Costantinopoli
Questo post volevo intitolarlo : “Minchia! 3 anni!” che è la frase dell’ aviatore che atterra sulla spiaggia in “Mediterraneo” quando Abatantuono gli fa notare che la guerra è finita appunto da 3 anni!
I 3 anni in questione sono quelli fra me e Sant’Attilio.
Curioso ed inquietante è constatare come le cose evolvano (se vogliamo usare un eufemismo).
Il primo anno siamo ritornati nel luogo del nostro primo bacio con una bottiglia di Berlucchi e due bicchieri di carta, (45 gradi in macchina) e abbiamo poi cenato nello stesso ristorante che nel frattempo costava il doppio, l’anno dopo ho detto ad Atti: “invece di farci il regalo,perchè non ci scriviamo una lettera?” così il 5, tutta contenta, gli consegno la mia e lui “oh, scusa mi sono scordato!”…
Stamattina l’unica cosa che ci siamo detti è stata “Ammazza che caldo!”.
Ma veniamo a noi e ai miei 4 giorni a Istanbul.
Un mesetto fa il mio editore mi chiese se avevo voglia di partecipare a questo viaggio di gruppo organizzato dalla De Agostini che ogni anno porta i suoi venditori da qualche parte.
“Tu vieni?”
“E tu?”
“L’ho chiesto prima io”
E siamo andati avanti così per una mezzoretta buona.
Notare che “il mio editore” ha 6 mesi giusti giusti più di me.
E quelle di voi che lo hanno conosciuto se lo ricordano molto bene (vero Lella?)
Ecco che partiamo da Roma io, Attilio e Giusi (la mia prima editor che mi incoraggiava con la più spietata delle erre moscie dicendomi “Bosco ricordati che non sei Victor Hugo!”) con cui condivido,oltre al segno zodiacale, anche la tendenza alla fatalità, e quando abbiamo visto un ebreo integralista leggere il Talmud con la faccia al muro nella sala d’aspetto, ci siamo guardate e ci siamo dette: “Che peccato, salteremo in aria prima di vedere Istanbul”.
Da lì in poi ogni faccia sospetta o banale è diventata sinonimo di attentato e abbiamo cominciato a vedere i titoli dei giornali:
“Tragedia nei cieli…la Newton Compton si stringe nel dolore dei parenti”
“Ce l’avevano quasi fatta…” “Fatalità annunciata..” “Avevano un presentimento…” “La figlia l’aveva salutata dicendo ‘quando torni’…!” “Il sogno premonitore l’aveva messa in guardia” e così via per due ore.
Ovviamente Attilio si sarebbe salvato all’ultimo minuto,grazie a una telefonata del portiere, per dirgli che si era allagata la casa.
Ad ogni turbolenza tiravamo un sospiro, alzavamo la testa dal giornale e guardandoci negli occhi dicevamo: ” Peccato…”
Perdonatemi se mi dilungo tanto sul volo, ma per me è sempre la parte più schoccante e che assorbe gran parte della mia già compromessa memoria.
E’ più probabile che non mi ricordi un posto dove sono stata, ma se mi chiedete il nome del pilota o com’erano vestite le hostess me lo ricordo!
Fra l’altro da notare che Giusi ha portato con sè nel bagaglio a mano un paio di forbici da sarto…
E poi si dice la sicurezza.
La partenza era prevista per le 10.15, ma dopo un’ora eravamo ancora sedute, finchè il pilota ci avverte che a causa di “un problema di origine aviaria di un volo prima del nostro, la pista dev’essere controllata e ci troviamo in coda di circa 30 decolli”
Immaginate me e Giusi che ci guardiamo e diciamo “Ecco…è finita”
Guardate cosa ho trovato su Wikipedia a proposito di uccelli: ” il 25 settembre 2007 un velivolo militare italiano precipitò proprio in seguito alla collisione con uno stormo di uccelli; illesi i piloti, lanciatisi con il paracadute”
Il 25 settembre è il mio compleanno….
Il mio primo pensiero è stato: “birra!”
Il secondo è stato “Sono solo le 11″
E il terzo: “Ma sticazzi!”
In quel momento ho sentito lo steward che preparava il carrello dire al collega: “Che faccio metto gli alcolici?”
E l’altro: “Ma no è presto”
Mi giro, leggo il suo nome sul badge e dico: “Alessio, metti gli alcolici in quel cazzo di carrello”
Vabbè non ho detto cazzo.
Ero già stata in Turchia nel 98,quando lavoravo al Club Med,ma ero rimasta 4 mesi a Kemer senza mai mettere il naso fuori.
Nella mia immaginazione,sempre sopra le righe,credevo che Istanbul fosse una città tutta fatta di case di mattonelline turchesi, intervallate qua e là da Moschee e hammam, dove le odalische danzavano mostrando l’ombelico incastonato con preziosi rubini, i mercanti vendevano tappeti di finissima fattura a prezzi stracciati e il tramonto sul Corno d’oro ti accecava l’anima con le sue mille lame di luce percorse dai tappeti volanti che intasavano i cieli nell’ora di punta.
Devo smettere di bere.
Istanbul è,per usare un eufemismo, l’anticamera dell’inferno!
Credo sia seconda solo a Città del Messico per inquinamento, casino e sporcizia.
14 MILIONI di persone che vanno tutte in macchina insieme e che abitano palazzoni che cadono a pezzi.
In mare un miliardo di navi cargo che trasportano container,3 navi da crociera al giorni cariche di turisti turisti e ancora turisti.
Già questo basterebbe.
La parte moderna è un casino bestiale, quella antica è molto più calma ed elegante, ma i turisti li piazzano tutti in quella moderna. Chissà come mai.
Il nostro albergo in pieno centro di Taksim,era modernissimo e davvero molto bello, di quelli a 9 piani con la vista assoluta e con ogni inutile confort tipo vuoi un cuscino “ergonomico e duro” ” anallergico e morbido” o “o anatomico in lattice”.
Ero tentata di chiederne uno ergonomico, anallergico e in lattice
Il gruppo arrivava da Novara la sera,così noi 3 abbiamo avuto tutto il giorno a nostra disposizione per quello che,speravamo, fosse un pomeriggio di shopping compulsivo ed indimenticabile, dove trovi quei pezzi unici a 2 lire (turche) di cui ti vanti tutta la vita.
Brigitte,la nostra guida, una ragazza deliziosa di cui vi darò volentieri il numero se mai ne avrete bisogno,ci aveva consigliato di andare in una via centrale dove avremmo trovato qualunque cosa,così dopati di adrenalina per non essere (ancora) morti in un attentato ed eccitati per la novità, ci siamo buttati nella bolgia immaginandoci di comprare altre valige per il ritorno cariche di vestiti e piatti.
Salvo renderci conto dopo 2 minuti del danno della globalizzazione: la via del decantato shopping potevaessere Via del Corso a Roma, Via Calzaioli a Firenze, Viale Corsica a Milano.
Un fiume di gente che affollava H&M, Intimissimi, Benetton, Camper, Zara….
Il tutto accompagnato dall’onnipresente fetore del Kebab.
Le strade intorno erano sicuramente più caratteristiche, ma incredibilmente incasinate.
E con ancora le decorazioni di Natale appese!
La nostra delusione è stata immediata. Sembravamo Julia Roberts in Pretty Woman che va da Hector Elizondo con le mani piene di dollari e dice piangendo: “Ho tutti questi soldi e nessuno mi vuole aiutare!”
Non c’era nulla che valesse la pena, sembravano i saldi di 3 anni fa.
Quindi con la coda fra le gambe, ci siamo risolti ad infilarci in un bar pieno di turchi che guardavano la partita, dove abbiamo mangiato hummus e imam e bevuto ottima birra Efes!
La nostra passeggiata è proseguita random fino alla torre di Galata che non ho avuto il coraggio di farmi a piedi fino in cima, cosa che mi è stata rinfacciata per un paio d’ore.
Più di tutti mi è stato rinfacciato il mio ossessivo fotografare gatti e, in effetti, riguardando le foto, forse non avevano tutti i torti.
La sensazione che avevamo passeggiando per le strade centrali non era proprio di assoluta sicurezza, o meglio, finchè rimanevi nel quadrilatero delle vie principali eri in mezzo a un miliardo di altre persone, ma come sforavi di 100 metri, ti trovavi nel degrado più totale e non vedevi una donna in giro a pagarla.
Oddio se la pagavi forse non era il genere di donna che avresti voluto incontrare!
Ovviamente sono fioccati i titoli: “Editor e scrittrice non più giovani, barbaramente uccise, l’editore commenta: un pò se l’erano cercata!”
Risalendo verso il centro distrutti, assetati e doloranti, ci si è aperto il panorama sul Corno d’Oro, che è effettivamente molto bello, però che vi devo dire, la magia non l’ho sentita, in compenso ho contato 7 miliardi di antenne paraboliche.
Dopo aver girato in lungo e in largo alla ricerca di un ristorante vegan che Attilio aveva trovato sulla guida ed esserci accorti che era l’unico ristorante vuoto della via, ci siamo infilati in un localino con le foto degli attori un pò come nei ristoranti a Trastevere, con l’equivalente di Christian de Sica e Justine Mattera.
Tornati in albergo, ho visto una puntata di CSI in Turco.
L’indomani cominciava la vera e propria avventura.
Non avevo mai tentato l’esperienza del viaggio di gruppo e nonostante adesso io non pensi ad altro che a partire con “Avventure nel mondo”, non avevo idea di cosa potesse significare spostarsi in pulman con altre 45 persone mai conosciute prima con altissimo rischio karaoke!
Invece l’unica che ha cantato è stata l’accompagnatrice delusa che nessuno di noi conoscesse Gigi Finizio (che Attilio in quanto estimatore ben conosceva).
Non mi sono mai divertita così tanto in vita mia e d’ora in poi voglio solo fare viaggi di gruppo!
Anche con dei giapponesi.
La prima mattina ci hanno portato in pulman alla Moschea Blu che è uno spettacolo assoluto di cui conservo il ricordo del più allucinante puzzo di piedi mai avvertito prima.
Poi ci hanno portati alla Basilica di Santa Sophia (non v’inganni il nome, non è dedicata ad una donna, non sia mai! E’ solo la derivazione greca di “conoscenza”…) all’Ippodromo e alla Cisterna dell’acqua.
Il classico giro turistico cronometrato dove sei tormentato e assalito dai venditori di qualsiasi cosa mentre cerchi di far funzionare la connessione Wi-Fi per scaricarti la posta senza riuscirci!
Dopo il lungo giro, siamo andati a pranzo in un posto molto panoramico da cui si godeva una vista pazzesca del Corno d’oro (e dove si mangiava malissimo) ma da cui si notava soprattutto il traffico allucinante che merita una dissertazione.
Ogni appuntamento ci veniva dato un’ora prima a causa dell”incognita del traffico.
La spiegazione è stata: “Siccome la benzina è cara nessuno usa il motorino e tutti rimangono imbottigliati per un tempo indeterminato che varia da una a tre ore!”
Il Turco è molto paziente e questa è una certezza.
Il mangiar male da qui in avanti è stata ahimè una costante.
Credevo fosse impossibile mangiare male in Turchia dato che, come in Grecia, cucinano tutti le stesse cose (ma non diteglielo) : hummus, ceci, melanzane stufate, foglie di vite ripiene di riso e peperoni ripieni, ma essendo tutto preparato per i gruppi era molto probabilmente roba in scatola.
Che avremmo mangiato sempre peggio fino ad arrivare a paragonare i piatti alla cucina dell’Alitalia!
Io che in quanto vegana ho sempre avuto un trattamento di favore, sono certa di aver mangiato meglio di tutti.
Ed eccoci al tanto atteso pomeriggio di shopping al Mercato delle Spezie e al Gran Bazar.
Io e Giusi avevamo gli occhi lucidi e desiderosi di comprare. Già immaginavamo pantaloni di lino, piatti, e spezie introvabili in questo emisfero.
Giusi in modo particolare desiderava una borsa finto Bottega Veneta che il mio editore ha dovuto contrattare fino
allo stremo che sembrava fosse diventata una questione di vita o di morte.
Vi prego se andate a Istanbul non andate mai nè al Gran Bazar, nè al Mercato delle spezie, vi prego, fatemelo come un favore personale, è molto più pratico andare a Piazza Vittorio o a San Lorenzo.
E’ tutto tristemente uguale, tutti hanno le stesse spezie, gli stessi piatti, e le stesse borse e nemmeno tanta voglia di contrattare perchè tanto se non sarete voi se le comprerà qualcun altro.
Il problema è che sono 4000 botteghe tutte uguali e cominci a girare e girare peggio che in Blair Witch Project.
Alla fine ho comprato una bustina da 50 grammi di cumino e uno di zafferano turco il cui prezzo si è misteriosamente triplicato dal momento in cui il mio dito ha puntato la vetrina al momento in cui è stato sigillato sottovuoto ed etichettato a caso.
Finito il giro rientro in hotel dove qualcuno di noi si è guardato la partita e qualcun altro (tipo noi) ha cercato lo scopino del cesso per poi capire che era incastonato dentro (non ho foto di questo purtroppo).
Ma cosa ti vuoi aspettare da un paese dove Eclisse di dice Tutulma?? Che sarà il nome del mio prossimo gatto!
E a proposito di gatti se la Grecia è il paradiso dei gatti questo è la succursale.
Mentre i cani sono marchiati come le mucche con l’etichetta all’orecchio, tenuto conto che se ne vedono uno che passeggia senza un padrone ne fanno Kebab in 10 minuti, i gatti godono del massimo e sfacciato rispetto tanto che passano la vita spiaggiati qua e là senza timore di essere importunati (cosa che non posso dire delle donne).
La sera ,dopo una coda di un’ora per percorrere 2 chilometri (DUE!)
Ci hanno portati in un ristorante tipico dal nome Akvaryum.
Segnatevi questo nome e non andateci mai.
Avete presente Bangkok? Nemmeno io, ma chi c’è stato ha detto che è uguale.
Un ristorante accanto all’ altro con i suonatori che suonano tamburi e violini a manetta sotto il naso dei turisti che mangiano sempre le stesse cose, mentre il fumo del kebab ti annebbia la vista e le ballerine del ventre te la sbattono in faccia.
Allora chiedi, ma com’è che le altre donne le coprite tutte da capo a piedi e a queste gli mettete i soldi nelle mutande?
Eh ma queste sono zingare…
L’indomani in pulman fino alla parte asiatica che ricorda molto Castel Gandolfo se non fosse per il Bosforo e che è molto più figa.
Comunque una villa costa sempre meno che un appartamento a Monti, mi sa che io e Attilio il mutuo lo prendiamo lì.
Visita al palazzo Beylerbeyi nonchè residenza estiva del Sultano Mamhud II di cui non ho foto interne perchè non se ne potevano fare ma immaginatevi Versailles.
Direte che cazzo c’entra? E che ne so io mica sono un interior designer!
Il palazzo è proprio sul mare sotto il ponte di Galata che attraversa il Bosforo che è uno spettacolo pazzesco.
E’ alto 40 metri e la notte è tutto illuminato e cambia colore.
E a quanto leggo su Wikipedia, si rifà ad un progetto di Leonardo da Vinci del 1502, questo forse mi spiega il motivo di questo tatuaggio che credevo fosse frutto di una scommessa persa!
Il Sultano viveva nel Palazzo con la potentissima madre,(vedete che le cose non cambiano mai) 4 mogli e una cinquantina di concubine, se ti andava bene lo vedevi una volta ogni mese e mezzo,ma se non gli piacevi erano cazzi tuoi.
Ogni venerdì si decideva chi veniva fatta fuori e vi lascio immaginare che ansia.
Non è che ti facessero fuori in senso stretto, ma penso che l’onta per essere stata ripudiata dal Sultano bastasse per farti chiudere dai tuoi in una botola per il resto dei tuoi giorni.
Poi ,occhio, non è che dovete immaginarvi il Sultano come ,che ne so, Alessandro Preziosi col turbante, no no, il Sultano era una specie Maurizio Costanzo vestito peggio, che ne so ti capitava un Mehmet III o un Mustafa I e stavi fresca!
Le concubine venivano scelte a seconda di quello che sapevano fare, tipo cantare, ballare, recitare, poi però se una disgraziatamente rimaneva incinta, veniva fatta partorire e poi il figlio glielo annegavano, per cui per evitare questo, dato che l’invenzione della pillola era lontana, si facevano togliere direttamente l’utero, e non voglio immaginare un’isterectomia nel 1512…
Che poi fanno tanto gli sciolti facendo finta di essere di mentalità aperta, quando lo senti chiaramente sulla pelle quel maschilismo ottuso che va oltre l’immaginabile.
Quando facevamo le domande di rito che cominciavano tutte con: “Ma le donne potevano…” suonava esattamente come “Ma i cani potevano?..”
“I cani potevano entrare nella moschea?”
“Si ma dovevano stare in fondo”
” I cani potevano uscire?”
“Sì ma solo se accompagnati dal padrone e con la museruola”.
Perchè poi è quella la considerazione.
Di giorno di donne vestite col chador nero e solo gli occhi scoperti ne vedi veramente tante e sei a Istanbul che è abbastanza occidentale, anche se dicono che quelle sono arabe.
Ed è inquietante.
Ma eccoci a visitare il famoso palazzo di Topkapi (altro nome perfetto per un gatto)
La cui storia ve la lascio trovare per conto vostro. Vi dico solo che custodisce il terzo diamante più grande del mondo.
A quel punto cominciavamo ad essere stanchini e fremeva l’incontro Germania- Argentina.
Motivo per cui siamo stati lasciati liberi piuttosto presto, così che ho avuto la possibilità di fotografare altri gatti.
Ma le sorprese non erano ancora finite.
No, perchè siamo stati portati in quello che è stato erroneamente descritto come un night club storico e che altro non è che un locale per turisti dove 3 ballerine scoglionate fanno la danza del ventre pensando a dove hanno parcheggiato la macchina e l’Umberto Smaila della situazione saluta in tutte le lingue e ti fa cantare Volare o o.
Una delle serate più divertenti della mia vita!
Eravamo talmente rassegnati che ci siamo ammazzati dalle risate.
Avete presente Fantozzi quando va alla cena dell’ultimo dell’anno e c’è il direttore d’orchestra che mette avanti l’orologio di un’ora? Una cosa del genere, tutto perfettamente organizzato al minuto.
Ore 8.30 Seduti, antipasti, gruppo che suona, prima ballerina, primo piatto, fotografie con ballerina che puoi comprare fuori per 8 euro (le abbiamo comprate!) a seguire un gruppo di danzatori epilettici del Mar Nero di cui ho trovato su you tube (vi prego di alzare il volume a palla così da ricreare l’effetto “non c’è verso di parlare col vicino”. Ore 21.15 il momento clou della serata: l’esibizione della più brava danzatrice del ventre della Turchia (eh certo va lì !) ore 21.45 Smaila e le sue irresistibili gag, numero con un giapponese preso dal pubblico (un must) dolce, caffè e alle 22.30 musica house.
Alla musica house eravamo già ai taxi.
Di quelle cose che nessuno di noi avrebbe mai fatto, per questo sono così felice di esserci stata!
Una serata che ha segnato indissolubilmente i nostri destini e di cui ci ricorderemo per sempre!
Dopo ci siamo fatti portare in taxi fino al quartiere di Ortakoi da cui si vede il ponte di Galata e ci sono i locali fighi da cui ti portano in barca fino alle discoteche, ma sono quei posti senz’anima che si somigliano un pò tutti, però la vista valeva la pena.
Una cosa strana che ho visto sono gli ambulanti con i cuccioli di coniglio che pescano il bigliettino della fortuna.
Non so se la tua o quella del coniglio però.
Il mio editore ha parlato in italiano al tassista tutto il tempo come se l’altro lo capisse perfettamente, esordiendo con la lingua internazionale del calcio: “Tu cosa Galatasaray,Besiktas o Fenerbahce? Io Roma, no Lazio” e da lì diventavano amici del cuore e per sempre e, soprattutto, lo portava dove voleva.
Purtoppo la mattina dopo è stato il giorno dei saluti e soprattutto il giorno dell’aereo, dove con Giusi abbiamo ricominciato a sospirare “Peccato…ce l’avevano quasi fatta” “Errore umano..” “Una tragedia annunciata”.
All’aeroporto le sue forbici da sarto sono state regolarmente requisite, dopo il primo dei 3 metal detector.
Una volta in mano alla compagnia di bandiera, mi sono ricordata perchè non viaggio mai Alitalia se non obbligata.
La squadra di hostess più stronza sulla faccia della terra.
A parte che erano brutte come Tata Matilda, a una in particolare a cui rodeva particolarmente il culo, ripeteva insistentemente a una povera crista la frase “sweet or salted snack? come se intendesse “allora cretina che parlo arabo? Dolce o salato che non c’ho tempo da perdere…suitorsoltedsnek???”
Ma l’apice l’ha toccato quando un ragazzo le ha fatto una domanda assurda e imbarazzante tipo: “Scusi signorina, a che ora pensa che atterreremo?” Lei l’ha guardato come se le avesse chiesto “Scusi vendete panini alla merda?” e gli ha risposto sprezzante”Ah non ne ho la minima idea!”.
In genere non mi piace augurare il licenziamento alla gente, ma in questi casi sono spietata!
E giunti a Fiumicino abbiamo atteso i nostri bagagli per un’ora e mezzo…