezione dell’ Ashtanga (che sarebbe riduttivo chiamare solo yoga!) , ovviamente non mi si è rivelata subito, ci ho messo anni a capire che tutto faceva parte di un disegno superiore che attraverso il percorso dentro me stessa ,seguito con regolarità e pazienza, mi avrebbe dato risultati inaspettati in ogni settore della mia vita.
I primi benefici furono pressoché immediati: il mio corpo faceva cose che neanche mi sarei sognata di fargli fare, ma subito si manifestò quella componente tipicamente competitiva e masochista per cui mi trovavo a concentrarmi più su quello che non riuscivo a fare che su quello che sapevo fare e la frustrazione mi toglieva molto del piacere della pratica.15312_340145077156_657947156_3696344_2535498_n
Mi sono accorta più tardi che quello era un passaggio obbligato, legato a quel bisogno infantile del bambino interiore di non deludere il genitore severo, e che, una volta superato, mi ha fatto capire definitivamente che l’importante è avanzare in funzione della voce del proprio corpo che è unico e speciale e che non necessariamente deve o può riuscire a fare tutto.
Questa presa di coscienza mi ha permesso di concentrarmi molto di più sulla qualità invece che sulla quantità curando dei dettagli che hanno reso nel tempo la mia pratica più fluida e consapevole.
Per dirla alla Hemingway: less is more.
Tutto questo è alla portata di tutti e l’Ashtanga è il mezzo attraverso il quale è possibile raggiungere autocontrollo, efficienza fisica e mentale, pace interiore e salute.

Yoga chitta vritti nirodah

Ma la parte più dura del viaggio, doveva ancora arrivare.
Una volta che il corpo si era fatto più leggero e flessibile, ho capito che quella era solo una parte del percorso, paradossalmente la più semplice, mentre quella della calma mentale e del controllo di cui tutti parlavano e che anch’io mi aspettavo di vedere,esattamente come un turista che si aspetta da un momento all’altro di vedere i delfini, non arrivava.
O meglio non riuscivo a trattenerla, tantomeno se praticavo da sola, laddove mi rendevo perfettamente conto del significato della frase di Vivekananda “la mente è come una scimmia impazzita”.
Un turbinio di pensieri che saltavano da un ramo all’altro senza sosta.
E questo si rifletteva poi su tutto il resto della mia vita, mi lasciavo trascinare dalla forza dei pensieri perdendo energia e lucidità, finendo poi per prendere decisioni impulsive che risultavano quasi sempre sbagliate.
L’ansia è una componente fondamentale della nostra società ed è più pericolosa del cancro.
E’ colei che genera tutte le patologie comportamentali, le dipendenze, i disturbi dell’alimentazione, le manie e le paure, ed è in funzione sua che cerchiamo delle strategie quasi sempre autolesioniste per cercare di placarla.
L’ansia è una risposta meccanica del sistema nervoso che ha avuto una sua funzione utile fino all’ età della pietra, laddove noi esseri umani ci trovavamo costantemente in pericolo di vita in quanto prede di qualunque animale più alto di un metro e mezzo e con un paio di denti aguzzi o un corno.
L’ansia era una forma di difesa che si manifestava sottoforma di sudorazione intensa per mimetizzare l’odore, e adrenalina per fuggire velocemente e in quel caso aveva una sua ragione d’ essere, ma purtroppo il progresso e l’ evoluzione non vanno di pari passo, e nonostante il 2012 continuiamo a rispondere al bagaglio genetico dei nostri antenati che facevano lo slalom fra i dinosauri, senza però che ci siano ragioni reali per metterci in allarme.
I nostri dinosauri sono le scadenze, la competizione, la velocità innaturale con cui siamo chiamati ad adattarci da una società che ci spreme come limoni sottopagandoci e buttandoci via e quando alla fine di tutto questo ci guardiamo intorno per vedere cosa abbiamo accumulato, tutto quello che desideriamo veramente è starcene su una spiaggia al tramonto con una birra e un buon libro.
Ognuno di noi ha il suo modo per placare l’ansia, che si manifesta come quella vaga sensazione di fastidio in fondo all’anima,un malessere, un senso di vuoto.
Non siamo fatti per stare seduti davanti a un computer ,siamo fatti per l’azione e se stiamo fermi per troppo tempo il cervello entra in stand by e crea dei problemi irreali a cui non c’è soluzione per tenersi impegnato.
Questo è lo scopo dei sogni, ma è anche il motivo per cui la mente crea sensazioni immaginarie che noi prendiamo maledettamente sul serio e in funzione delle quali spesso ci roviniamo la vita con scelte assolutamente sbagliate come la paura di stare soli, di cambiare lavoro, di uscire di casa..ed ecco che i nostri dinosauri diventano l’inadeguatezza, la vergogna, gli standard elevati, l’ invidia, il senso di colpa…
Ma la maggior parte delle persone purtroppo crede alle proiezioni del cervello (che sono reali quanto quelle provocate dall’ LSD) e per placarle si imbottiscono di psicofarmaci, alcolici, sigarette, o spendono un patrimonio in shopping e telefonini.
Il mio metodo compensativo è sempre stato quello del cibo, e so che dovrò farci i conti per sempre, ma l’aiuto dell’ Ashtanga yoga mi è stato indispensabile, perché attraverso la pratica, la respirazione, la meditazione e il Pranayama, ho imparato ad aspettare che l’ondata di ansia cresca e poi si infranga senza che mi travolga e mi faccia incorrere in comportamenti autolesionisti.
La respirazione Ujjay mi è stata di grande aiuto a questo scopo, un’altra componente essenziale ed esclusiva dell’Astanga yoga che ha lo scopo di aumentare il controllo sul corpo e la mente oltre ad aumentare la produzione di calore per rendere i muscoli più caldi e il sangue più ossigenato.
Ujjay si realizza comprimendo leggermente la glottide e producendo un suono simile a quello della risacca del mare sulla riva e si è rivelata efficacissima per riuscire a focalizzare e mantenere la concentrazione, impedendo alla mente di divagare e distrarsi.
In questo modo, la pratica diventa una sorta di meditazione, fluida e ininterrotta, scandita dal ritmo del respiro che funge da metronomo.

Ujjai
e dristhi (lo sguardo fisso su un punto) sono le due tecniche fondamentali per riuscire a fare il vuoto mentale e farsi trasportare dalla pratica, esattamente come inserire il pilota automatico e lasciare che l’aereo vada da solo.
Una danza il cui scopo è quello di liberare energia vitale e creativa.

Yoga chitta vritti nirodah
è un concetto di Patanjali che inizialmente ho faticato a interiorizzare: lo yoga è la cessazione dell’identificazione della mente con i propri flussi, cioè quel nostro continuo fissare l’attenzione sull’oggetto esterno o su quel pensiero, diventando quell’oggetto e quel pensiero perdendoci in un labirinto senza via d’uscita e in quell’ infinito conflitto dualista in cui l’essere umano è immerso nell’eterna lotta fra bianco e nero, bene e male, giusto e sbagliato.
Smettendo di identificarci con le emozioni, i pensieri e tutto quello che non possiamo controllare, diventando consapevoli che quei pensieri non sono reali, ma sono solo un flusso continuo di proiezioni spesso contraddittorie e senza un senso, smettiamo di subirle e interrompiamo il meccanismo schizofrenico che ci confonde e ci impedisce di vivere.

Vitarka badhane pratipaksha bhavanam (2.33)

Quando vi è turbamento creato dai pensieri occorre creare pensieri opposti

La consapevolezza è la chiave per spezzare la catena di questa sofferenza altrimenti senza via d’uscita, il capire che,così come possiamo creare un pensiero negativo, possiamo crearne uno positivo.
Il renderci conto che non siamo in balìa del mentale e dei suoi giochi, ma possiamo imparare a educarlo e smettere di subirlo è la via verso la liberazione della sofferenza e lo yoga ci aiuta a superare il dualismo e creare una unione fra corpo e mente, anima e spirito, così da riuscire finalmente a realizzare la nostra vera natura e raggiungere quella che viene chiamata illuminazione.
Una volta che il velo della falsa percezione della realtà si dissolve, rimane quello che la realtà è veramente cioè non un bianco e un nero, ma una scala di colori intercambiabili, e non è che diventi improvvisamente tutto rosa, che il mondo sia un posto migliore e non esista il male, ma si comincia ad avvertire una specie di sereno distacco che permette di osservare senza essere troppo coinvolto.
Non è più la rabbia a predominare o la frustrazione o la sensazione che ci sia un complotto superiore che ci si accanisce contro, ma una grande calma interiore e una compassione per tutti coloro che non stanno vivendo la propria vita, ma solo correndo come criceti nella ruota.
Basta poco per staccare e capire che possiamo sempre scegliere, in qualunque momento e che possiamo essere i creatori della nostra vita e delle nostre esistenze e che l’attaccamento alle cose e alle persone non può essere che portatore di ansia e infelicità.
Niente ci appartiene, né le cose, né le persone, né il successo, tutto quello che possediamo un giorno dovremo restituirlo così come il nostro corpo, e questo dovrebbe bastare a farci rilassare!
Mai come in questo momento storico tutti sono alla ricerca di spiritualità e tutti vogliono fare yoga, in realtà quello che vogliono sono benefici immediati che invece arrivano con il tempo, la pratica, la riflessione, le letture e l’apertura mentale.
Lo yoga esiste da oltre 4000 anni e ci ritroviamo adesso a riscoprire una filosofia che gli indiani apprendono ancora prima di cominciare a camminare ( e che adesso pretendiamo di mettere sotto copyright!)
Lo yoga è uno stile di vita che deve rendere le nostre esistenze armoniose completandoci e migliorando quella delle persone che ci stanno intorno.
Unione di corpo e mente significa coerenza nel pensiero e nell’azione, significa integrità, significa non scendere a compromessi insostenibili che ci fanno odiare il nostro lavoro e quello che facciamo e quando diventiamo più onesti verso noi stessi e gli altri, perché ci permettiamo di volerci più bene, automaticamente attorno a noi si sviluppa una sorta di energia positiva che attira benessere.
Non è magia, è semplicemente un ritorno alle origini, un cominciare a conoscersi ad ascoltarsi e a rispettarsi.
Conosciamo perfettamente il funzionamento dei nostri telefonini, ma non sappiamo di cosa ha bisogno il nostro corpo e tantomeno la nostra anima e andiamo a cercare soluzioni lontane quando tutto quello di cui abbiamo bisogno è già qui.

Pranayama

Oltre la pratica un’altra parte fondamentale dello yoga è rappresentata dal Pranayama un tipo di respirazione consapevole e atta a “fare il pieno” di quell’energia vitale che permea l’atmosfera e che è rappresentata dagli ioni negativi, fondamentali al buon funzionamento del cervello e di tutto il corpo umano.

Non respiriamo mai abbastanza, o solo in maniera terribilmente superficiale, mentre respirare in maniera completa e a fondo può fare la differenza fra la salute e la malattia, fra un cervello che funziona e uno che arranca.
Il concetto di Pranayama è lungo e complesso, ma è incredibilmente affascinante e chiunque può trarne benefici immediati, specialmente in quei momenti in cui siamo chiusi da troppe ore in un ufficio respirando aria malsana con quella sensazione di testa pesante.
Nel mio caso apprendere tecniche di Pranayama ha fatto la differenza fra il rispondere immediatamente a una mail o contare fino a 10 e non rispondere affatto!
L’esercizio da cui traggo grande beneficio è il Pranayama quadrato che è un metodo semplicissimo che si pratica sedendo possibilmente in padmasana e mantenendo la schiena in posizione eretta.
Si effettua una profonda espirazione seguita da una ritenzione del respiro (kumbakha) poi si inspira profondamente e di nuovo si effettua kumbakha mantenendo sempre lo stesso ritmo durante ogni fase contando ad esempio fino a 4 o fino a 6 o mentalmente con gruppi di 4 o 6 Om
Dopo pochi respiri, superata la fase fastidiosa dei polmoni che si rifiutano di obbedire a un comando, il cervello iperossigenato è immediatamente più attivo e presente e si presta a scoprire soluzione introvabili solo fino a pochi minuti prima.
Il Pranayama puà salvare la vita.
Manju Jois ,figlio di Sri Pattabhi Jois, raccontò una storia che mi colpì molto, si sentiva leggermente affaticato durante uno dei suoi workshop in giro per il mondo e da una visita di controllo risultò che aveva una sola arteria aperta su 4. Raccontò al medico, incredulo, che ogni volta che si sentiva fiacco, praticava Nadi sodhana (respirazione alternata chiudendo una narice alla volta) e questo ha permesso al suo cuore di continuare a funzionare contro ogni pronostico.
Questo dovrebbe darci la misura dell’importanza che riveste la respirazione nella nostra vita, non per niente chi ha un attacco di panico lo si fa respirare in un sacchetto di carta per riportare il ritmo alla regolarità e per una partoriente è fondamentale gestire il respiro al fine di agevolare al meglio la nascita del bambino.
I ballerini sanno che la giusta respirazione è indispensabile per reggere estenuanti ore di prove e sostenere lo stress di uno spettacolo, significa avere il controllo della scena, la memoria e la presenza necessarie a una splendida performance, gli sportivi sanno che risparmiare respiro senza andare in debito d’ossigeno permette loro di arrivare in fondo a una gara e chi pratica arti marziali sa perfettamente che non è la forza a fare la differenza, ma la potenza che si sprigiona dall’energia interiore controllata dal respiro.
Il respiro è vita, ma ce ne accorgiamo solo quando non riusciamo più a respirare perché siamo pieni di impegni, e sopraffatti dall’ansia che ci stringe la gola.
Pochi minuti al giorno seduti in tranquillità o meglio ancora dopo la pratica sono fondamentali per completare un percorso di benessere interiore che valgono più di 20 gocce di ansiolitico!

Yoga e medicina moderna

Ultimamente anche la medicina tradizionale, notoriamente scettica nei confronti di tutto quello che viene definito “olistico” o più volgarmente new age, sta prendendo in considerazione in modo sempre più serio l’influenza dello yoga, sul corpo e lo spirito e i medici tendono sempre di più ad integrare con lo yoga e altre tecniche meditative le terapie farmacologiche.
Uno studio condotto da Dr. Chris Streeter della Boston University nel 2007 ha dimostrato tramite immagine spettroscopica di risonanza magnetica ad alta risoluzione un picco di livello di un neurotrasmettitore, l’
acido γ-amminobutirrico (GABA) normalmente molto basso in coloro che soffrono di ansia e depressione così come le serotonine.
Un’ora di yoga ha dimostrato un aumento di GABA del 27%.
Questo spiega in parte i benefici dello yoga sulla salute mentale

Tat param purusha khyater guna vainishnyam (1.16)

Patanjali spiega in questo sutra che il più alto grado del distacco è la liberazione dal desiderio delle qualità della natura (guna) che si ottiene attraverso la vera conoscenza del sé.
Purusha è la coscienza dormiente che subisce l’influenza dei 3 guna che ci condizionano e ci imprigionano, i più estremi sono tamas (inerzia) e rajas (desiderio) mentre sattva è la saggezza dell’equilibrio.
Secondo il Dr Timothy Mc Call, (editore medico di Yoga Journal e insegnante di yoga) i tipi di depressione si possono dividere in due categorie principali: le persone che presentano marcati sintomi da predominanza tamas, hanno difficoltà ad alzarsi la mattina, lamentano mancanza di stimoli e di interessi, sono apatici, spesso mostrano caratteristiche fisiche come spalle curve, petto rientrato, occhi infossati e respirano molto superficialmente e le persone che presentano sintomi da eccesso di rajas che hanno accessi di rabbia, tensione, rigidità, appaiono agitati, non riescono mai a rilassarsi. Mc Call suggerisce nei casi di depressione tamasica molte ripetizioni di saluti al sole, con intense ispirazioni che riempiano i polmoni di prana, posizioni in equilibrio sulle braccia e backbending. In questo modo, il corpo e la mente saranno così occupate con la pratica che sarà difficile mettersi a rimuginare, cosa che accade molto facilmente in Savasana. Chi invece è affetto da depressione di tipo rajasico dovrebbe astenersi da troppi saluti al sole e troppi back bending dato che il soggetto di solito è già molto agitato, anche se bruciare energia in eccesso per queste persone è sempre un antidoto contro la distrazione costante.
La ricerca ha dimostrato che le posture stimolano l’umore muovendo l’energia attraverso i centri in cui hanno sede sentimenti come la rabbia e il dolore, che vengono sbloccati rapidamente con la costante esperienza di benessere dello yoga.
Secondo il sistema dei 7 chakra, i centri energetici situati lungo la Sushumna nadi , percorso energetico che scorre all’interno della colonna vertebrale, lo yoga aiuta a sbloccare queste tensioni salendo da Muladhara il chakra della radice che ci ancora a terra e che rappresenta il nostro istinto più primitivo, fino a giungere il chakra della corona, situato sulla sommità del capo, Sahasrara, sede della relazione karmica e della connessione col divino che apre la strada per l’ illuminazione.
Poiché ogni chakra è associato a una parte del corpo, quando questa è sbilanciata causa una ripercussione sull’ intero sistema energetico provocando la malattia.
Un percorso di autoconsapevolezza è quindi la chiave per giungere allo stato di sattvico in cui si accetta la realtà per quella che è con sereno distacco senza cercare di cambiarla né esserne cambiato.

Yoga e alimentazione

Durante i primi mesi di pratica, i benefici che ne traevo erano principalmente fisici.
Andando avanti però sentivo che c’era qualcosa che andava oltre la ripetizione delle Asana, ed era qualcosa che lavorava sulle energie sottili, attraversando la rete delle innumerevoli Nadi andava a ricucire gli strappi dell’anima.
Era come se ci fossero dei canali che si aprivano portando un benessere profondo e duraturo basato su una maggiore consapevolezza del proprio corpo (questo sconosciuto!) ed è una cosa che non si sperimenta con un’ora di jogging, come i detrattori dello yoga cercano di insinuare!
Così mi sono resa conto che man mano che progredivo con lo yoga, stavo meglio a vari livelli.
L’ansia si attenuava, avevo una maggiore capacità di concentrazione e si attenuavano i miei disturbi dell’alimentazione legati all’ansia e all’insoddisfazione.15312_340137562156_657947156_3696320_1300973_n
La consapevolezza si è quindi espansa in vari settori della mia vita rendendomi più presente in quello che facevo.
Cominciavo a non subire più il cibo, ma a sceglierlo e invece di abbuffarmi e ogni qual volta mi sentivo ansiosa, praticavo o meditavo.
Quando il tuo corpo sta bene, perché si sente sano, vitale e pieno di energia,vuole continuare a sentirsi bene e fa in modo di chiederti esattamente quel tipo di gratificazione.
Attraverso lo yoga si raggiunge uno stato di soddisfazione interiore incredibilmente profonda, si sperimentano la compassione, l’auto accettazione, la pace interiore, il perdono e tutto questo viene poi riportato all’esterno delle nostre vite e automaticamente si cominciano a fare scelte sane per il proprio corpo e per la propria anima mangiando meglio, vivendo meglio e scegliendo persone più positive per noi.
Si diventa indulgenti verso sé stessi smettendo di colpevolizzarci per essere o non essere quello che la società si aspetta da noi.
Patanjali parla di aparigraha , il non possesso, l’abbandonare l’avidità nei confronti delle cose, del potere sugli altri, dell’ingordigia, di tutto quello che va a nutrire l’ego, e non lo spirito raccomandando agli yogi che cercano l’illuminazione una vita moderata.
Certo in una società schizofrenica come la nostra che ci spinge costantemente a fare l’impossibile per accumulare e poi ci colpevolizza per averlo fatto è quasi impossibile rimanere insensibili alla quantità di stimoli esterni, ma possiamo sperimentare quanto sia illusorio l’ appagamento momentaneo dell’ ego che per evitare di occuparsi dei propri problemi, ci spinge a circondarci di cose inutili per cercare di colmare il vuoto interiore.
Quando porti la luce della consapevolezza nella tua vita, non sei più dominato dagli istinti, ma ti fermi, respiri e scegli quello che è meglio per te.
Si comincia a sviluppare un’ idea di alimentazione sattvica che nutra anche lo spirito ed automaticamente le scelte diventano più salutari perché è il corpo stesso che le chiede
.
C’ è un bisogno di lucidità, energia, leggerezza e purificazione che solo i cibi naturali riescono a dare e a quel punto è il tuo istinto che ti guida nella scelta migliore.
Tutto questo è arrivato un giorno per caso, quando ero occupata a fare tutt’altro, ero onnivora e con tutte le intenzioni di rimanerlo anche perché per i bulimici lo spauracchio dei carboidrati è sempre dietro l’angolo.
Avevo avuto una conversazione con il mio maestro 3 giorni prima in cui lui (vegetariano convinto) faceva le solite battute sul mio “nutrirmi di cadaveri” cosa su cui non avevo mai veramente riflettuto e comunque sentendomi attaccata avevo risposto in maniera piuttosto polemica.
Pochi giorni dopo ho avuto la prova di quanto lo yoga potesse lavorare oltre ogni confine immaginabile e questa è la mia più grande esperienza .
Comprai casualmente un libro che parlava di alimentazione vegan (The skinny bitch diet) e rimasi sconvolta dai capitoli in cui si parlava delle torture sugli animali.
Sconvolta è dir poco, ognuno di noi sa cosa succede nei macelli, ma a tutti noi fa comodo negare l’ olocausto.
E oltre a questo mi sono resa conto dell’ impatto devastante che hanno i latticini sul nostro fisico.

In quel preciso istante ho capito che non mi sarei mai più cibata di animali e dei loro derivati ed è stata una scelta immediata e senza un solo dubbio.
Mi sono ricordata che da piccola volevo fare la veterinaria, poi la vita mi ha portato a fare tutt’altro, ma evidentemente in me quel seme (di nuovo) non aveva trovato ancora il modo di sbocciare.

Ahimsa pratishthayam tat samnidhan vaira tyagah (2.35)

Quando smetti di far del male agli altri, gli altri cesseranno di fare del male a te
Patanjali elenca Ahimsa come primo Yama e lo interpreta in un contesto molto vasto, non solo inteso come violenza fisica nei confronti di persone e animali, ma soprattutto violenza di pensiero e parola.
Se vogliamo vivere in un mondo meno violento, dobbiamo creare un mondo meno violento e dobbiamo partire da noi stessi.

Fai del tuo meglio per non causare dolore esorta Patanjali, e come sostengono gli yogi, mangiare esseri viventi significa creare “cattivo karma” e ingerire la paura dell’animale macellato porta aggressività, tristezza, sofferenza e malattia.
Dal momento che cominci a vedere gli animali come tuoi simili, mangiarli significherebbe diventare un cannibale e semplicemente te ne dimentichi.
Questa è stata la cosa straordinaria per me, onnivora impenitente, che da un giorno all’altro sono diventata vegana senza che questo si riflettesse minimamente sulla qualità della mia vita o di quelli intorno a me se non in meglio.

Conclusioni

Il mio viaggio attraverso l’Ashtanga yoga , cominciato ormai 7 anni fa continua a sorprendermi giorno dopo giorno.
Se dovessi elencare le cose che più mi rendono entusiasta direi che la prima cosa è l’idea che è qualcosa di tuo che nessuno può toglierti e puoi portarlo sempre con te, senza bisogno di un’attrezzatura particolare se non un tappetino.
E’ un rifugio sicuro in qualunque momento che non ti delude mai, un modo per trovare risposte e superare blocchi e ostacoli che la mente si pone spesso in maniera inutile e arbitraria.
E’ una sfida costante con i tuoi limiti e una porta sull’ infinito che può solo farti scoprire cose del tuo inconscio che non conosci ancora.
Ed è assolutamente democratico.

Devo ringraziare i maestri che hanno reso questo viaggio più interessante e costruttivo, facendomi scoprire sempre nuovi percorsi e strategie e spingendomi a non arrendermi.

Giuliano Vecchiè per avermi dato l’opportunità di conoscere più approfonditamente l’Ashtanga yoga e i suoi maestri.

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Manju Jois

Manju Jois persona straordinaria e di rara gentilezza che con pazienza e tenacia prosegue il lavoro continuato da suo padre perché questo non vada mai perduto.

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Giuliano Vecchiè e Kino Macgregor

Kino Macgregor la cui bravura devozione e dolcezza sono di grande ispirazione specialmente per noi donne.

Sri Pattabhi Jois che non ho avuto l’onore di conoscere, ma che ha fatto a tutti noi questo dono immenso.

Joanna e Mark Darby

Joanna e Mark Darby

Fonti:

Yoga Sutra di Patanjali – Swarupatma

Yoga and vegetarianism – Sharon Gannon

Pranayama- Andrè Van Lisbeth

Yoga mala – Sri Pattabhi Jois

www.ddrmccall.com







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Namastè

13 giugno 2011

Ragazzi che soddisfazione, mi sono diplomata ufficialmente come insegnante di Astanga Yoga dopo un percorso di più di 3 anni in quel di Bologna.
E’ stato come tornare all’ultimo giorno di scuola, e mi fa un effetto strano adesso, un misto di malinconia e tristezza.
Di certo è stato un bel viaggio che mi ha fatto conoscere persone stupende che non perderò di vista e che mi ha arricchito e cambiato per sempre.
Volevo diplomarmi prima di compiere 40 anni, era un regalo che volevo farmi e che segnava una svolta nella mia vita.
Un Piano B sempre pronto all’occorrenza, il giorno che andrò a vivere su un’isoletta Greca!
Come racconto sempre, lo yoga mi ha aiutata ad entrare in contatto con me stessa, a superare limiti fisici e mentali, ad amare e rispettare  me e gli altri, e a diventare più costante e paziente.
Attraverso lo yoga tutti i pezzi scomposti del puzzle della mia vita si sono uniti formando uno splendido disegno e non potrò che essere grata in eterno a mia nonna Licia che fu la prima, in tempi non sospetti, a farmi avvicinare a questa nobile disciplina.
Lo yoga è qualcosa che mi appartiene e che porto con me così come i miei occhi, il mio cuore e la mia anima.
E’ sempre lì ovunque io vada perchè fa parte del mio vivere quotodiano e posso attingervi ogni qualvolta io ne senta il bisogno sia nella pratica che nelle letture.
Non smetterò mai di consigliarlo a chiunque perchè in cambio di un minimo sindacale di costanza, i benefici sono infiniti e incredibili.
Ringrazio tutti i miei compagni di viaggio che sono rimasti con me fino alla fine e  Giuliano Vecchiè per avermi dato questa splendida opportunità.
Se avete bisogno di dritte consigli e indirizzi non esitate a contattarmi.

Om Shanti

Fede

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Isterichia & Co.

7 giugno 2011

Ho capito che sono la preda  ideale dell’Escherichia Coli, non solo perchè il mio sport preferito è quello di mettermi le mani in bocca e mangiare la frutta con la buccia, al grido di “icchè unn’ammazza ingrassa!” ma perchè è matematicamente impossibile sfuggire a un germe che può potenzialmente bivaccare ovunque!
Mentre i Ris, i Nas, e i Teletubbies  brancolano nel buio, il batterio killer salta bellamente dai cetrioli, al salame di cervo financo ai germogli di soia, per poi girarsi, fare una  pernacchia e correre a infettare francobolli e Calippi.
La forma allusiva dei primi 2 alimenti mi sembrava non fosse una curiosa coincidenza, trattandosi di un batterio che solitamente si annida là dove non batte il sole, ma la povera, innocente e geneticamente modificata soia ,in effetti, mi ha spiazzato.
Quindi ieri, ho voluto mettere in atto alla lettera  i precetti delle norme igeniche che l’ Organizzazione Mondiale per la Sanità ha stilato in modo da debellare il vecchio Ezechiele Coli.

1) Lavarsi bene le mani.
Ovvio, ma poi che faccio, rimango con le mani in aria come i chirurghi?
Va bene, ora che me le sono lavate prendo  i pomodori e li appoggio sul tavolo.
Cazzo, prima devo pulire il tavolo , poi però la spugnetta la devo buttare o mi contamina tutto il resto.
Allora nel frattempo appoggio i pomodori nel lavandino, pulisco il tavolo, butto la spugnetta, e mi rilavo le mani.
E’ già passato un quarto d’ora.

2) Lavare bene frutta e verdura.
HA! Facile e  con che cosa? Nessuno lo dice!
Bicarbonato, amuchina, aceto, acqua ragia??
Faccio un mix di tutto quanto, lo verso in un’ insalatiera piena d’acqua e ci  metto  i pomodori.
Lascio agire dai 2 ai 10 minuti, non troppo o l’acido uccide le vitamine non troppo poco o il batterio uccide me.

3) Lavare gli utensili e tenerli lontani da tutto il resto.
Allora una volta trascorso il tempo, sciacquo l’insalatiera e la butto per sicurezza.
Ho di nuovo i pomodori in mano e li appoggio sul tavolo.

4) Pulire il piano di lavoro.
Certo adesso pulisco il lavandino e ogni posto che possa essere entrato in contatto con i pomodori (tipo le mele, le carote, le melanzane, il sacchetto di stoffa ecologica, i pantaloni, il cellulare…)
Faccio una lavatrice e ripulisco il tavolo per appoggiare il reasto della spesa…
Sono passati 50 minuti.

5) Meglio se si consuma la verdura cotta e sbucciata!
E vaffanculo potevate dirlo prima?

Sono sicura che il prossimo posto dove troveranno il Coli saranno le stanghette degli occhiali!

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I love Sedaris

3 giugno 2011

L’altra settimana Attilio mi dice “lo sai che c’è David Sedaris al Festival della letteratura di Massenzio?”.
“Nooooooo!!!!  Ma perchè le fanno sempre al nord Italia queste cose fichissime?”
“Amore, Massenzio è davanti al Colosseo….”
“Azz…”
Devo andarci, devo vederlo, è il mio autore preferito in assoluto quello che cito sempre insieme a “Nessuna notizia di Gurb” di Mendoza, l’uomo che mi ha fatto più ridere al mondo, lo adoro semplicemente, come devo fare?
“Ingresso gratuito fino a usaurimento posti, devi andare all’apertura del botteghino alle 7 prendi il coupon e poi alle 8.30 aprono i cancelli e chi prima arriva meglio alloggia”
L’esaurimento viene a me, notoriamente ansiosa, devo essere lì alle 6.30 c’è anche Stefano Benni ci saranno un milione di persone.
I posto sono “solo” 2000…..
Sono lì alle 7 in punto e mi trovo già in un’ ordinata coda che attraversa il Viale dei Fori Imperiali con gli autobus che ti passano sopra.
Inaspettanamente è tutto puntualissimo, e alle 7 e 10 ho già i miei biglietti in mano e una marea di tempo davanti a me!
Vado a prendermi un aperitivo da turista dove una birra e un piattino di patatine costano 9 euro, ma vabbè….Aspetto Attilio che arriva alle 8.
Ho la mia copia di “Me parlare bello un giorno” che voglio riuscire a farmi autografare a tutti i costi.
Sì mi sento una groupie gli ho anche portato una copia di SOS amore, che non leggerà mai, ma vuoi mettere la soddisfazione?
Il posto è da togliere il fiato, riusciamo a prendere 2 posti abbastanza vicini e c’è un mega schermo.
Arriva Lucia Poli e legge un brano tratto dall’ultimo libro di Sedaris Bestiole e bestiacce che parla  di un setter.
Il racconto era carino, credo, perchè  il fatto che la Poli non leggesse, ma recitasse me l’ha fatto andare di traverso: non sono riuscita a concentrarmi su una sola parola, anzichè un pezzo ironico  che giocava con amarezza sull’ umana meschinità, facendo parlare un cane  in crisi con la moglie innamorata di un altro, sembrava  pura tragedia greca!
Ma quando è arrivato lui, che ha letto “Author author” un pezzo inedito in cui racconta delle sue presentazioni in giro per supermercati (che mi ha ricordato tantissimo un mio San Valentino passato in un centro commerciale di Casalbertone con la gente che spingeva i carrelli e un demente col microfono che urlava “avvicinatevi Federica è una di noi”) è stato il delirio!
Il mio almeno!
Sarei  rimasta ad ascoltarlo per 10 ore consecutive.
Lui con la sua adorabile zeppola e quella faccetta tenera.
Dopo di lui Stefano Benni con un pezzo su Nerone devo dire geniale (anticipato da un’altra lettura della Poli sempre in versione Medea!) e la serata si è così conclusa.
Ore 10.30.
Ma io non mi muovo di lì finchè non ho avuto il mio autografo e mi siedo e aspetto, come una groupie innamorata, magari prima o poi esce e lo colgo di sorpresa.
Ma Attilio dopo un pò mi fa, guarda che lui sta firmando autografi laggiù!
Mi giro e vedo un capannello formato da una quarantina di persone tutte con la loro copia in mano che aspettano di farsi autografare il libro.
Acc! Che fastidio! Sedaris doveva essere solo mio, dovevo dirgli un paio di frasi ad effetto e poi invitarlo nella mia immaginaria villa di Posillipo tanto per fare bella figura!
Vabbè mi rassegno e aspetto il mio turno, solo che mi accorgo che la fila non scorre di un millimetro.
10 minuti, 20….mezzora. Non succede niente. Ma che cazzo sta facendo?
Chiacchiera!
Fa domande del più e del meno ( Dove hai imparato l’inglese? Sei mancino? Possiedi una scimmia?) e poi disegna, gli è presa così disegna un animale e chiacchiera….
Attilio era alla nona sigaretta e l’organizzatore bestemmiava in aramaico.
40…50 minuti…
E’ il turno di una ragazza americana timida carina “Come ti chiami?” “Leslie” “Sai come si fa a imparare l’italiano Leslie? Bisogna andare a letto con un sacco di gente!”
LOL
Non faceva ridere, ma tutti ovviamente si sbellicavano e gli davano ragione (anch’io ovviamente)
“Guarda adesso te lo scrivo entro il 28 Maggio sarà andata a letto con…3 ragazzi…ti piacciono i ragazzi vero?”

LOL
Leslie ringrazia e si allontana.
Arriva un signore.
“Tu come ti chiami?”
“John, sono il padre di Leslie!”
Matte risate miste a papabile imbarazzo del buon Sedaris che cercava di recuperare alla meglio, con altre domande random, quando la figura di merda ormai lo aveva paralizzato.
Da lì in poi non è stato più lo stesso.
Nonostante i simpatici ammiratori lo invitassero a disegnargli preservativi sulle loro dediche, qualcosa si era spento!
Quando è arrivato il mio turno, la sua assistente gli ha ricordato che era ora di andare a cena e lui ha deciso di darsi una mossa….
“Come ti chiami?”
“Federica”
“Con chi sei venuta?”
“Col mio ragazzo, ma penso che mi abbia lasciato perchè sta aspettando da un ora e mezzo e ha finito le sigarette!”
Detto con simpatia ovviamente.
Mentre lui scrive il mio nome in caratteri che…vabbè lasciamo perdere, mi lancio nel discorsetto che mi ero preparata da ore, vi risparmio il fatto che stessi sudando freddo per l’emozione.
“Volevo dirti che sei il mio autore preferito in assoluto e ti ho portato il mio libro (sos amore) perchè ci tenevo tu avessi qualcosa di mio anche se non leggi l’italiano”
“Davvero?” risponde spiazzato mentre prosegue nella dedica.
“Sì”
E siccome non vuole fare le fotografie l’ho spiazzato di nuovo.”
“May i give you a kiss?”
Non poteva dirmi di no dopo un’ora e mezzo e una figura di merda da Oscar.
Gli do il bacetto, gli do il libro e me ne vado salutandolo con la mano.
Attilio è incazzato più del padre di Leslie, io ho il labbro imperlato di sudore per l’emozione.
Apro il libro e vedo accanto al mio nome (scritto come da un bambino di 4 anni non troppo precoce) un cazzo di gufo.
Mai idealizzare il vostro scrittore preferito….

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Stefania

1 giugno 2011

Ciao mi chiamo Stefania e sto gestendo la mia ultima rottura da circa tre settimane.
Di problemi all’inizio non ne avevo perché beh diciamo che evitavo di pensare che mi ero appena lasciata con il ragazzo con cui avevo avuto la mia prima volta… La cosa strana è che la nostra storia comunque non è andata oltre i miei parametri temporali (cioè 3 mesi, 4 se contiamo il mese in cui ci siamo solo frequentati). Ovvio che lui fosse e sia tuttora molto importante per me, ma all’inizio andava tutto liscio come l’olio: uscivo con gli amici, flirtavo con altri ragazzi, andavo all’università, studiavo e tutto senza sentire tristezza o depressione ( che di solito mi accompagna sempre in certe situazioni). Comunque una settimana dopo la rottura Lui mi chiama (avevamo stabilito di comune accordo di essere amici visto che lui non ne ha tanti e non volevo che rimanesse solo, o meglio non lo voleva la mia dannata sindrome da crocerossina) e mi dice che gli manco, che sono perfetta come sono e che vuole tornare con me.

Come puoi immaginare sono crollata, è andato tutto a rotoli, ma il mio orgoglio mi ha permesso di prendere dei giorni per rifletterci e cosi ho passato le vacanze di Pasqua dai miei parenti per staccare un po il cervello (magari ci fossi riuscita). Al ritorno ho preso coraggio e l’ho richiamato. Il principino ha risposto, testuali parole: “se vuoi chiamarmi per uscire mi va più che bene, ma non ti aspettare che tra me e te rinasca qualcosa!”, penso che per la prima volta in tre mesi io mi sia davvero, scusa i termini, incazzata con Lui!!! I risultati sono stati la chiusura in faccia della comunicazione da parte mia e un magone tale che se ci fosse stato un barattolo da 1 Kg di Nutella me lo sarei finito senza problemi (per fortuna erano finiti anche i biscotti e i cioccolatini). Due settimane dopo ho raggiunto il limite: era il mio compleanno. Il che significava il compimento di 21 anni con la voglia dei miei amici di festeggiare l’evento tranne che la mia. Ma alla fine ho ceduto e sono andata al pub ad ascoltare un gruppo di altri amici che partecipavano ad un concorso. A mezzanotte gli auguri e alle 3 ero a casa della mia migliore amica che mi aveva preparato una torta fatta in casa con tanto di candeline e regali. Dopo circa 15 min sono scappata letteralmente da quella casa per no far vedere che stavo piangendo… Non so perchè, ma nel tragitto verso casa (e mentre guidavo) non finivo più di piangere… Se mi avesse fermato la polizia probabilmente invece che togliermi punti me ne avrebbe dati altri solo per compassione… Il giorno successivo ho spento di nuovo le candeline (questa volta per mamma che si era impegnata a trovare la mia torta preferita dal pasticcere di fiducia), dopodichè sono andata alla stazione perchè dovevo partire assieme ai miei amici e tornare nella città in cui studio. Per un motivo non futile di più, ho avuto anche una discussione con la mia migliore amica e sono finita in un vagone, prima a sfogarmi in lacrime sulla spalla del suo ragazzo (che sta diventando uno dei miei migliori amici visto che siamo praticamente come dei cloni da quanto siamo simili)e poi completamente da sola perchè non avevo proprio voglia di chiacchierare.
Ovviamente finito il tragitto io e la mia migliore amica eravamo di nuovo pappa e ciccia come se non fosse accaduto nulla e lei, a distanza di una settimana ancora non sa che cosa mi è successo da quando ho sentito l’ultima volta Lui.
E siamo arrivati ad oggi… Sinceramente non so il perchè dell’esplosione di lacrime di quella sera e del giorno successivo. Non voglio tornare con Lui, di questo sono certa, perchè significherebbe tornare a combattere ogni singolo minuto per difendere il mio modo di essere in confronto a quello che vuole Lui. Ma è certo che comincio a sentirmi un po’ sola e al tempo stesso ho paura che tutto ricapiti un’altra volta e, credimi, io non sono una roccia come sembro… Per ora è tutto qui e se qualcuno ha dei consigli sono ben disposta a leggerli grazie.

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Piccole soddisfazioni di una massaia

25 maggio 2011

Lo sapevo che prima o poi l’avrei fatto e con la testardaggine di un mulo che ha deciso di non uscire dalla stalla, alla fine, mi sono regalata quella che ai miei occhi è più prezioso di un Trilogy di  Tiffany o di una Tiara Halo: la macchina per autoprodurre il latte di soia.
Il primo che ride lo mando dalla Preside!
Ci stavo dietro da 2 anni, rosicando perchè in Italia, l’unica marca esistente è la Vegan Star al modico prezzo di circa 200 euri… mentre in paesi più civili quali gli Stati Uniti e la Germania la trovi anche a 60 dollari con 4 lame, i sistemi di raffreddamento dello Shuttle  e che, se glielo chiedi gentilmente ti fa anche la ceretta, (salvo poi dover accendere un mutuo per le spese doganali…)
Per un pò mi ero arresa dicendomi, ma che me ne faccio in fondo, quando un litro di latte di soia mi costa meno di 2 euro, sì però poi il tofu…. e mi ero quasi arresa, finchè la parte ambientalista e casalinga di me è insorta in un impeto di orgoglio al grido di “Esticazzi” (per i cultori di Boris) è come comprarsi una mucca, ma con molto meno impiccio, quella macchina  deve essere mia!”
Così mi sono imbarcata in una ricerca degna del Santo Graal fra Ebay e siti che non esistono più da tempo immemore, finchè stavo per cedere al fascino dell’ incauto acquisto di una macchina cinese con libretto di istruzioni in mandarino che avrei dovuto far tradurre dai ragazzi di seconda generazione del Ristocina sotto casa che con ogni probabilità mi avrebbero risposto: ” A signò ecchenesò, lo devi da chiedere amminonna!”
Ebbene, gira che ti rigira cado su un sito manco a dirlo vegan di una ragazza carinissima il cui nom de plume è Erbaviola (non usavo nom de plume dal 78 adooooro!” che cercava acquirenti per una macchina per latte di soia di un’amica causa inutlilizzo a un prezzo accessibilissimo.
Nel giro di un giorno io e la sua amica eravamo migliori amiche e ci mandavamo già le foto dei rispettivi nipoti.
Quando la macchina è arrivata, il mio cuore è scoppiato di gioia e l’ho abbracciata come se mi fosse stato recapitato Patrick Dempsey.
Da quel giorno  il sabato sera metto a bagno un misero etto di soia gialla e la domenica mi autoproduco latte e tofu  senza conservanti e con il sapore dell’ Home made.
Mi sono cimentata anche nel tofu ai sapori del Bosco (pomodori secchi, scalogno, aglio, capperi, pinoli, olive, timo, basilico, prezzemolo e alghe) e anche se ci ho messo una mattinata intera non potete capire la soddisfazione.
Questo per l’angolo della scrittrice- casalinga ( o della casalinga - scrittrice in onore dei miei detrattori!), mentre per l’angolo della frustrazione vi racconterò la storia intitolata “quando una banca on line riesce a farti girare i coglioni e nemmeno puoi prendertela fisicamente con qualcuno”.
Scena 1 interno giorno.
Forse è il caso di cambiare il PIN per autorizzare le operazioni dato che è lo stesso da 5 anni e questo contravviene ad ogni regola della sicurezza.
Vado sul sito, seguo pedissequamente le istruzioni, e leggo: inserire il vecchio PIN.
Fatto.
Inserire il nuovo PIN di 8 lettere
Fatto.
Confermare il nuovo PIN di 8 lettere.
Fatto.
E anzichè ricevere un messaggio di conferma mi ritrovo alla home page “effettua il log in”
Annamobbene, che ho fatto allora fino ad adesso?
Riprovo e si ripete la stessa storia alchè non mi resta che chiamare il numero verde (che è verde solo da telefono fisso….) e dopo aver fatto lo slalom fra digitiunodigitiduedigititre finalmente mi risponde un tizio dal nome di fantasia Lorenzo (che potrebbe essere anche il suo nome tanto non lo conoscete!) con un’aria talmente scoglionata  che stavo per chiedergli “come posso aiutarla”.
Le ipotesi che mi si sono affacciate al cervello erano:
1) Si è appena svegliato (ore 11.57)
2) E’ appena stato lasciato
3) Un mix dei due, ma sopratutto gli fa schifo sto lavoro.
Che sinceramente…c’è di peggio.
Gli spiego la situazione e lui dà per scontato che io sia una cretina che non sa usare il computer e che comunque ha fatto una cazzata e in tutto questo si impunta sul fatto che non è possibile che il mio vecchio PIN sia di 5 cifre perchè DEVE essere di 8.
Le garantisco che è di 5 l’ho usato un minuto fa e lo so, forse i nuovi devono essere di 8, ma il mio problema è che non ho ricevuto messaggio di conferma per cui non so se il mio PIN sia cambiato  o meno.
Granitico il microcefalo risponde:
” il PIN è di 8 cifre lei si sbaglia con il PIN del bancomat”
Respiro e immagino la scena di me che lo prendo a calci girati (quelli di Van Damme) e poi gli chiedo gentilissimamente : perchè, perchè sei così? che ti ho fatto?
“Che c’entra il bancomat le sto parlando del PIN per le operazioni, il mio è sempre stato di 5 cifre e…”
“Sì vabbè le passo l’ufficio codici”
C’è un ufficio codici….
Vi immaginate che la scena a questo punto sia stata diversa no?
Che ci fosse gente assunta da un periodo più lungo da quello in cui ho aperto il conto ebbene no, altro tizio che mi voleva far capire che aveva di meglio da fare che rispodere alla mia telefonata (ma cosa  se stai nell’ufficio codici e la  banca per cui lavori non esiste fisicamente CAZZOOOOO!).
Stessa pantomima ma con tono del maestrino col tono scazzato che spiega a un ritardato mentale che di sicuro ha sbagliato qualcosa.
“Lei sta parlando della password web”
“No, quella l’ho cambiata perfettamente, sto parlando del PIN”
“Ha provato a uscire e rientrare?”
“Di casa e fingere che questa conversazione non sia mai esistita? Adesso lo faccio”
“Chiuuuuda la pagina, la riaaaapra e digiti vuvvuvvu….”
Dio che nervi e non potevo fare assolutamente nulla a parte riattaccare.
“Facciamo che la richiamo appena ho fatto, non vorrei rubarle minuti preziosi di lavoro”
“No, siamo qui per questo…”
Ma vaff…..

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