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Archivio per la categoria ‘Blog’

Avete vinto voi…

16 settembre 2010

Vabbè ho capito tanto fate sempre come vi pare!
Hai voglia a scrivere aforismi raffinati e ricette, nun ve ne pò fregà de meno!
Siete stati capaci di partirmi da Teresa d’Avila e arrivarmi a i Kymerda!
Spiegatemi come avete fatto!
Quindi mi arrendo, bandiera bianca: avete vinto voi:
Parliamo di X Factor, o meglio Pip Factor,anzi parlatemene voi perchè di quello che ho visto nel serale e che vado a descrivere,non ci ho capito una gran mazza.
Anzi d’ora in poi andrò a cena fuori apposta!
Ma veniamo a noi:
Facchinetti,come ha saggiamente detto Aldo Grasso, si sta “Carlocontizzando!” :Arriva, saluta, presenta, ringrazia e va a cena con la Marcuzzi, (anzi ci vorrebbe andare perchè a quanto ho letto si sono sfanculati in mezzo alla strada perchè lei ,durante la diretta, è a cena con un polipone dalla mano lunga!)
Voi mi direte: e che altro deve fare? No, niente per carità, però ormai è tutto la fotocopia degli altri anni però un pò peggio.
Cos’altro ho visto, ah sì, Dorina (non la reggo) che ha spettinato Nevruz reo di aver detto una cosa sacrosanta:” Qui non mi aspetto di fare amicizie, gli amici ce li ho fuori, qui è una competizione”.
Apriti cielo e chiuditi audi0: “Ma vaff…biiiip, che ca….biiiip dici? Io fuori di qui continuerò a frequentare tutti LOL (Risate di sottofondo)…Hai avuto il tuo ca…Biiip di momento di notorietà e ora rivaff…biiip!”
Il povero Nevruz con la maschera in mano e il mascara colato ha replicato semplicemente: non mi sembrava di aver detto chissà cosa.
Le canzoni le ho sentite di sbieco per cui non saprei dire, ma nessuno mi ha fatto drizzare i peli.
Cos’altro ah! La Tatangelo che non ha più una squadra!
E il Facchinetti tanto per affondare il coltello nel burro le ha chiesto: “Ma non credi  che il pubblico stia votando contro di te?”
Che è una domanda che tutti vorrebbero sentirsi fare prima o poi.
Lei non si è smossa più di tanto e ha risposto a tono grazie ai suggerimenti di Gigi d’Alessio nell’auricolare.
Adesso le daranno qualcun altro buttato fuori ai provini? O faranno altri provini con 40000 persone in 2 giorni?
E questo che entra: che problemi avrà?
Per il resto Stefano non mi piace, I Bordighera Bros nemmeno, i Kymmelihamandati lasciamo perdere, Nevruz è bravo,ma insomma da qui a  farlo vincere ce ne corre, e poi giuro, non so chi altro c’è.
Adesso scatenatevi pure (Smemo! Nino! Cate!) e cavalcate liberi e selvaggi fra le praterie del web.

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La mamma è sempre la mamma…

8 settembre 2010

Durante una delle famose telefonate inquisitorie da parte di mia madre per accertarsi sul mio stato di salute, a un certo punto mi ha detto: “siediti un pò che ti devo leggere una cosa”:

“Non era ancora passato un quarto d’ora, che la carrozzina tornò, e la Fata, che stava aspettando sull’uscio di casa, prese in collo il povero burattino, e portatolo in una cameretta che aveva le pareti di madreperla, mandò subito a chiamare i medici più famosi del vicinato.
E i medici arrivarono subito, uno dopo l’altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un Grillo-parlante.
— Vorrei sapere da lor signori, — disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio, — vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia morto o vivo!…
A quest’invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio: poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand’ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole:
— A mio credere il burattino è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!
— Mi dispiace, — disse la Civetta, — di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!
— E lei non dice nulla? — domandò la Fata al Grillo-parlante.
— Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. Del resto quel burattino lì non m’è fisonomia nuova: io lo conosco da un pezzo!…
Pinocchio, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe una specie di fremito convulso, che fece scuotere tutto il letto.
— Quel burattino lì, — seguitò a dire il Grillo-parlante, — è una birba matricolata…
Pinocchio aprì gli occhi e li richiuse subito.
— È un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo. Pinocchio si nascose la faccia sotto i lenzuoli.
— Quel burattino lì è un figliuolo disubbidiente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo!…
A questo punto si sentì nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi. Figuratevi come rimasero tutti, allorché sollevati un poco i lenzuoli, si accorsero che quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio.
— Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione, — disse solennemente il Corvo.
— Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega, — soggiunse la Civetta, — ma per me, quando il morto piange è segno che gli dispiace a morire.
Appena i tre medici furono usciti di camera, la Fata si accostò a Pinocchio e, dopo averlo toccato sulla fronte, si accòrse che era travagliato da un febbrone da non si dire.
Allora sciolse una certa polverina bianca in un mezzo bicchier d’acqua, e porgendolo al burattino, gli disse amorosamente:
— Bevila, e in pochi giorni sarai guarito.
Pinocchio guardò il bicchiere, storse un po’ la bocca, e poi dimanda con voce di piagnisteo:
— È dolce o amara?
— È amara, ma ti farà bene.
— Se è amara, non la voglio.
— Da’ retta a me: bevila.
— A me l’amaro non mi piace.
— Bevila: e quando l’avrai bevuta, ti darò una pallina di zucchero, per rifarti la bocca.
— Dov’è la pallina di zucchero?
— Eccola qui, — disse la Fata, tirandola fuori da una zuccheriera d’oro.
— Prima voglio la pallina di zucchero, e poi beverò quell’acquaccia amara…
— Me lo prometti?
— Sì…
La fata gli dette la pallina, e Pinocchio, dopo averla sgranocchiata e ingoiata in un attimo, disse leccandosi i labbri:
— Bella cosa se anche lo zucchero fosse una medicina!… Mi purgherei tutti i giorni.
— Ora mantieni la promessa e bevi queste poche gocciole d’acqua, che ti renderanno la salute.
Pinocchio prese di mala voglia il bicchiere in mano e vi ficcò dentro la punta del naso: poi se l’accostò alla bocca: poi tornò a ficcarci la punta del naso: finalmente disse:
— È troppo amara! troppo amara! Io non la posso bere.
— Come fai a dirlo se non l’hai nemmeno assaggiata?
— Me lo figuro! L’ho sentita all’odore. Voglio prima un’altra pallina di zucchero… e poi la beverò!…
Allora la Fata, con tutta la pazienza di una buona mamma, gli pose in bocca un altro po’ di zucchero; e dopo gli presentò daccapo il bicchiere.
— Così non la posso bere! — disse il burattino, facendo mille smorfie.
— Perché?
— Perché mi dà noia quel guanciale che ho laggiù sui piedi.
La Fata gli levò il guanciale.
— È inutile! Nemmeno così la posso bere…
— Che cos’altro ti dà noia?
— Mi dà noia l’uscio di camera, che è mezzo aperto.
La Fata andò e chiuse l’uscio di camera.
— Insomma, — gridò Pinocchio, dando in uno scoppio di pianto, — quest’acquaccia amara, non la voglio bere, no, no, no!…
— Ragazzo mio, te ne pentirai…
— Non me n’importa…
— La tua malattia è grave…
— Non me n’importa…
— La febbre ti porterà in poche ore all’altro mondo…
— Non me n’importa…
— Non hai paura della morte?
— Punto paura!… Piuttosto morire, che bevere quella medicina cattiva.
A questo punto, la porta della camera si spalancò ed entrarono dentro quattro conigli neri come l’inchiostro, che portavano sulle spalle una piccola bara da morto.
— Che cosa volete da me? — gridò Pinocchio, rizzandosi tutto impaurito a sedere sul letto.
— Siamo venuti a prenderti, — rispose il coniglio più grosso.
— A prendermi?… Ma io non sono ancora morto!…
— Ancora no: ma ti restano pochi minuti di vita avendo tu ricusato di bevere la medicina, che ti avrebbe guarito dalla febbre!…
— O Fata, o Fata mia,- cominciò allora a strillare il burattino, — datemi subito quel bicchiere. Spicciatevi, per carità, perché non voglio morire no… non voglio morire…
E preso il bicchiere con tutt’e due le mani, lo votò in un fiato.
— Pazienza! — dissero i conigli. — Per questa volta abbiamo fatto il viaggio a ufo.
E tiratisi di nuovo la piccola bara sulle spalle, uscirono di camera bofonchiando e mormorando fra i denti.
Fatto sta che di lì a pochi minuti, Pinocchio saltò giù dal letto, bell’e guarito; perché bisogna sapere che i burattini di legno hanno il privilegio di ammalarsi di rado e di guarire prestissimo.
E la Fata, vedendolo correre e ruzzare per la camera, vispo e allegro come un gallettino di primo canto, gli disse:
— Dunque la mia medicina t’ha fatto bene davvero?
— Altro che bene! Mi ha rimesso al mondo!…
— E allora come mai ti sei fatto tanto pregare a beverla?
— Egli è che noi ragazzi siamo tutti così! Abbiamo più paura delle medicine che del male.
— Vergogna! I ragazzi dovrebbero sapere che un buon medicamento preso a tempo può salvarli da una grave malattia e fors’anche dalla morte…
— Oh! ma un’altra volta non mi farò tanto pregare! Mi rammenterò di quei conigli neri, colla bara sulle spalle… e allora piglierò subito il bicchiere in mano, e giù!…”

Inutile dire che ora, tutte le sere, la obbligo a telefonarmi e a leggermene un pezzo!

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Febbre da cavallo

6 settembre 2010

Ragazzi quant’è bella la salute.
Ho passato il fine settimana più allucinante della mia vita, praticamente la notte dell’Innominato.
Ora ho capito cosa intendono per Mal d’Africa!
Il 20 d’Agosto in Tanzania comincio a stare malino, il 22 partiamo e (me lo ricorderò sempre) mi faccio 6 ore e mezzo di scalo ad Addis Abeba sdraiata sulle sedie dell’ aeroporto con la testa sulla gamba di Attilio, la febbre a 38 e una penna Bic conficcata nella trachea.
Per dire che speravo in aereo ci fossero abbastanza turbolenze da far scendere la maschera dell’ossigeno!
Mia madre che, con 2 figli asmatici su due all’attivo e almeno 45 bambini altrui che ha cresciuto, anche per telefono ha l’orecchio assuluto e ha cominciato a martellarmi appena tornata in Italia: vai dal dottore, fatti dare le punture, prendi il Bentelan, prendi il Ventolin, fatti sentire i bronchi…
Sì mamma, lo sto facendo, vabbè dai ora mi passa.
Il problema è che non ho un medico a Roma e tutto passa per il mio di Firenze che mi fa le diagnosi secondo quello che gli dice mia mamma.
Come mai non ho un medico  a Roma?
Ha!
Perchè tutte le volte che ho avuto a che fare con qualcuno della Asl qui in zona, mi sono sentita trattare come una che ha voglia di perdere tempo e la risposta nel 90% dei casi era non lo so.
Dopo aver imparato a farmi le punture da sola guardando un video su you tube e visto che la situazione non migliorava,ma tossivo come un cane e sudavo freddo con 45 gradi da 10 giorni, (e soprattutto per far stare tranquilla mia madre),   sono effettivamente andata a farmi “sentire i bronchi” da una dottoressa qui vicino.
Carina per l’amor di Dio, però non capivo un cazzo quando parlava perchè farfugliava velocissimamente una serie di frasi senza un ordine preciso e la diagnosi è stata: bevi molto e prenditi un altro inalatore.
Cosa che ho fatto.
Notare che tutti i medicinali che mi hanno prescitto portavano la scritta “Doping”
Dopo altri 3 giorni tutto uguale, difficoltà respiratoria, sudori freddi, febbriciattola.
Mia madre comincia ad incazzarsi, “Allora basta, adesso vieni qui e ci penso io, non ti hanno dato gli antibiotici? Vorrei sapere perchè!”
“Mamma e che vuoi da me? (Tipico intercalare romano che significa “che cosa ne so io” ma che ad un orecchio inesperto può sembrare una frase accusatoria!) dal dottore ci sono stata ,gli antibiotici non me li ha dati, ha detto di smettere tutto e bere molto di più non so!”
Ma a mia madre non la si fa e puntuale come la tortura della goccia ,continua a chiamarmi due volte al giorno per auscultarmi via cellulare.
Le cose non migliorano e io devo andare a San Bartolomeo a mare per una presentazione sabato 4.
Mi dico che ce la posso fare, mi prenotano il volo perchè in treno ci vogliono tipo 8 ore ,ma ho fatto i conti senza l’oste e  venerdì sera la natura si ribella.
Mi sale una febbre da cavallo, ma soprattutto mi viene un mal di testa di quelli che, per dirla alla Ammaniti, mi sembrava di avere una lastra di vetro conficcata nel cervello che se la muovevo vedevo dei lampi rosa!
Tralascio la telefonata di mia madre che culmina in: “Mando tuo fratello a prenderti!”
“No,mamma dai lascia stare” sibilo mentre vedo delle Winx  in 3 D che mi salutano che non sono sicura esistano davvero.
La chiamata alla guardia medica vorrei non trascriverla, perchè se ci penso mi incazzo ancora adesso, ma voglio che si sappia in che mani siamo.
Mi risponde uno stronzo che potrei capire solo se lavorasse alle poste, che quando gli dico che avrei bisogno di un medico, mi fa una risatina come dire “certo qui non è mica il radiotaxi” e mi tratta ,anche lui, come una che ha voglia di perdere tempo.
“Signora la febbre ie passa aspetti 2 giorni, per un pò de febbre ir medico nun glielo mando”
Ho raccolto le 2 energie che mi rimanevano, ho spiegato tutto dall’inizio e ho preteso un medico.
“Ma lo deve pagà!”
“E che me ne frega sono 25 euro!”
E come sempre qui a Roma con gli imbecilli che ti alzano la voce , se la alzi di più allora abbassano le penne.
Poi l’irreparabile:
“Signora stia carma!”
STIA CARMAAAAA??
Malimort…
Non sapevo se incazzarmi di più per lo “stia carma” o per il “signora”, ho optato per lo stare carma perchè temevo riattaccasse e non ce la facevo ad aspettare altri 30 minuti con un disco automatico con la voce di un cinese dislessico.
Ripeto che questo era il call center della guardia medica di Roma!!
Finalmente arriva la guardia , anzi ne arrivano 2.
Uno a visitarmi e l’altra evidentemente un interior designer perchè ha chiesto ad Attilio tutto sull’appartamento, il controsoffitto, il cartongesso, la disposizione delle stanze, il bagno, l’antibagno, e il tavolo.
Continuavo a non volerci credere.
Mi veniva da piangere per la frustrazione, mi sembrava di essere in un brutto Corto al Festival di Locarno.
Mi prescrive i famigerati antibiotici più una quantità indegna di cortisonici e aerosol e così mia madre è stata contenta.
E piano piano ho cominciato a stare meglio (ieri) tanto che hanno tutti creduto fosse il canto del cigno che precede la fine.
Ecco che mi metto a fare le cosine della massaia di domenica tipo travasare le spezie prese in Turchia ,nei miei adorati vasetti dell’Ikea che non esistono più.
Noto che i tappi sono luridi perciò li lavo (”Ma ti sembrano lavati bene?” Chiosa quel rompicoglioni di Attilio che quando ci si mette sa essere un vero dito ar culo,sempre parafrasando).
Perciò li rilavo (”Sei contento ora” “Insomma” “Perchè non vai a lavorare anche la domenica?”)
E li metto ad asciugare fuori sopra lo scolapasta.
Okay non era proprio l’idea più geniale che mi potesse venire, ma era un modo per farli asciugare prima.
Quando vado a recuperarli succede (di nuovo) l’irreparabile.
Attilio dalla doccia sente urlare : “NUOOOOOO!”
Mi cadono di sotto 2 tappi e per poco non mi cadono anche gli altri 6.
Dal settimo piano li vedo cadere,impotente, nel nulla.
Mi sembra (mi sembra) che finiscano  in 2  discese diverse la cui entrata non è dato conoscere visto che sono circondata da 200 palazzi di 9 piani con terrazze, rampe,balconi e garage buttati a caso come un disegno di un geometra cieco.p1080724
Mi precipito fuori senza dire nulla ad Attilio e vado giù nel garage dove magicamente ne trovo uno, ma non riesco a capire come si vada nell’altra rampa, il garagista gentilissimo (non romano) mi dice che appartiene al negozio di moto accanto per cui,mi metto l’animo in pace e mi dico che sarà la prima cosa che farò l’indomani.
Attilio intanto aveva già capito e se la rideva, la prima cosa che mi dice appena rientro con quell’aria da saccente è: “Amore, ma hai le mani di merda? L’altro giorno hai fatto cadere il termometro e l’hai rotto, oggi i tappi, si vedeva benissimo che erano messi male! Per questo sei uscita di nascosto!”
“Atti perchè non ti fai assumere al call center della guardia medica? Saresti perfetto!”
No, queste conversazioni non sono inventate.
E da lì in poi non fa altro che indicare il barattolo orfano e ridere.

p1080723Ma siccome sono la più cocciuta del mondo e quando mi metto in testa una cosa nessuno mi può fermare (tantomeno del facile sarcasmo) stamattina alle 8 ero già davanti al rivenditore di moto.
Chiuso.
8.30-9.00-9.30 (nel frattempo ho fatto altro)
Ecco che apre.
Gli chiedo se posso accedere alla rampa, ma lui mi dice che non hanno una rampa, ma solo un bagno e che non sa come si faccia ad arrivare di là.
Azz! Un ostacolo, ringrazio saluto e mi metto a riflettere su come arrivarci e faccio il giro dell’isolato capitando per caso in un palazzo da cui si vede da sotto casa mia: anche un pò inquetante devo dire.
Spiego la faccenda al portiere il quale mi dice che la rampa appartiene al riveditore di ricambi accanto al concessionario di moto.
Ringrazio e vado.
Sento che il mio tappo si avvicina.
Entro nel negozio spiego la situazione e mi fanno entrare in un garage che non era la rampa che vedevo dal mio balcone.
Niente tappo ovviamente, ringrazio e mi scuso.
Azz! Un altro ostacolo!
Ritorno dal mio amico portiere il quale mi fa scavalcare una finestra che dà sulla terrazza sopra la rampa incriminata e mi conferma che è di proprietà dell’autoricambi.
Ritorno all’autoricambi ormai tutti avevano a cuore il mio caso.
Un signore dal retro se ne sce con : “Ma dice la rampa in salita?”
“SII!” mio eroe
“Certo venga con me!”
E finalmente ecco l’entrata della fottuta rampa di garage e lì per terra il mio tappo di metallo!
Dio era così facile!
Non vedo l’ora di vedere la faccia di Attilio….

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Forza Michael!

3 settembre 2010

Ieri sera da Letterman ho visto Michael Douglas che ha raccontato di avere appena scoperto di avere un tumore alla gola.
Il tono dell’intervista era sereno e volutamente teso a sdrammatizzare, a tratti serio o apertamente tragicomico, ma sempre molto rispettoso e cauto.
Ho davvero apprezzato moltissimo sia Letterman molto delicato e affettuoso, sia Douglas per  il  coraggio e la forza di riderci sopra.
Non c’ era alcun barlume di autocommiserazione nè di falso buonismo, solo un uomo che ha sempre vissuto sotto i riflettori, ma che è rimasto abbastanza umile da condividere una cosa così grossa con il mondo intero.
Ho avuto anche la sensazione che si stesse cagando addosso e che non avesse ancora totalmente digerito la notizia, dato che è una cosa che ha scoperto solo 3 settimane fa, ma questo outing me lo ha reso molto più umano e simpatico, molto di più di quando aveva detto di soffrire di dipendenza da sesso!
Alla domanda: “la tua famiglia ti sta vicino?” mi ha fatto ancora più tenerezza, ha annaspato un attimo e poi ha detto: “Sì! Sì, fanno tutti il tifo per me, ora sono tutti alle Bermude, ma mi telefonano sempre!”
Ma come quello si è fatto il ciclo di chemio tutto da solo e tu , Zeta Jones, te ne stai spaparanzata al sole sorseggiando  margarita?
E poi dicono che i divi di Hollywood fanno la bella vita!
Come no? Finchè producono, poi un bel calcio in culo!
Poi diciamocelo, fra tutti i tumori,cazzarola, proprio alla gola? Oltre al danno la beffa.
Lui però appariva positivo, carico e ottimista, magari era sotto stupefacenti, ma  giuro, l’ho adorato e l’abbraccio finale, mi ha veramente commosso!

Spero che sia di esempio e di supporto a quanti vivono una tragedia simile e soprattutto spero che il fatto che ne parli un  attore famoso (e notoriamente milionario) ,renda più concreto e immediato l’aiuto di cui  le persone normali (e notoriamente monoreddito) necessitano in simili situazioni.


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Da rileggere ogni tanto…

31 agosto 2010

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento
di una splendida felicità.

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Karibu Tanzania!Part 5

29 agosto 2010

(segue da Part 4)

Sveglia all’alba come ormai nostro costume.
Dobbiamo fare ancora un giro del Serengeti e poi cominciare il lungo tragitto verso il cratere di Ngorongoro di cui ci hanno detto meraviglie e la strada è la stessa dell’ andata: la terrificante polveriera disseminata di cunette.
Mi sa che ho respirato troppa polvere e comincio a sentire la sensazione di sabbia in gola che ,di per sè, è brutto segno, ma penso da sempre che l’asma si combatta con la forza di volontà (e un giorno o l’altro ci lascio il calzino!) e p1080456siccome non mi voglio abbattere e devo ancora vedere molti leoni e scene di caccia decido di imbottirmi di buon Bentelan e di indossare una mise adeguata.
Sembro l’uomo invisibile.
Siamo subito accontentati: famiglia di leoni, probabilmente quelli del giorno prima (ho il sospetto che ce li mettano di prima mattina!) .
Sono almeno 6 e stanno facendo un pò di corsetta mattutina dietro a un paio di gazzelle, ma più per teneresi in forma che altro.
Il leone si stacca dal gruppo e avanza verso di noi.
Lui sarà anche abituato,come no, ma io mica tanto e l”idea che resti comunque un leone libero non mi abbandona nemmeno per un attimo.
p1080476Si accuccia pesantemente a un metro dalla macchina e lì rimane a fissarci e mostrare il miglior profilo,mentre le leonesse gli procurano la colazione.
Ho voglia di dirgliene quattro a sto maschilista indolente e mollaccione!
Fa un caldo sempre più assurdo, ringrazio Dio di non essere nata giraffa, è una vita di merda quella della savana, come dice il proverbio : che tu sia leone o  gazzella la mattina quando ti alzi comincia a correre!
Non un minuto di pace, sei sempre il ansia, sempre lì con l’orecchio teso anche quando dormi,pronto a scappare, a salvarti la pellaccia,per non parlare dei cuccioli che, se ce li hai, ti tocca comunque sacrificare a madre natura.
Fadhili è soddisfatto, sta andando tutto come piace a lui, finchè, più tardi  lungo la strada….p1080436
“Ma… è un altro leopardo quello?” lo sento esclamare…
E che 2 coglioni con ’sti leopardi adesso! Ma non c’è altro in questa savana? Che ne so un cane, un cervo,un coniglio, qualcosa che non vedo da 6 giorni!
“Dovreste giocare alla lotteria voi due, anzi quasi quasi vengo in Italia con voi!”
Eh sì, faresti proprio un bell’affare…
Il più bello dei 4 (Quattro!) avvistati in 2 giorni, seduto a cavalcioni sull’albero proprio a 2 passi da noi che approfittiamo della brevissima solitudine per sparargli una raffica di foto.p1080429
Tempo 4 secondi ecco una fila di jeep che ci  si accoda dietro e l’urlo  di un fiorentino squarcia il magico silenzio: “OICCHEC’E'LAGGIU’????”
Passaporto prego! STRAAAAAAPPPP!
L’urlo nel frattempo ha fatto sì che il nostro amico scendesse e andasse a nascondersi sotto le frasche rendendosi totalmente invisibile.
Il gruppo dietro comincia ad esprimere scontento, una voce su tutte, quella del fiorentino: “Ma guarda che stronzo!”
A un leopardo??
Li lasciamo lì a bestemmiare e ce ne andiamo segnando sulla nostra schedina di avvistamento il quarto punto!
E cominiciamo la lunga, infinita, terribile strada per Ngorongoro.
Avanziamo per chilometri e chilometri,aprendo e chiudendo il finestrino per evitare la polvere  ogni volta che incrociamo un’altra macchina, più o meno ogni 2 minuti.
Sono sempre vestita come l’uomo invisibile,sento che morirò, ma lo farò con onore.p1080501
Dopo circa 4 ore di viaggio, Fadhili ci porta alla Gola di Olduvai, il sito archeologico dove furono ritrovati i resti dell’Australopitecus Boisei.
Il tizio che ci fa da guida è scazzato come più non si può, e lo capisco, penso che ripeta le stesse cose ogni quarto d’ora da vent’anni.
Fra le parole mi sembra di leggere un impercettibile: “vi prego uccidetemi!”.
Ci spiega innanzitutto che non si dice Olduvai, ma Oldubai, dalla parola masai che indica la pianta curativa, ma che i primi scopritori tedeschi avevano capito male.
Questa cosa gli rode tantissimo e ce la ripete almeno 4 o 5 volte: Oldu-BAAAI.
Me ne faccio un punto di onore e gli prometto di battermi per la giusta divulgazione del nome una volta tornata a casa.
Voglio comprarmi una maglietta, ma costa 15 dollari, mi sembra un pò esoso.
Mentre giriamo nel minuscolo museo attiguo ,dove sono esposti i resti archelologici, un italiano si offre di tradurre al proprio gruppo le didascalie scritte in inglese, cosa di per sè carina se: conoscesse  l’inglese ed  evitasse di urlare, dato che ci sono altre 50 persone  tutte palesemente madrelingua.p1080507
Quando traduce “the heel print” (l’impronta del tallone) con “l’impronta del collo” ho un mancamento!
Scusa, me la faresti vedere l’impronta del collo? No,sai così, sono curiosa!
Ripartiamo sempre più a pezzi.
La strada pare davvero non finire mai, il respiro mi si fa sempre più corto, se trovo una penna Bic mi ci faccio volentieri una tracheotomia.
Non vedo l’ora di cominciare a salire verso Ngorongoro, perchè a 2000 metri finalmente potrò respirare.
La strada per il cratere di Ngorongoro è di povere rossa, la vegetazione è rigogliosa e intensa, probabilmente piove molto, cominciando a salire, l’aria si fa più fresca, ma non mi basta, ho una temperatura interna prossima alla fusione del tungsteno, voglio tuffarmi in un laghetto ghiacciato.
p1080531Il lodge è ancora più bello degli altri se è possibile, è una specie di chalet in cima al nulla e domina la caldera. p1080511
E’ intimo e accogliente  e misteriosamente decorato con lampade di murano.
Non ci sono babbuini stronzi e la vista che si gode dalla nostra camera è pazzesca.
Fa freddino,per fortuna, e scendendo a cena decidiamo, in vista dell’ultimo giorno, di offrirci una bottiglia di vino Sud Africano.
Invitiamo Fadhili a bere con noi, ma lui deve aiutare un amico con la macchina rotta lassù nel nulla.
Non si è fermato 5 minuti dall’inizio, si accontenta di una gazzosa e ci saluta.
p1080534Mentre ceniamo dietro di me riconosco una voce familiare.
E’ il fiorentino che si è perso il leopardo e che sta parlando male dei vegetariani.
Aziono il parabolone  e lo sento pontificare sulla mancanza di energia di chi si sottopone a un tale tipo di dieta mentre si strafoga di torta di marzapane.
Ho una voglia pazza di fargli sgambetto mentre mi passa accanto, ma mi limito a domandargli: “Scusa ma tu sei toscano?”p1080517
“Di Prato!” risponde orgoglioso.
Aaaahhhh!
Scopro che non hanno visto nemmeno un leopardo (he he ! 4…QUATTRO!) e che sono 3 coppie che non si conoscevano prima e dai loro occhi capisco che non si rivedranno mai più.
Sono 3 coppie carine, ma che non hanno assolutamente niente in comune: a una piace fare shopping, agli altri alzarsi tardi e i terzi forse volevano andare solo a Zanzibar.
Si avvertono i piccoli malumori, i non detti, e la certezza di aver sbagliato vacanza.
Attilio di nuovo mi guarda e mi sussurra: “Ricordati!”
Mi ricorderò!
p1080538La mattina dopo alle 5 siamo in piedi, è un freddo porco, in piedi solo 2 giapponesi che tentano di fare delle foto notturne dalla terrazza che affaccia sul cratere.
Lei ha le infradito.
Dobbiamo cominciare la discesa nel cratere dove tutti sperano di vedere il quinto “big”: il rinoceronte.
E’ troppo presto per la colazione e non torneremo per il pranzo per cui ci danno 2 lunch box a testa contenenti esattamente: 1 uovo, una salsiccia, un pezzo di torta, un pezzo di pollo,un pezzo di pancetta, un succo di frutta e una banana.
Non ne posso più di mangiare banane e pane, e Attilio ha delle sfumature giallastre.
Il cratere è come un immenso recinto pianeggiante che abbraccia tutti i tipi di vegetazione: dal laghetto salato coi fenicotteri rosa a quello d’acqua dolce con gli ippopotami, alla steppa bruciata dal sole, alle colline verdi.p1080543
p1080572La sensazione però è che tu continui a girare intorno a caso per percorsi prestabiliti, incrociando continuamente altre macchine, dove gli autisti si salutano e si dicono (o non dicono) cosa hanno visto, mentre i turisti affacciati al tetto fanno finta di non vedersi.
Voglio vedere i leoni capelloni, ma oggi sono tutti lontanissimi, e presi a corteggiare le loro compagne.
Il corteggiamento in realtà consiste nello stare sdraiato nascosto da un sasso, mentre lei lo guarda con gli occhi dolci.p1080601
Dio che fastidio!
Giriamo da due ore e il freddo intensifica, siamo sempre fermi e con le manine attaccate al tetto della jeep, ho addosso tutto quello che ho : un cappelo, un pile, un giacchettino, 3 magliette a maniche lunghe e una giacca a vento.
p1080553E batto i denti.
Fad sente che non vedremo rinoceronti, e con una punta di rammarico ci suggerisce di fare un altro giro e tornare verso la cima per poi cominciare la lunga discesa verso Arusha.
Rassegnati accettiamo.
Torneremo a vedere il rinoceronte prima o poi.
L’ultimo big che vediamo è questo bel ragazzone di circa 70 anni.p1080612
Un elefante in pensione che si è ritirato quassù dove l’erbetta è più morbida e dove può campare sereno gli ultimi anni della sua vita indisturbato.
Cominciamo a scendere verso la civiltà dopo giorni e giorni di silenzio e  natura, con l’unico scopo di comprare qualche souvenir per la famiglia, prelevare al bancomat la mancia per il nostro benefattore e aggiungere una bottiglia di vino, ignari del fatto che il peggio sta per arrivare.
Fad non sa un cazzo di shopping, lo sgamo subito, e ci accompagna in uno dei tanti negozi sulla strada che vendono esattamente le stesse cose: quadri colorati, coperte masai, statuette di giraffe e maschere.
Vi dice qualcosa vero? A Firenze le vendono sui Lungarni, a Roma in Piazza Vittorio, è il finto artigianato fatto in serie per i turisti, ma che qui da noi costa la metà.
Fad dice che il prezzo è “cheap”,ma che devo contrattare e comincio a chiedermi che idea si sia fatto dell’Italia dato che il primo prezzo che mi sparano per una giraffa di teak di 30 centimetri è di 80 dollari!
Gli rido in faccia!
Sono pazzi, fingono di voler contrattare quando ci stanno solo prendendo per il culo.
Odio discutere sul prezzo, è inutile, ridicolo e penoso, non ho idea di che cifra chiedere dato che è un furto comunque.
Dei 3 oggetti che ho scelto non mi piace più niente, il tizio mi vuole affibbiare un ippopotamo d’ebano per la modica cifra di 298 dollari fatto bene.
Mi sento quasi offesa, non si fa così, ci dicono che “c’è la crisi” e che non si mangia, rispondo che c’è la crisi anche per noi e che in Italia si trovano gli stessi oggetti a un quarto del prezzo. Mi chiede ancora di fare un prezzo: giraffa piccola, 3 piattini di legno, ippopotamino: dico 10, 15,10, mi sembra già troppo, ma lui mi dice che ogni piattino di legno me lo fa 23 dollari (fatto bene).
Comincio a stufarmi, ho caldo e non voglio più niente.
Allora cambiano tattica e ci separano, uno dei 2 tizi mi prende in disparte per farmi il fervorino sul concetto di domanda e offerta, gli dico che non c’è problema facciamo che non me lo posso permettere e rimaniamo amici, faccio per andarmene.
Attilio esce un pò frastornato e mi fa: “Gli ho detto che li prendiamo  per 55 dollari!”
“CHE CAZZO GLI HAI DETTO?” tuono girando la testa di 360 gradi.
Rilancio incazzata nera “50 dollari con la coperta masai!” sono una iena.
Molti no, si, no, e tira e molla dopo, un tizio si è sente dovere di farmi sentire in colpa circa la povertà dei Masai.
Me lo sono magnato! Il prossimo che mi fa un fervorino sulla povertà dei Masai lo mando insieme a Kimani a fare il giro in piroga.
E gli ho ricordato di quel Masai miliardario che ha 400 figli a cui il governo ha costruito appositamente una scuola.
Perchè ..ve l’ho detto che sono poligami no?
Non ha fiatato, abbiamo girato i tacchi e ce ne siamo andati.
Secondo negozio stessa scena.
Entri ti danno il panierino per la spesa, gli oggetti sono gli stessi, ma non hanno il prezzo sotto per cui ogni volta devi chiedere e sentirti dire cifre assurde poi, a seconda delle cose che compri ti applicano un finto sconto.
Forse gli americani ci cascano, ma gli italiani no.
E’ un gioco insopportabile, mettete i prezzi e non rompete i coglioni.
Non compriamo niente, c’è il rischio che tornati a casa gli amici mi dicano: bella questa giraffa l’hai presa a Campo dei Fiori?
Rientriamo lentamente verso Arusha, il traffico è pazzesco, ce n’eravamo scordati, ci mettiamo un’ora a fare 3 chilometri.
Il nostro piano prevede andare in albergo, preparare le valige, farci la doccia, andare al bancomat, comprare il vino in un’enoteca lì vicino, qualche braccialetto, cenare in una tavola calda tanzaniana e poi ,appoggiarci un attimo in camera, in attesa di Fadhili che viene a prenderci a mezzanotte  per portarci in aeroporto.
Il bancomat risulta l’impresa più ardua da affrontare,non ne funziona uno.
Ma peggio di tutti, il Safari mi ha resettato la memoria a breve termine e non mi ricordo più il pin.
Scrivo inutilmente sequenze di 5 numeri senza che nessuna mi suoni lontanamente familiare.
Sono nel panico.
Se Attilio non può prelevare col suo faremo la figura di merda del secolo.
Infatti 3 sportelli più tardi non siamo ancora riusciti a prelevare uno shellino.
Ecco che miracolosamente l’ultimo bancomat di Arusha ci dà l’opzione prelievo, la coda dietro è improvvisamente quadruplicata e tutti ci fanno fretta.
Non è chiaro quale bottone premere :cash advance, withdrawal, fast cash, ma che cazzo ne so, datemi i soldi!
I tagli disponibili sono inferiori a quello di cui abbiamo bisogno, ma non possiamo rischiare di prendere troppi scellini perchè poi non possiamo cambiarli.
Premiamo il massimo: 80000 che equivale a circa 50 dollari : un cazzo! Ce ne servono almeno 200, ma  misteriosamente ne escono 150.000!
Non ho mai visto una cosa del genere, riproviamo: stessa cosa, boh! Non facciamoci domande.
Creatività africana.
All’albergo ci ridanno la stessa camera dell’andata: la 404, il cesso perde sfacciatamente, ma ormai non ci facciamo più caso, anzi c’è una certa aria di familiarità.
Facciamo la doccia e poi andiamo verso l’enoteca (sì, appunto, c’è il Masai povero col cellulare, la signora che vende le patate per terra e l’enoteca francese…) esattamente là a 200 metri dall’albergo dove Fadhili la prima volta ci disse: “non correte rischi inutili e prendete un taxi!”
Ma siamo cambiati,non sembriamo più così turisti, Mario e Pippo non sono più così sprovveduti e ci lanciamo a testa alta verso la nostra meta.
All’enoteca ci accoglie un signore francese (tale Michel) con cui mi metto a chiacchierare, ci racconta la sua vita, ci presenta il socio e la moglie e ci invita ad assaggiare un pò di vini.
Vivono lì da 15 anni e sembra un film: ascoltiamo Aznavour, beviamo Bordeaux e per l’occasione apre una forma di Parmigiano Reggiano.
Serendipity totale!
Adoro le persone che fanno scelte così estreme,li ascolterei per ore, mi affascinano, li trovo bohémien e romanticamente decadenti.
Solitudini che si uniscono per dare uno scopo diverso a vite meccaniche e prestabilite, per uscire dal coro e ritagliarsi un pezzo di normalità dalla Bretagna alla Tanzania.
Una scelta ponderata e difficile, ma con uno scopo preciso: via dalla pazza folla.
In fondo al cuore quel costante amore - odio per la patria, quel non essere riusciti fino in fondo a resistere o non averlo veramente voluto.
Chissà.
Ci regalano del vino e ci congediamo verso l’ultima ,estenuante, contrattazione a una bancarella di braccialetti jamaicani.
Li faccio neri (se mi consentite il gioco di parole) partono da 3 dollari per 5  e me ne accaparro 10 per un dollaro.
Poi torno a Roma e me li vendo a 5 euro l’uno!
La tavola calda è già chiusa (sono le 8.30!) non ci resta che tornare all’albergo e cenare di nuovo al ristorante indiano musulmano  dove stazionano gruppi di studenti americani in infradito e maglietta, totalmente a loro agio, credo che facciano parte di qualche gruppo di studio, e alloggiano all’ostello sopra il nostro,ma non ci è dato capire di più.
Siamo tristissimi all’idea di partire e la nottata è ancora lunga.
L’asma è talmente peggiorata che mi sdraierei in una camera iperbarica.
La notte Fadhilil ci viene a prendere. Abbiamo il musino lungo.
Gli abbiamo regalato il vino, il binocolo e una lettera.p1080073
Lui si commuove, è contento di essere stato con noi, dice: “I’ll miss you guys!”
“We’ll miss you too Fadhili!”
E via al primo di una lunga serie di controlli di passaporto rigidissimi.
Si accertano innnanzitutto che non gli abbiamo rubato il lavoro tramite domande a trabocchetto e ci vivisezionano bagaglio e passaporto.
Siamo già in coda con gruppi di italiani non simpatici che parlano al solito a voce troppo alta per farsi sentire.  C’è anche un prete panzone con la faccia viscida che mi dà i brividi.
Abbiamo ancora 10000 scellini, e andiamo a farci la birretta della staffa, tanto si parte alle 4!
p1080689Davanti al bar ,un negozietto ancora aperto con le solite giraffe, le magliette e i braccialetti.
Artigianato locale eh?
Dico alla signora che abbiamo ancora da spendere 8000 scellini e lei dice che sono moltissimi! e che posso scegliere quello che mi pare.
Se lo dice lei, scelgo un piatto di legno (che mi era rimasto qui!) e lei mi guarda come dire: “Sì ma mò nun esaggerà!”
Me ne porto via uno per 8500, circa 6 dollari.
E’ l’affare del secolo.
Si parte, ho il polmone destro collassato.
Arriviamo all’aeroporto di Addis Abeba e dobbiamo aspettare 6 ore e mezzo!
Respiro come un orso, ho bisogno di andare in bagno, ma è talmente lurido che non me la sento.
Mi accaparro una copertina della Ethiopian Airline che sembra l’ultimo trend,tutti la sfoggiano a mò di pareo, gonna, turbante e marsupio.
Facciamo colazione. L’ultimo uovo con salcicca.
Attilio mi stupisce mangiando un pezzo di burro intero. Minaccio di lasciarlo.
Finalmente partiamo.
Vedo 2 bambini con i genitori sprovveduti che stanno già facendo troppo casino per i miei gusti.
I genitori non trovano niente di meglio  per distrarli che mostrare loro cani invisibili!
“Guarda quel cane bianco!”
Ma dove??
I 2 bambini cominciano a urlare ininterrottamente per tutto il volo, strilli acutissimi e feroci che sorpassano il boato del  747.
La gente è scioccata, tutti indossano le cuffie, i 2 stronzetti non smettono di piangere MAI.
E’ ufficiale non voglio figli.
Atti guarda fuori e mi dedica la scritta sull’ala.p1080698
Romanticone.
Io ordino da bere e chiedo il pasto Veg.
Che è ottimo come quello dell’andata.
Atterriamo a Fiumicino e aspettiamo i bagagli per un’ora e 3 quarti.
Fuori è umido, caldissimo e più incasinato di Arusha.
Il tassista è autistico, ogni tanto ha degli scatti tipo sindrome della Tourette e non ci parla mai.
Entriamo in casa, è tutto come prima: casa pulita, testamento sul tavolo, e i nostri bagagli luridi per terra.
Ma siamo  noi ad essere un pò diversi.
Ci manca tutto, abbiamo davvero  il Mal d’Africa, e vorremmo già ripartire.
Scendiamo a prenderci una pizza, alziamo le birre  e brindiamo alla salute di Fadhili.

Grazie Tanzania!

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Karibu Tanzania! Part 4

27 agosto 2010

(Segue da Part 3)

Partiamo da Lake Manyara direzione Serengeti Park ,la cui esatta pronuncia in Masai -come ci viene più volte ricordato- è  “Siringeti” e significa “terra infinita” ,ma che a mio avviso sarebbe stato meglio chiamare “polvere infinita”!
Da questo momento in poi ci troveremo la sabbia anche nelle mutande.
La strada per arrivarci è la peggiore mai provata in tutta la vita, forse giusto Indiana Jones ci si sarebbe divertito.
E’ una strada di terra,battuta malamente, piena di piccole cunette su cui il Land Rover senza ammortizzatori trema all’impazzata per circa 200 kilometri che,a 70 all’ora, percorriamo in circa 4 ore….
Ci sentiamo come le palline dell’ estrazioni del Lotto!
All’incrocio con altre jeep,si levavano immense nuvole  di polvere contro cui non si poteva far molto eccetto chiudere rapidamente il finestrino (alla fine della settimana avevo il bicipite di Schwarzenegger) cosa che non impediva comunque il respirare tonnellate di terra.
Il caldo è folle e,per difenderci, non possiamo far altro che stare fermi fermi e guardare fuori.
Se devi fare la  Milano - Roma ti fermi in 15 autogrill, bevi il Gatorade, mangi il Camogli, vai in bagno, ti fumi la sigaretta, ascolti la radio, parli al cellulare e ti lamenti.
p1080080Lì invece è tutto talmente estremo che diventa una specie di meditazione.
Non sai quando arrivi, non ti puoi fermare, non puoi scendere (eccetto in qualche sosta autorizzata che non sai dov’è),e soprattutto, non puoi assolutamente farci niente.
Intorno a te c’è terra sterminata,spietata, secca, mangiata dal sole,p1080077
ed è lì che cominci a tirare fuori le risorse ,nonostante il disagio, perchè non hai nessun potere, e non puoi fare altro che contemplare, lasciarti andare e sperare di essere abbastanza idratato! L’unico sollievo me lo dava ogni tanto un tipo di respirazione yoga, il Sitali Pranayama che praticano  in India quando fa un caldo cane: si tratta di respirare attraverso la lingua arrotolata, ovviamente non ve lo consiglio quando siete in metro o al ristorante…
Finalmente arriviamo all’entrata del parco.
C’è una burocrazia assurda fatta di fogli, prenotazioni, e carte prepagate che non si leggono. Il buon Fadhili si smazza diligentemente tutte le file insieme agli altri autisti  all’ingresso ogni volta.
E ogni volta c’è una bega.
p1080082Il business dei parchi è qualcosa di incredibile, il prezzo giornaliero a persona è di circa 50 dollari più la macchina e nel tragitto  fra parco e parco paghi il pedaggio come in autostrada, ho letto che il 10 di Agosto al  parco di Ngorongoro hanno contato 350 macchine…
E poi mi chiedi la mancia?
Ci fermiamo all’ingresso del serengeti  per il solito lunch box, Attilio è arrivato a mangiare 3 uova e 2 salsicce al giorno, sta cambiando forma e colore, io continuo a mangiare banane e sto cambiando anch’io forma e colore.
Cominciamo a vedere facce conosciute: tutti gruppi di italiani lamentosi incrociati agli aeroporti.
Non c’è un posto per sedersi tranquillamente e ci sistemiamo a un tavolo occupato da una famiglia che mi sembra ,a colpo d’occhio, straniera.
Ci parliamo in inglese un attimo e poi sento la mamma dire : “certo ci voleva proprio una bella birretta!” . Penso immediatamente che lei potrebbe diventare la mia migliore amica della vacanza, la figlia la prende un pò in giro, è troppo carina e il babbo le  fa eco,sono completamente diversi da tutti gli italiani che abbiamo incontrato finora, sono rilassati e alla mano e la ragazzina a un certo punto se ne esce con: “La nonna però beve!”  e la mamma “La nonna non beve, ma è molto brava a rompere le palle!”.
A quel punto non resisto e dico: “Potrei stare qui ad ascoltare questa conversazione per sempre!” e siamo diventati amici.
Dopo pranzo ecco che il safari vero e proprio comincia.p1080115
p1080117Entriamo in una zona coperta da paglia dorata alta come me, sembrano capelli biondi, là in mezzo ci può essere di tutto, e devi resettare la vista per l’ennesima volta per riuscire ad avvistare i felini che hanno lo stesso identico colore dell’erba.
Non passano dieci minuti che Fadhili ci grida: “Chetaah!”
Ora,dico io, che bisogno c’è di fare tutto sto casino per una scimmia?
E capisco che Tarzan non era un tipo tanto sveglio se ha chiamato la sua scimmia “ghepardo!”.
Eccola lì, a 3 metri da noi, già circondata da 5 o 6 macchine,mentre scruta l’orizzonte con le sue lacrimone nere.
p1080098Siamo tutti emozionati e cominciamo a fare 1000 foto finchè qualcuno da un’altra macchina grida “Lion!”
E cazzo, questa l’ho capita anch’io! Dove dove?
E la povera Cheetah viene snobbata all’istante in favore di una famiglia di leonesse sbracate per terra poco più avanti.p10802351
Il gruppo di guardoni si sposta in massa e riprendiamo tutti a fotografare in preda a “uuuhhh!” “ooooh” e “non ci posso credere!”.
Sembriamo rincoglioniti lo so, ma il predatore fa sempre quest effetto (un pò in tutti i sensi no?? )
Le leonesse vivono in branco e si gestiscono i figli come fossero zie, facendo credere al leone di essere il re della foresta mentre si pavoneggia su qualche masso con la criniera al vento.p1080128
Sono le leonesse a cacciare e a farsi il culo, lui arriva la sera e domanda “che c’è per cena? Uffa ancora bufalo?” e poi si serve per primo!
Però…E’ troppo  fico! (Vero signore??)
p1080148Proseguiamo per chilometri e chilometri, avvistando elefanti, impala, gazzelle Grant (dette anche Mac Donald’s  per la M stampata  sulle chiappe!).
Siamo stravolti, ma è tutto troppo bello per essere vero, non ci curiamo neanche più della polvere (mio grande errore che pagherò probabilmente per i prossimi mesi ora che ho la tisi del minatore!) non faccio pipì da ore, non so neanche più come mi chiamo nè dove sono, e non me ne importa niente.
Il Serengeti è il mio preferito, ma l’ho detto per ogni parco che ho visto.p1080238
Voglio  vedere più leoni, voglio scene di caccia, agguati, sangue,cornate, National Geographic, questa savana mi sta prendendo la mano!
Ed ecco che ci dice culo.
Fra i Big Five (leone, bufalo, rinoceronte, leopardo, ed elefante) il più duro da avvistare dopo il rinoceronte (che è quasi del tutto estinto!)  è il leopardo che tutti definiscono “shy”,timido (!).
Be, timido o no, eccone uno lì che se la dorme fra le frasche incurante dei paparazzi a un metro da lui.p1080121
E’ qualcosa di straordinario, è perfetto, un’opera d’arte, un gattone dipinto a mano che ha un’aria così indifesa e tenera che pare  incredibile  che ti ridurrebbe in poltiglia nel giro di un quarto d’ora.
Non sembra essere disturbato dalla tifoseria, è anche lui un prodotto della globalizzazione e come tale si adegua.
p1080153p1080155Proseguiamo il nostro giro, altri leoni, altri elefanti, e questa bella ragazza che ci regala uno sbadiglio che mostra denti lunghi quanto il mio  dito indice…
Sreamati e con gli occhi pieni di meraviglia,arriviamo nel tardo pomeriggio al Seronera Wildlife lodge.
Il primo della catena di lodges di proprietà indiana in cui alloggeremo nei giorni seguenti.
Il fatto di vedere degli indiani cazziare pesantemente degli africani sotto l’egida britannica è  una bella contraddizione in termini e ,come spesso accade, quando dai un biriciolo di  potere a qualcuno che è stato a lungo sottomesso, stai pur certo che diventa uno stronzo e in effetti, lo staff non era dei più cordiali,nè con i clienti, nè con il personale, anche se ho motivo di credere che verso gli italiani ci fosse una  particolare forma di astio non del tutto ingiustificata…
p1080162Ci danno una camera sul parcheggio che ci va più che bene, tanto alle 9 stiamo già dormendo, ci informano delle solite formalità: l’acqua la notte non c’è e nemmeno la luce, la cena è imperativamente fra le 7 e le 8 e tassativo: non aprite le finestre o i babbuini vi distruggeranno la camera in cerca di cibo.
Non erano babbuini erano demoni travestiti da scimmie, di una cattiveria unica, dispettosi e aggressivi che cagavano apposta dalle scale di sopra e la notte cercavano di aprirti la porta a culate.
p1080170Il lodge è comunque incantevole e la vista mozzafiato.
Al ristorante un buffet enorme di cucina internazionale, di matrice indiana, alla fine per mangiare Africano dovrò andare al ristorante a Roma.
Hanno solo il brutto vizio di cercare di venderti bevande a tutti i costi in maniera un tantino insistente. Oltretutto avevamo ancora la macchina piena d’acqua così alla fine ce la siamo portata a tavola fra il disprezzo dell’obeso general manager indiano.
La mattina ripartiamo all’alba per proseguire il tour dell’infinito Serengeti.p1080190
L’aria è magnifica, ogni angolo ha profumi diversi, e colori diversi, non ti stanchi mai di essere sollecitato da qualcosa di nuovo e straordinario.
Ci sono oasi verdissime con palme e laghetti di acqua dolce,alternate a distese di erba secca e acacie,e ad ogni minuto del giorno tutto si trasforma in qualcosa di più intenso ed estremo.
Ci fermiamo davanti ad un laghetto pieno di ippopotami (che misteriosamente non disdegnano di sguazzare nella reciproca cacca!) che sonnecchiano e si rotolano.
Una leonessa di avvicina per fare la furba e viene messa in fuga dall’ippopotamo della Pampers con le sue gambette corte e il capoccione!
p1080203Mentre siamo lì a fare i soliti “uuhh!” e “aaaah!” e “non ci posso credere!” mi metto ad ascoltare la conversazione della Jeep di fronte a noi: un italiano pìssero e scazzato,al cellulare con la sua agenzia di viaggi.
Fadhili fa per partire, ma lo placco, sono disposta a requisirgli le chiavi della macchina pur di sapere.
Curiosa come una scimmia,indirizzo la parabola verso di lui e mi metto in ascolto.
In sintesi questo era: “La vacanza è quasi finita, sono 4 giorni che vi chiamo e vi fate vivi solo ora,è stata una escalation di disagi, quello di stanotte il peggiore: sono andato in bagno e non c’era l’acqua, si immagina? Sono dovuto andare al bagno della piscina e questo è solo l’ultimo di una serie di problemi che abbiamo avuto, le camere erano sporche, i bagni sporchi, mi avevate detto che era alta qualità e per me i soldi non sono un problema!”
Uhhhh  Fadhili come si dice in Swahili :”che dito ar culo?”
Ma perchè non ti hanno strappato il passaporto alla dogana eh? Perchè non te ne vai a Porto Rotondo o al chia Resort con gli amici tuoi?
Ci chiediamo in quale misteriosa e fatiscente struttura abbia alloggiato, anche perchè se il tuo problema è quello di tirare lo sciacquone la notte perchè ti vergogni di aver pisciato, ci sono diversi psichiatri freudiani che non vedono l’ora di averti sul loro lettino!
Ironia della sorte a pranzo lo rivediamo al Seronera!p1080157
Il lodge era il nostro e la camera identica, e non era nè sporco,nè disagevole, anni 70 sì, ma lo considero solo un vantaggio.
A pranzo è stato tutto il tempo a compilare un modulo di feedback insieme all’invisibile ed inutile moglie circa tutto quello che era andato storto con commenti del tipo: “how was the safari?”  “Speed!”.
Ovviamente abbiamo raccontato tutto a Fadhili , amico della guida del ditoarculo, a cui stava creando non pochi problemi diffamandolo vigliaccamente con l’agenzia italiana e sorridendogli e ringraziandolo davanti.
Una cosa che, mi dispiace ammetterlo,  è molto, ma molto italiana!
Proseguiamo per il Nord del Serengeti e continuiamo ad avvistare ragazze e ragazzi.

p1080218Leonesse come questa qui con la zampa massacrata,che ci passano davanti alla jeep come nulla fosse,e ancora elefanti, avvoltoi, iene, e francesi!
Nel pomeriggio arriviamo ad una lurida pozza di ippopotami che si spruzzavano alla bell’ e meglio.
Non c’è più acqua ma solo sterco e tanto!
I poveretti hanno una pelle così delicata che se non si bagnano di continuo rischiano di piagarsi la pelle e farla infettare in maniera drammatica.p1080255
Fra loro c’è anche un alligatore, e una coppia di francesi (evidentemente padroni del laghetto) che si fanno mille fotografie con il loro “cannone” ,fottendosene di tutti gli altri disperati, assetati e cotti dal sole come noi che vorremmo farcene giusto una!
La sera ci dirigiamo verso il Lobo Wildlife Lodge di cui mi innamoro perdutamente. Siamo a circa 1500 metri tira vento e sembra di essere in montagna e il lodge è in cima lassù che domina la vallata fra gli alberi e le rocce.
p1080315E’ maestoso e caldo, arredato in stile etnico indo africano con lampade colorate, legno, ebano e tappeti.
Voglio lasciare un curriculum.
Nel ristorante c’è un albero di sicomoro,protetto da una teca di vetro, dove un leopardo nei primi anni 70 scendeva ,ancora convinto che fosse casa sua seminando il panico fra i turisti.
Anche qui la cucina è rigorosamente filo indiana e fanno un “masala” di melanzane da urlo la cui ricetta Attilio mi ha costretto ad estorcere al cuoco che me l’ha copiata per filo e per segno in una minutissima calligrafia ,dopo aver chiamato la  madre a Mumbay!p1080306
Attilio fra le altre cose aveva il raffreddore del secolo, se l’era preso la mattina all’alba del Lake Manyara.
A un certo punto ha detto:” Ecco!Ho il raffreddore!”.
“Ma va che dici? Come fai a saperlo?”
“Lo so, lo sento! Ti ricordi l’anno scorso in Grecia quando siamo scesi alle grotte?”
“Atti siamo in Africa, non puoi prendere il raffreddore qui!”
Invece si è beccato il re dei raffreddori,con 3 giorni di starnuti, febbre e tachipirina e dove io,anzichè aiutarlo,non facevo che  sfotterlo tacciandolo di “anello debole”.
Arrivati al ristorante, il cameriere ci chiede se vogliamo dividere il tavolo con altre due persone, dato che non ce ne sono più da 2.
Diciamo che non c’è problema, tanto il tavolo che ci offrono è grande e poi 2 chiacchiere eventualmente si possono anche fare.
Ma ahimè, non con loro: una coppia di francesi odiosi, che non hanno alzato neppure la testa dal  piatto per dire buonasera e, incuranti che il francese non sia una lingua misteriosa (e che sfortunatamente per loro ho vissuto in Francia sufficientemente a lungo per capire ogni carognata anche in “verlan”), ho ascoltato tutte le loro critiche su chiunque e qualunque cosa ovviamente compresi noi 2.
Non ho potuto evitare di augurare loro uno splendido proseguimento di soggiorno col mio migliore accento…
L’indomani partiamo alla volta della regione del Lobo, che a me (ma solo a me) ricordava la Val d’Elsa!p1080354
Un’ infinita distesa di colline e alberi  riposanti, senza niente e nessuno, a parte noi.
Ma Fadhili non è soddisfatto perchè non avvistiamo niente di particolare, cioè nessun “gatto”. Allora decide di fare un piccolo fuoristrada dove, per fuoristrada, intendo incastrarsi con la Jeep in verticale per finire sotto un sicomoro dove a lui sembrava di aver visto qualcosa.
E quando Fadhili pensava di aver visto qualcosa, 99 su 100 l’aveva vista.
Così ci infiliamo in un mezzo burrone e alzando gli occhi vediamo un enorme leopardo su un albero.p1080269
“Un altro? Ma è un miracolo!Ma… lì ce n’è un altro” dice “sono una coppia in luna di miele è un evento rarissimo!”
E io penso, che meraviglia, ma non rompiamogli i coglioni più di tanto no? Insomma sono pur sempre dei leopardi…
“Ma no,non abbiate paura ora ci avviciniamo!”
“Mmm…ma …perchè…insomma si vedono benissimo così da 3 metri!
Come non detto, si avvicina ancora di più e la femmina scende di corsa, ma coperta dalle frasche non vedo più dove sia.
Potenzialmente ci può sbranare perchè il tetto non si chiude, è come se fossimo una scatoletta di Simmenthal aperta! Mi chiedo se lei lo sa.
Ma Fad è tranquillo e spegne la macchina, mentre Mario e Pippo nel panico cominciano a raccogliere binocoli, macchine fotografiche,telecamere,e carta igenica, tanto che Attilio perde il primo paio di occhiali nuovi!
Fad non è contento finchè non abbiamo scattato una foto dell’interno del padiglione auricolare, “sì, sì fatto vai tranquilllo!” e finalmente ci muoviamo verso la salvezza.
Ma sulla strada incontriamo subito una Jeep: sono i francesi stronzi della sera prima!
Supplico Fadhili di  non dirgli che ci sono i leopardi, non se lo meritano!
Lui ride e dice che l’etica non glielo consentirebbe, ma quando incontra l’altra guida glielo spiega in swahili, non si capisce un cazzo, ma si capisce tutto!
Amo questa lingua!
p1080399Un’ altra deviazione per vedere una cheetah incinta e farci attaccare da nugoli di mosche tzè tzè che ci pungono come cavalli.
L’Autan gli fa un baffo, anzi si eccitano e l’unica possibilità è quella di coprirci completamente nonostante i 45 gradi all’ombra!p1080364
Piano piano riscendiamo al Seronera Lodge dove ci danno un’altra camera e capiamo perfettamente quanto gli stiamo sulle balle.
L’ultima camera al confine con il nulla piena di gechi, insetti e un sottofondo di ippopotami
notturno.
Pazienza, non ci lamenteremo nemmeno del pipistrello appeso fuori della porta, ormai siamo tutt’uno con la natura.p1080452
Stiamo diventando sportivissimi, non ci ferma più niente, non abbiamo più nulla di pulito, ma non ci interessa,siamo fierissimi del bagaglio minimal preso a sconto alla Upim, abbiamo un sorriso ebete e siamo mezzi malati, ma va benissimo così.p1080447
Incontriamo la famiglia di italiani di due giorni prima e tiriamo tardi (le 11 e 30!!) ad ammazzarci dalle risate e fare a gara a chi ha visto più cose.
Hanno vinto decisamente loro con il leopardo che si è nascosto sotto la loro macchina!
A nanna, perchè l’indomani ci aspetta ancora un giro di Serengeti e la lunga strada fino al cratere di Ngorongoro che è su a  2200 metri e ci fa un freddo cane, naturalmente Mario e Pippo non sono attrezzati e sento che mi sto ammalando anch’io, ma mi guardo bene dal dirlo ad Attilio!

Continua…

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Karibu Tanzania! Part 3

26 agosto 2010

(Segue da Part 2)

E’ il terzo giorno, o almeno credo,perchè non siamo più padroni del nostro tempo in quanto è tutto (fortunatamente) deciso da San Fadhili con una precisione da organizzatore di sfilate di Lagerfeld!: sa esattamente quando potremmo aver bisogno di andare in bagno, quando e se  abbiamo fame,caldo, freddo e  ogni tanto ci interroga su quello che ci ha spiegato i giorni prima e noi due dietro a darci di gomito: “come cazzo si chiamava quell’uccello col becco rosso che mangia solo sterco?” “Ma che ne so digli Martinpescatore!” “Sbagliato!” tuona Fadhili e ci fa una nota sul registro.
Per evitare il casino che si crea ai parchi nell’ora di punta che diventano davvero come il G.R.A,Fadhili  preferisce di gran lunga le alzate mattutine e ci dà appuntamento alle 6 .
Il Masai di turno ci viene a svegliare alle 5  nonostante non glielo avessimo chiesto (la fama di Mario e Pippo è arrivata anche qui!) è buio pesto, la luce non è ancora tornata, ma tanto ho una pila con cui illumino facilmente la grotta Azzurra.
Durante la notte nella tenda abbiamo sentito di tutto,ululati, guaiti, abbaii, ma nessun verso riconducibile a un qualche animale nostrano che so io un cane, un gatto, un galletto, nella migliore delle ipotesi erano iene,bufali o sciacalli, comunque niente che avresti voluto incontrare andando in bagno!
il vento forte faceva tentennare e strusciare la chiusura lampo della tenda per terra ed ero straconvinta che fossero entrati almeno 3 serpenti che mi sarei trovati arrotolati sulla pancia, a conciliare  il sonno invece,veloci  zampette correvano impazzite sul tetto della tenda, e qualcosa mi diceva che non fossero piccioni.
L’ho scoperto l’indomani:p1070958 Gechi impertinenti da 6 etti l’uno che correvano tutta la notte come pazzi in cerca di insetti.
Usciamo ed è notte fonda, ci siamo messi addosso tutto quello che avevamo, ma quando fai una valigia a 39 gradi, è difficile organizzarsi per il freddo: ti sembra impossibile e continui a ripeterti, vabbè mi basta il pile…
3 magliette, un golfino, un pile, una giacca a vento e un cappello dopo, stavamo ancora battendo i denti, in piedi sulla jeep armati di binocolo prima ancora dell’alba.
I primi ad entrare al Lake Makyara Park, solo noi 3 e la natura,una sensazione pazzesca!p1070961
E quell’aria frizzantina, profumata di fiori di mango bianco e acacie, avresti voluto prenderne un campione da portarti a casa e da aprire in coda sulla Prenestina!
Sembravamo due bambini in pasticceria.
p1070876Ecco che cominciamo a vedere i primi babbuini (le femmine in calore hanno un culo così rosso che avrei voluto lanciargli un tubo di pasta di Fissan!).
Sono strafottenti e stra-abituati ai turisti,come tutti gli animali del resto (cosa che spesso mi faceva ricordare Madagascar dove il leone faceva lo show per i turisti allo Zoo di New York) e ti camminano davanti in tutta calma.
Gli elefanti che preferirei non andare a disturbare troppo da vicino, hai visto mai che uno s’incazza, ma Fadhili sembra conoscerli per nome e spegne la macchina proprio lì davanti alla mamma e al piccolino. Lui,al contrario di noi  sa leggere il “Body language” del pachiderma e ci insegna che,se muove le orecchie dolcemente, è per attivare un sistema di refrigerio grazie alle  vene  che riportano il sangue fresco giù lungo il corpo e che comunicano con le vibrazioni prodotte da colpi di zampa, ma anche facendole ondeggiare avanti e indietro. Ci spiega come distinguere un maschio da una femmina (dalla testa!) e che per sopravvivere devono mangiare un paio di quintali di erba al giorno annaffiati da altrettanta acqua.p1070971
Eravamo incantati da tanta bellezza, ti chiedi come si possa essere così stronzi da chiuderli nello zoo e torturarli per staccargli le zanne e il mio pensiero è corso alle 2 povere elefantesse prigioniere del Bioparco di Roma da quasi 40 anni…
E poi le giraffe, le mie preferite insieme ai facoceri!
Scomode scomode con quei corpaccioni dinoccolati a metà fra un cammello scemo e un cavallo rinco!
Con le ciglia lunghe per non pungersi con le spine delle acacie e quel collo inutile che le costringe a posizioni yoga tipo questa per bere, ma soprattutto devono farlo in fretta per p1070990non avere capogiri col sangue che va troppo in fretta alla testa! La natura spesso è cinica!
Pare comunque che la giraffa sia difficile da cacciare perchè è scomoda da addentare e scalcia parecchio, le statistiche parlano di sole 4 giraffe mangiate  l’anno, poi però ho visto questap1070873…magari era la terza!
Il Lake Manyara è decisamente unico, è pieno di verde, ma anche “savanoso”, il lago di origini vulcaniche permette la crescita di una vegetazione ricchissima e varia ed è una specie di polmone d’ossigeno a 2 passi dalla città. L’unica incognita è stata quella dei leoni: nei siti leggevo che “stavano sugli alberi come frutti maturi” in realtà abbiamo visto solo le impronte (altra cosa su cui Fadhili non ha mai smesso di interrogarci!). In effetti considerando che sono gli unici veri predatori,che gli frega di stare dove ci sono decine di macchine che girano per fotografarli? Se ne stanno giustamente imboscati fino a chiusura.
Ma di leoni ne avremmo visti a sfare i giorni seguenti.
p1080026Intanto si era fatta ora di pranzo al sacco e ci siamo fermati a fare pic nic a 2 passi dal lago anche se avevo la sensazione che non fosse un posto di quelli autorizzati, ma Fadhili ci ha detto di non preoccuparci perchè le giraffe ci avrebbero avvertito (che culo!). Non ho mai smesso di guardarmi le spalle!p1080015
Dopo pranzo continuiamo a girare, ma percepisco che Fadhili non è soddisfatto perchè non avvista leoni, allora si arrampica con lamacchina per una salita sterrata di pendenza 98% dove  ci appendiamo al tettino per non volare fuori e si produce nell’ imitazione del leone che fa scappare tutte le gazzelle presenti, segno che qualcosa di sensato deve pur aver detto!
Al che mi domando che,se per caso ha detto qualche cazzata, ci troviamo il leone seduto sulla macchina a chiederci: “A chi è che avresti dato del cornuto?”
Nel primo pomeriggio torniamo di nuovo al Lake Manyara lodge, non avendo molto da fare ci propongono una passeggiata col Masai. Ci guardiamo un attimo interdetti, dato che lì intorno non c’è assolutamente nulla, ma ci rassicurano che sarà una bella esperienza visitare “the fisherman hut” e il “Masai boma” cioè il villaggio.
Ci dicono che ci costerà qualcosina, ma meno di quello che chiedono di solito, ci accordiamo per 30.000 scellini che sono più o meno 25 dollari.
Che di per sè sono già una follia, ma tant’è.
Il Masai si chiama Kimani, potrebbe avere fra i 18 e i 60 anni,è lo stesso che fa le ronde di notte e con cui la sera prima avevo parlato almeno per 10 minuti mentre mi scortava alla tenda,e dal fatto che ridesse alle mie battute mi ero convinta che parlasse perfettamente inglese, invece ho capito dopo che era una specie di  mimo che rideva quando ridevo io e faceva spesso sì con la testa al momento giusto.
Lo scopro  quando il direttore ci dice: “lui non parla inglese, vi mostrerà le cose indicandovele, ma non preoccupatevi perchè vi riporterà a casa..”
Questo è quello che tutti vorrebero sentirsi dire prima di partire per una camminata nel nulla con un sordomuto.
Mario e Pippo in viaggio col Masai.
p1080051Ci guarda e ci fa segno di “andiamo” e parte in cavalleria camminando a 20 all’ora vestito con la classica coperta scozzese,le scarpe fatte col copertone delle ruote l’ inutile lancia nella destra e il telefonino nella sinistra.
Siamo totalmente nelle sue mani.p1080053
Non abbiamo capito dove cazzo stiamo andando, e sono le 4 e 30 quindi il caldo è totale, arranchiamo camminando nell’erba gialla e secca, la terra sotto le scarpe  scricchiola come marzapane grazie al mix di sale e guano.
Il puzzo di pesce marcio e cacca di fenicotteri è stomachevole,ma  lui punta ostinato (parlando al cellulare) in una direzione dove non c’è assolutamente niente e ogni volta che gli indico il vuoto e dico: “Village?” mi fa sì con la testa.
Dopo UN’ORA E MEZZA di cammino capisco che mi sta prendendo per il culo!p1080049
Non arriveremo da nessuna parte e moriremo lì.
Finchè intravediamo 4 pali e un tetto ondulato.
“Village?”
Fa di nuovo sì con la testa.
p1080055Gli sorrido e cerco di comunicargli telepaticamente: “sai dove te la caccerei la lancia ora?”
Ci avviciniamo per scoprire che la baracca è la famosa “fisherman hut” dove 3 disgraziati passano la giornata a pescare con due piroghe intagliate alla bell’e meglio.
Non riesco a capire che si dicono e per un attimo penso che ci faranno fuori e,tanto, nessuno lo saprà, nemmeno la Farnesina.
Guardo il polso di Attilio e noto che si è rimesso il Rolex.
Vorrei ammazzarlo.
Flashback un giorno prima della partenza:
F: Atti,andiamo in Africa, non puoi portarti il Rolex
A: E’ un regalo di mio padre sai che non me lo tolgo mai!
F: Okay quando per i prossimi anni ti guarderai il moncherino per sapere che ore sono non dire che non ti avevo avvertito!

Immagino per un attimo il peggio, salvo poi accorgermi che i pescatori sono molto fieri di mostrarci una cassa di pesce morto in una bacinella.
Ci guardiamo interrogativi: dobbiamo comprarlo?
Kimani ci sorride e ci mostra le piroghe.
Ci guardiamo ancora più interrogativi: dobbiamo salirci?
In tutto questo ci spertichiamo in complimenti mimati per fugare l’ansia, con me che faccio il gesto di pescare e Attilio che tocca la piroga come un esperto ebanista!
Capiamo dopo 5 minuti che è tutto lì e che possiamo tornare a casa.
Non ci posso credere un’altra ora e mezzo di marcia per aver visto 2 piroghe.
La prendiamo a ridere e per far passare il tempo faccio un altro pò di gioco dei mimi con Kimani che non capisce una gran mazza, ma sorride sempre.
Finalmente in lontananza intravediamo il nostro lodge.
La salvezza è vicina, ma invece di riprendere il vialetto, lui ci fa segno di seguirlo dicendo “Boma” e indicando una capanna.
Come boma? Il villaggio Masai era a un metro e mezzo da qui e tu mi hai fatto camminare per 3 ore nel nulla a vedere due pesci marci per farti dare la mancia?
“A fijo de na mignotta” gli ho detto in perfetto Swahili.
Ed eccoci al villaggio: 3 capanne di sterco di mucca e un recinto e fin qui niente di che.
Kimani picchia due volte sul petto e dice con grande orgoglio : “This is  real Masai, not tourist!” ad indicare  che loro sono veri Masai e non fanno ipagliacci come quelli che  fanno la danza e le foto, non ti vendono 100 dollari di collanine e ti chiedono solo 24 dollari per il disturbo.
Ah l’ onesta!
Ci accolgono 5 o 6 bambini fra i 4 e i 10 anni che portano nel  marsupio altri bambini piccolissimi coperti di mosche.
Un paio di ragazze, un giovane con le treccioline rosse e alcuni monili, ma non vediamo nemeno un uomo.
L’anziana ci accoglie sorridente (almeno con quello che le resta dei denti) e le lunghe orecchie sformate dal peso degli orecchini, nessuno parla una parola di inglese, i bimbi ti appoggiano la testolina in grembo e se la fanno carezzare come i gatti.
Kimani ci mostra il recinto per le mucche e  la porta fatta con un cespuglio che apre e chiude più volte nel caso non ci fosse chiaro.
Noi continuiamo ad annuire e sorridere.
Finalmente ci mostrano la capanna: non si vede un cazzo, sono quasi le 7 e il sole sta tramontando, entriamo tutti e 15 in 2 metri quadrati di capanna buia.
I Masai sono fierissimi di mostrarci la loro casa e noi non possiamo far altro che esultare in un coro di “oooh” e “beautiful” di approvazione.
Attilio si ricorda di avere una pila in tasca e l’accende.
Viene salutato come il Dio del fuoco, io personalmente avrei preferito continuare a immaginarla.
La vecchia è seduta in quello che sembra un letto: una pelle di bue tesa con 2 corde, ce n’è un altro a sinistra e immagino che ci dormano almeno in 6. Per terra c’è il resto di un focolare e nell’angolo,Kimani, mi mostra con grande orgoglio il mobile della colazione: un paio di mensole ricavate in un angolo con 3 tazze di alluminio luride.
Per farci sentire ancora più a nostro agio ci offrono le mini sedie Masai e ci accomodiamo come vecchi amici lì per terra nel buio,con tutti i bambini che ci guardano curiosi, ma appena cerchi di fragli una carezza corrono a nascondersi.
Capisco Angelina Jolie, sono così belli che te li porteresti tutti via da quel porcile!
Loro sorridono con un misto di gratitudine e rassegnazione, dopo 5 minuti decidiamo che ci siamo detti tutto e usciamo.
E’ il momento delle foto in cui però loro non vogliono comparire.
La vecchia si sfila la lunga collana e me la mette al collo, non sono in vena di foto, ma ci tocca (è la foto più brutta cha abiamo fatto e nemmeno la pubblico) sorridiamo e ridiamo ancora e poi segue una specie di silenzio imbarazzato in cui mi chiedo se non sia arrivato il momento dell’obolo e se devo consegnarlo alla vecchia.
In qual caso,magari, mi facesse una ricevuta che la scarico dal 740.
Non mi resta che tentare e chiedere lumi al nostro accompagnatore sempre mimando: “Money …to you?”  lascio galleggiare in aria un istante  e lui fulmineo  mi risponde in perfetto inglese: “Yes money to me and me money to them”
Allora quando vuoi capisci a ri brutto fijo de na mignotta!
Finalmente torniamo verso casa, gli sgancio i 25 dollari, salutiamo, ringraziamo e ci rimane una sensazione sgradevole addosso.
Ma come si può vivere così? Quei bambini non hanno acqua, non hanno corrente elettrica,non hanno istruzione e bevono latte e sangue, pascolano in lungo e in largo queste bestie sfinite, ma sono pieni di soldi a forza di racimolare mance dai turisti ogni giorno, e ricomprarsi altre bestie e se uno stipendio per un locale si aggira intorno ai famigerati 100 dollari, e ogni turista te ne lascia 20 al  giorno solo come mancia è facile fare i conti.
Una specie di accattonaggio autorizzato che non aiuta un paese  comunque ricchissimo di risorse ad emergere.
Ma la giornata di Mario e Pippo non era ancora finita e ci andiamo a sedere nel divano del lodge per sorseggiare una meritata birra.
p1080064A differenza della sera prima,manca una cosa fondamentale: il silenzio.p1080061
E’ arrivato un gruppo di italiani e tutti hanno intenzione di far sentire la propria voce. Fino alla sera prima avevamo bisbigliato, adesso dobbiamo usare il megafono.
La cena è dalle 7.30 alle 8.00 per cui non c’è neanche da aspettare il secondo turno e ci rassegnamo a metterci in coda all’assalto del buffet (”però era meglio di là, a me questo non mi piace, ma quanto ne prendi…).
Subito intuiamo che il gruppo non si conosce e mai si incontrerà dopo questa esperienza, sono quasi tutte coppie tranne  un paio di maschi single che cercano di marcare il territorio, ma sono già sconfitti in partenza da due mancati Fiorello che intrattengono gli altri a suon di freddure tratte da “la pagina della sfinge” in stile: “di che colore era il cavallo bianco di napoleone e pesa di più un chilo di piombo o un chilo di piume?”
E per tirare ancora più su il livello della conversazione, perchè non parlare di Lele Mora? Corona? E la Canalis?
Vieni in Tanzania  e ti porti dietro Lele Mora?
Ma perchè viaggiate? Perchè non rimanete a Rimini? Tanto che vi cambia?
Ma non è finita qui,uno degli animatori, l’anzianotto che oltre alle barzellette creava anche giochi interattivi con l’utilizzo di origami raffiguranti messicani che cagano, al momento di comunicare al buon Sam (l’impeccabile cameriere) a che ora avrebbero preso la colazione l’indomani, si è sentito in dovere di spartire una fondamentale informazione con i suoi compagni di viaggio e i malaugurati vicini di tavolo.
“At 7.oo but my wife at 7.30 because she has a little problem of pupù!”
Siamo rimasti ghiacciati.
Fosse successo a me avrei chiamato all’istante la Bernardini De Pace e le avrei detto solo: “lascialo in mutande!”
La signora ha fatto un mezzo sorriso che sottintendeva “questa me la paghi brutto stronzo” e la mattina dopo ho incrociato il suo sguardo mentre usciva dalla capanna alle 7.30.
L’ho guardata come dire “Signora non si preoccupi, è toccato a tutti” essere stitica e stare con un idiota.
Al tavolo della colazione  l’anzianotto non era presente (forse la moglie l’aveva fatto fuori) e abbiamo sentito che tutti ne parlavano male vigliaccamente.
Attilio ha di nuovo sottolineato il fatto che avremmo potuto essere con loro e di nuovo mi sono stretta nelle spalle.
Ma la mattina il livello della conversazione era davvero alto e la saccentona del gruppo, fra un uovo e una salsiccia, ha esordito con piglio degno della Santanchè : “Ma vi rendete conto che lo stato del New Jersey in 2 secoli ha sfornato due dei più grandi geni esistenti? Bruce Springsteen e Philip Roth?”
Attilio ha sputato il caffè.
A parte il fatto che anche Frank Sinatra è nato nel New Jersey (e anche  Snooki di Jersey Shore e Buddy Valastro de il Boss delle torte!), ma se uno degli stati più civili ed economicamente avanzati al mondo sforna 2 artisti in 200 anni, forse qualche domanda se la deve fare! Avrei capito fossero nati nel Burkina Faso, quello sarebbe stato un record!
L’adorabile secchiona ,ha continuato a pontificare in un silenzio autoprodotto fino a scontrarsi contro  un ingenuo “ma Roth chi? L’attore?”
E su quello di nuovo Attilio ha guardato me,poi loro poi di nuovo me e ha detto “ricordati”.
Ed ecco Fadhili a prenderci per portarci al primo giro nel  Serengeti Park (grande quanto l’Olanda) per vedere finalmente i leoni.
Anche se di bestie ormai per quella mattina ne avevamogià viste abbastanza…

Continua…

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Karibu Tanzania! Part 2

25 agosto 2010

p1070763

(…Segue da Part 1)

La mattina ci svegliamo per il nostro primo assaggio di Safari all’Arusha National Park che di fatto è piccolino, ma è l’unico dove ti puoi fare un giro a piedi senza essere sbranato da qualcosa con una marea di denti ( e comunque insieme alla guardia armata!).
Fa un freddo cane, tira vento ed è nuvolo, la nostra idea di Africa era leggermente diversa, ma tanto non dobbiamo andare al mare per cui ci infiliamo la prima “mise” da avvistamento, con tutte le possibili gradazioni di bianco, beige, kaki, verde muschio,evitando accuratamente il nero e il blu scuro che attirano le famigerate e fottute mosche tzè tzè.
Nella sala della colazione una tavolata di 15 italiani pronti per andare in campeggio che si lamentano a voce altissima di uno di loro che russa in maniera evidentemente scandalosa (Hai voluto la bicicletta? Mò pedala!).
Finita la colazione a base di cocomero, mini banane, marmellata di miele da quanto era dolce e uova e pancetta per il buon Attilio (che farà di questa la sua dieta personale da ora in poi), usciamo ad aspettare la nostra super guida.
Solo che davanti all’albergo,che si trova in una minuscola strada interna, c’è un tale casino di bagagli,gente  e Land Rover incastrate che nessuno ci si fila per una buona mezzora tanto sono tutti indaffarati a gestire il gruppo di italiani che vogliono andare in 4 posti diversi contemporaneamente!
Inutile dire che i presentimenti sono stati i più disparati: “Ecco lo sapevo, ha di nuovo bucato”, “al posto dell’agenzia c’è un negozio di biciclette” “Ci mandano l’ipovedente!”
Ma ecco che un signore distinto con l’aria del predicatore chiede a voce alta di “Mr Bosco”.
Sorvolo sulla faccia di Attilio,ormai arreso, e timidamente alzo una mano: “Yes it’s….me!”
“Vi stavamo cercando,ma credevamo che fosse un uomo!”
“Eh sì….lo credono in molti..”
Era il padre di Arsenio Hall, che avevamo incontrato il giorno prima in agenzia, nonchè il proprietario, e che veniva ad assicurarsi che tutto andasse bene e a presentarci colui che ci avrebbe accompagnato come un padre premuroso per tutto il viaggio.
Fadhili,la migliore guida che potessimo avere, anche se in quel momento ancora non lo sapevamo e dire che eravamo diffidenti e scettici è dire poco.
Saliamo per la prima volta su questo Land Rover color sabbia che diventerà la nostra seconda casa, (perchè una volta salito non scendi manco per fare la pipì), direzione Arusha Park.p1070781
La vegetazione  molto mediterranea dava l’idea di  essere  a San Polo in Chianti, ma con i p1070811babbuini e le giraffe dietro le frasche al posto dei cinghiali.
Una marea di zebre e gnù,bufali, impala, facoceri e uccelli dai colori pazzeschi,  un continuo riempirsi gli occhi e il cuore di meraviglia e di stupore,ed era solo l’inizio.
La prima lezione impartitaci da Fadhili è stata : “indovina di chi è quella la cacca” cosa che mi tornerà utilissima in Piazza del Popolo.
Sono in grado di distinguere cacca di giraffa maschio da giraffa femmina, dik dik, zebra e (ma questa è facile) elefante!
Da non sottovalutare poi il potere curativo di una cacca; se per esempio avete un pò di rinite, o di raffreddore,prendete dello sterco di elefante secco, lo bruciate e ci fate i suffumigi, dopo starete un fiore (perchè una merda già ci state!).
Se ne avessi un pò con me sono sicura che mi passerebbe l’asma, vedrò se fare un salto al Bio parco!
Dopo un bel giro in macchina e sosta per il pranzo al sacco (che si rivelerà sempre clamorosamente uguale: panino, uovo, banana e pollo, e capirete facilmente quale sia stata la mia dieta per tutta la settimana!) Fadhili ci lascia nelle mani di un ranger armato di 16 anni che ci porta a piedi per il parco.p1070802
Da lì si vedono le pendici del Monte Meru,dove gli amanti della montagna si fanno il Trekking e i portatori si fanno il culo per portargli i viveri a 1000 metri (fino a 30 chili sulla testa) per 10 dollari al giorno sia uomini che donne!
Facile poi dire “ho fatto il trekking!”
Ritorno nel primo pomeriggio verso Arusha dove avremmo dormito ancora al nostro Hotel preferito per poi partire l’indomani per il primo assaggio di vero Safari al Tarangire Park.
Fadhili ci riporta all’hotel e ci fa qualche raccomandazione generica sulla città (che il suo collega che ci aveva prelevato all’aeroporto si era ben guardato di darci nonostante glielo avessi chiesto): “Dopo il tramonto non camminate troppo per strada, prendetevi un taxi,vi costa due dollari,non correte rischi inutili!”p1070836
Ah però! Ma se sulla Lonely Planet Arusha è descritta come una succursale di Acapulco tutta bar e ristorantini!
Mi sembrava in effetti che fosse leggermente diversa…p1080683
Ma Mario e Pippo sprezzanti del pericolo, si fanno consigliare un baretto dove poter bere la prima birra ufficiale della vacanza: la Kilimanjaro, e Fadhili ce ne segnala uno a 200 metri dall’albergo, non senza ripeterci di prendere un taxi dopo le 7.
Non capisco il perchè di tutta quell’apprensione, gli sembriamo forse due turisti sprovveduti??
Ma siccome erano solo le 6 ci concediamo il lusso di fare due passi che risultano l’equivalente di una passeggiatina sulla Salerno - Reggio Calabria il 28 Agosto.
Mi faccio quasi investire sul marciapiede (perchè ancora ignoravo tale usanza!) e tutti cercano di venderci qualcosa.
Faccio ad Attilio: “Ma sembriamo proprio così turisti,scusa? In fondo abbiamo un jeans e una maglietta come tutti!”
“Ehm tesoro…siamo anche gli unici bianchi…”
Dopo 10 minuti di camminata, Attilio prende ad attraversare la strada in modo che io definisco: a cazzo di cane.
Su e giù senza avvertitmi e non capisco se è per mettermi alla prova sulla guida a sinistra, o se è un effetto collaterale del Malarone,ma alla terza sbotto “Ma mi spieghi che stai facendo?”.
“Niente, sto seminando uno che ci segue da un pezzo!”
Mi giro e vedo uno che palesemente ci sta seguendo a una distanza di 10 metri e che rimane come un idiota colto sul fatto a metà strada e,a quel punto, torna indietro.
“Cazzo Atti che occhio! E’ la tua infanzia nei sobborghi del Bronx?”
“Di solito non agiscono mai soli, ci sarà un palo da qualche parte, forse è meglio non andare al Bancomat!”
Vedi cosa vuol dire avere Sky?
L’esperienza ci ha comunque rafforzati e con rinnovato piglio avventuroso siamo andati comunque a prenderci la meritata birretta in uno di quei baretti locali troppo carini,contravvenendo immediatamente a tutte le regole igieniche del sito “la vendetta di Montezuma!”.
“Quasi quasi mi faccio un hamburger con maionese!” fa Atti.
“Uh io invece mi prendo un’insalata con l’avocado!”
Tutta roba che gridava Helicobacter pylori ma  non credo che fosse peggio della metropolitana di Roma!
Fatto sta che non abbiamo avuto nessunissimo problema, così come non abbiamo mai neanche visto una zanzara a pagarla.
Sicuramente è un paese in cui muoversi con cautela, ma mai come  in Congo o in Mozambico (ad alto rischio in tutti i sensi), ma per quello che abbiamo visto di quella zona della Tanzania, c’è comunque molto turismo e gli standard sono anche eccessivamente elevati,considerando appunto il dislivello fra uno stipendio africano e quello che ti fanno pagare anche solo per le mance.
Ma di questo parleremo dopo.
L’indomani mattina il buon Fadhili viene a prenderci per cominciare il vero e proprio Safari, p1070858in pratica, dalla verde Arusha in Chianti, si parte definitivamente per la savana, carichi di 52 litri d’acqua per combattere il caldo infernale.
Senza sapere ancora quanta polvere avremmo mangiato e quanto le nostre ossa si sarebbero maciullate in Land Rover!
p1070856Prima destinazione Tarangire Park un “taste of  Safari” di tutto rispetto, una miriade di elefanti,
zebre, e giraffe a due metri dalla macchina, un caldo inimmaginabile, e noi con la testa che sbuca dal tetto a fotografare tutto quello che si muove con la nostra macchina scrausa, mentre da tutte le altre macchine spuntano cannoni degni di un paparazzo!
Per questo mi scuso per la scarsa qualità delle foto, ma conoscendoci, non avremmo letto le istruzioni comunque e avremmo usato la modalità for dummies!
p1070875Alla fine l’importante è quello che si prova p1070870
nel cuore.
E la sensazione è quasi estatica.
Ti senti parte di una natura potente ed incontaminata in cui non conta altro che la bellezza della vita, dove non c’è una quotidianità fatta di cose inutili e idiote, ma un tempo lento e prezioso da assaporare e da cui farsi assorbire completamente.
Dopo il primo giorno tutti i tuoi sensi tornano sensibili come se ricordassero qualcosa di ancestrale.
La vista si affina, l’odorato si fa più preciso e l’udito più attento, torni alla natura da cui provieni e non pensi più a come dovresti vestirti o cosa dovresti dire di intelligente per essere accettato.
Se puzzi di sudore pazienza, se hai i capelli come stoppa chi se ne frega, sei lì, un esemplare come tanti altri,  meno dotato di altri alla sopravvivenza.
E ringrazia che sei su un Land Rover da 6 tonnellate!!
Il mitico Fadhili ci spiega qualunque cosa come se fosse la prima volta,ha 50 anni e sono 25 anni che fa questo mestiere, il che vuol dire scarrozzare per 10 giorni degli sconosciuti, dormire in una camerata con altri autisti, alzarsi all’alba, guidare un trattore per 400 chilometri al giorno, fingersi sorpreso dell’ennesimo avvistamento, e chiamare a casa quanto più possibile per sapere come sta il bimbo di 20 giorni.
Un inglese impeccabile, una notevole predisposizione all’imitazione del leone (che ci ha fatto cagare sotto un paio di volte) grande senso dell’umorismo e infinita pazienza.
Se mai andrete in viaggio in Tanzania, ditemelo che vi metto in contatto.
Strada facendo incontriamo numerosissimi Masaip1070847, essendo nella loro terra.
Qui ne vedete uno che si esprime nel gesto internazionale di: “caccia i soldi se vuoi fare la foto mentre prendo l’autobus”.
All’inizio ne ero estremamente attratta, mi piaceva la loro fierezza e il loro attaccamento alla terra, salvo poi rendermi conto che la globalizazzione ne ha fatto in parte l’equivalente dei nostri zingari.
Il governo costruisce loro scuole che loro non fanno frequentare ai bambini per paura che smettano di allevare le vacche che è il loro unico interesse.
Pare che ben 2 presidenti della Tanzania siano di origine Masai, a conferma del loro karisma e della loro capacità di leadership, ma di fatto non fai che vedere bambini di 3 anni che pascolano capre derelitte  e che ti salutano dal ciglio della strada sperando che tu gli faccia l’elemosina,quando poi per visitare un loro villaggio ti chiedono fra i 50 e gli 80 dollari che reinvestono in altre mucche!
Non hanno acqua non hanno la corrente, si fabbricano scarpe col copertone di macchina,ma hanno tutti almeno un cellulare.
Ma ne parleremo diffusamente nella prossima puntata di Mario e Pippo e il Masai!
La sera Fadhili ci accompagna al Wild Africa Manyara lodge di Losirwa che, per trovarlo, hanno dovuto sparare i razzi di segnalazione!
Non mi stupirei se Bin Laden si nascondesse lì.
Dalla strada siamo entrati nello sterrato di buche,polvere e cespugli di acacia spinosi e secchi, dove la strada era così tremenda che le sbarre del tettuccio si sono dissaldate!
Noi ci sentivamo sulla Power Plate!
Ma al nostro arrivo ci si è aperto il più delizioso e piccolo angolo di paradiso.
Un lodge di 15 tende col tetto di legno immerse nel verde davanti al Lago Manyara p1070951
p1070953dove assaporare il vero contatto con la natura senza per forza stare in campeggio!
La prima notte  non abbiamo chiuso occhio da quanti animali abbiamo sentito ululare!
Eravamo pochissimi ospiti e ciò ha fatto sì che la prima sera fosse davvero speciale, ci hanno trattati come principi (anche in funzione dell’enorme scatola con scritto Tip Box che ci hanno subito invitato a prendere in consideraizone!) , portandoci stuzzichini a go go e viziandoci in ogni modo!
Certo è che quando hai un servizio impeccabile di personale squisito che ,come posi un bicchiere te lo porta via, e ti fanno una zuppa vegetariana apposta, beh ..la mancia gliela lasci più che volentieri.p1080046
Nei lodge la luce viene tolta presto,di solito prima di mezzanotte, ci hanno dato una pila con un fischietto in caso di emergenza (non so se con un leone o cosa) e sinceramente non c’era cosa migliore che godersi quel silenzio totale letteralmente invasi da una pace interiore quasi soprannaturale nel mezzo del nulla.
Consapevoli anche di doversi alzare l’indomani alle 5 per il safari all’alba.
Niente televisione, nè cellulare, nè giornali,nè orologio sono stati il più grande regalo  che potessimo fare alla nostra anima.
p1070947Avevamo solo avvertito la Farnesina tanto per essere corretti,ma per il resto nemmeno i nostri parenti avevano capito esattamente dove andavamo (”D’annate? In Africa? E a fare che?”).
E riassaporare il silenzio vero,  senza distrazioni e stimoli esterni è quasi un’esperienza mistica, il tuo cervello fa riaffiorare continuamente ricordi pregressi, il tuo intuito e le sensazioni si affinano, le ram si liberano dai file temporanei inutili e dai cookies.
Quello che resta è puro ed essenziale, sei tu e le tue emozioni.
Ed è l’unico bagaglio di cui hai davvero bisogno in questo viaggio chiamato vita.

Continua…

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Karibu Tanzania! Part 1

24 agosto 2010

5 lavatrici e 7 aerosol dopo l’infinito viaggio di ritorno, (con una sosta di 6 ore e mezzo nell’aeroporto di Addis Abeba in preda ad un attacco di asma da overdose di Autan!) ho quasi ripreso le sembianze di un essere umano.
Eravamo talmente luridi che speravamo ci perdessero le valige per evitare di lavare tutto.
Ricostruire l’intero viaggio mi sembra un impresa apocalittica perchè,giuro, ho la testa così piena di ricordi e avvenimenti che mi sembra di essere partita 2 mesi fa!
Sorvolerò sulla pianificazione del viaggio che non è stata una passeggiata: quando non conosci una cosa e sei obbligato ad affidarti un pò alla cieca alle proposte di questo e di quell’altro, alla fine non ti resta che affidarti all’istinto e sperare di non essere inchiappettato di brutto, ma in questo noi italiani (professionisti della pecorella!)   abbiamo sviluppato,nel corso dell’evoluzione,un sesto senso che ci fa individuare con trascurabile margine d’errore, qualunque possibile  “gioco delle 3 carte” quando ne annusiamo uno.
Andare in Africa ci sembrava davvero un’impresa da pionieri e ci spaventavano non poco i commenti in giro per il web, anche solo circa le vaccinazioni consigliate: epatite A e B, colera, antitetanica, febbre gialla, tifo, paratifo e profilassi antimalarica!
Leggetevi questo sito e ditemi se non vi viene un filino d’ansia!
Per cui,ogni tanto, ci guardavamo interrogativi cercando di scorgere nell’occhio dell’altro un briciolo di conforto e di sostegno mentre tutti e due,senza dircelo, continuavamo a pensare: “Cazzo! Proprio adesso che cominciavamo a padroneggiare le Cicladi!”.
Tutte le offerte erano assurdamente care, la media a persona si aggirava intorno ai 4000 euro senza il volo, alcune anche 7000 (quelle con i lodge da mille e una notte e lo schiavo personale!).
Allora mi sono ricordata della sezione “fai da te” di Avventure nel mondo dove avevo a lungo sostato, (solleticata dall’assurda  idea di partire in gruppo!) e  che ti offriva un itinerario più spartano, ma decisamente competitivo per partenze individuali.
Così accettiamo e paghiamo sull’unghia un safari di 8 giorni nei parchi del Nord della Tanzania, senza saperne una gran mazza, (avremmo scoperto poi che tutti i tour sono standard e che prenotando sul posto avremmo risparmiato moltissimo, ma questo fa appunto parte dell’esperienza, col cavolo che avrei prenotato a caso dall’Italia!).
Il 12 Agosto sera,io a Attilio ci sediamo in salotto e ci guardiamo intorno: casa perfettamente pulita,inventario fatto,bagagli ridotti al minimo,testamento (mio) sul tavolo, zainetto d’emergenza , e cellulare che ci ha prestato Ilaria con la scheda di Attilio che non conteneva nemmeno un numero.
Ci siamo. Ci apriamo una birretta, buttiamo giù la prima compressa di Malarone  e brindiamo all’incognita della nostra avventura col motto: o bene bene, o male male!
Se la guida, come aveva predetto sospirando Attilio, era veramente ipovedente (in conseguenza di una mia risposta un pò acidina alla signora dell’agenzia che non mi rispondeva in maniera esauriente : “se dovessi andare in campeggio all’Elba mi farei bastare le sue informazioni date col contagocce”!) eravamo nella merda più nera.
Una volta lì,vivi giorno e notte con la tua guida che si occupa di te come tu fossi un incapace, ti ordina il cestino del pranzo,ti prende il ghiaccio per la borsa frigo, guida ininterrottamente per centinaia di chilometri su strade impossibili coperte di polvere, avvista gli animali a 100 chilometri che ha già visto un miliardo di volte!
Ma se ti capita uno che non è motivato, sei fritto!
Avrete notato che a questo punto del post non siamo ancora arrivati a Fiumicino, ho la sensazione che sarà una cosa molto lunga, se intanto volete andare a prendervi un caffè e mettervi comodi…
Arriviamo in aeroporto con 3 ore d’anticipo convinti di dover aspettare l’apertura del check in, invece c’era già una fila peggio dei pellegrini che aspettano di entrare in terra santa!
Subito individuiamo i gruppi di cui abbiamo rischiato di far parte (cosa che Attilio non ha mancato di sottolineare ogni volta): gente furba che urla, salta le file e che si veste come Paris Hilton in trasferta per Dubai.
Adesso capisco e ringrazio chi mi diceva di non partire mai in gruppo: passati i 15 anni e la vacanza studio a Londra, è totalmente contro natura sperare di andare d’accordo con altre 10 persone che la pensano in maniera radicalmente opposta alla tua su ogni cosa, il cui  20% approfitta per mostrare le sue doti di  intrattenitore mancato e si contende con gli altri il titolo autoattribuito di maschio alfa alla guida del restante pecoreccio 80%.
Ma tornerò più tardi sui gruppi,mentre approfitto per ringraziare Stefania e il gruppo della Ethiopian Airline che ho scoperto essere mie lettrici dopo che ho chiesto il pasto vegetariano (”Ma Federica Bosco.. Federica Bosco?” “Sì, ma non la campionessa di danze standard e latino americane !”) e che mi hanno trattata come una regina!

Fiumicino

Fiumicino

Fra l’altro,un pasto superiore a un sacco di ristoranti vegetariani di mia conoscenza!
Il tratto Fiumicino- Addis Abeba scorre piuttosto indolore essendo fatto tutto di notte, ovviamente non chiudo occhio nonostante mascherina,tappi nelle orecchie e 3 birre, ho ascoltato Mika a loop, l’unica cosa che mi desse un pò di serenità, col risultato che mi si è impiantato il ritornello  “Baby I hate days like these!” nell’ipotalamo cosa che mi perseguita a tuttoggi.
Addis Abeba è l’Italia degli anni 50, ma con dei controlli antiterrorismo che noi ce li sogniamo: ti controllano 3 volte il passaporto, ti fanno togliere le scarpe, ti confiscano l’acqua, ti aprono il bagaglio, devi dichiare anche la micro Pasta del Capitano, insomma persone serie.
Purtroppo la coincidenza ha ritardato di 2 ore e mezzo ed è stato il colpo di grazia, e la nostra freschezza se n’è andata totalmente (o almeno per me che improvvisamente dimostravo 50 anni!).
p10707391Dopo un’ inutile sosta a Nairobi finalmente atterriamo al Kilimanjaro Airport di Arusha, p1070743final destination.
Ed eccoci sbarcare in terra d’Africa, cotti come fegatelli, in viaggio da così tante ore da dimenticarci quando eravamo partiti, da dove e perchè.
La prima cosa che ci colpisce ( e che mi avevano detto tutti) è l’aria.
C’è una brezza costante che è un mix di natura, acqua e  colore che è letteralmente dopante, e che insieme ai panorami che ti si aprono subito davanti ti fanno rapidamente capire il perchè del tanto famigerato “mal d’Africa” di cui tutti parlano.
Siamo tantissimi e tutti mediamente frastornati, anche i saccentoni dei suddetti gruppi perdono qualche colpo, nessuno ha voglia di sentirli raccontare di quella volta sul Machu Pichu e tutti ci mettiamo a compilare la rigidissima scheda di ingresso in Tanzania in cui dichiari formalmente che non sei lì a rubargli il lavoro!
“E cosa cazzo pensano che siamo venuti a fare? Okay ve lo confesso ho lavato i vetri alle jeep per una settimana arrestatemi!” sbotta  Attilio.
Superare i controlli è peggio che al JFK, sono solo 2 stanze,ma non sono lì a pettinar le bambole: prima passi da un omone con il camice bianco con scritto “Doctor” che vuole  vedere il libretto delle vaccinazioni internazionali (che mi ero scordata) poi passi all’ennesimo controllo passaporti dove consegni la dichiarazione della tua rinuncia ai lavori onesti, fornisci gli indirizzi di dove alloggerai (che in quel momento non hai a portata di mano e cominci a tirare fuori 1000 fogli inutili sotto lo sguardo scoglionato dell’agente di turno che, fondamentalmente se ne frega di dove alloggerai, purchè tu non gli rubi il lavoro e infine  ti fotografano l’iride.
Dopo quest’ ultima prova alla giochi senza frontiere e rintronati come mosche prese con la paletta entriamo nella sala del recupero bagagli dove constatiamo ,con emozione, che le nostre valige sono già lì (ricordatemi che al ritorno le abbiamo aspettate 1 ora e mazzo come tutte le volte!).
E nell’incredulità di una tale efficienza cominciamo a considerare l’idea di cercarci un lavoro lì.
Fuori dell’aeroporto un coro di “Jambo!” e “Karibu!” (”Tutto bene?” e “Benvenuti!”) che sarà il leit motiv della vacanza.
Un  marcantonio di 2 metri ci accoglie con un foglio A4 con scritto Bosco x 2.
Fingo di non leggere il disappunto sulla faccia di Attilio, ma del resto dopo aver scassato la minchia in maniera invereconda, non c’erano dubbi che avrebbero cercato di tenermi buona.
Ragà! Quando sborsi qualche migliaio d’euri alla cieca come minimo vuoi qualche garanzia…
Ci fa salire sulla Land Rover e ci dice che deve aspettare il gruppo di Avventure nel Mondo.
No! Qualunque cosa, ma loro no! Le pulisco la macchina, vuole? Poi ci ripensa e dice che tornerà più tardi!
Partiamo in direzione Arusha down town per sistemarci in albergo, il massimo della velocità sono 70 chilometri l’ora e a giudicare dal numero di gente a piedi, mucche, motociclette del dopo guerra, biciclette cariche di banane,donne con cestini sulla testa, e rallentatori uno dietro l’altro, capiamo che qui il traffico è qualcosa di veramente pericoloso, peggiorato dall’inutile guida britannica a sinistra.
E ci si apre il concetto di “Africa pole pole” : piano piano, fai con calma, che fretta c’è? Che al ristorante significa aspettare quasi 2 ore!
Passano 10 minuti e Attilio mi fa: “Ce l’hai tu lo zainetto?”
“Quale zainetto?” dico con una punta di indignazione -barra- coda di paglia mentre il mio cervello cerca febbrilmente di ricostruire l’ultima immagine in cui l’ho visto.
Lo cerca sotto i sedili, fra i bagagli, ma niente.
“Ce l’avevi tu!” sbotto incazzata, mentre mi rivedo davanti al controllo dei passaporti che tiro fuori i moduli per dargli quei cazzo di indirizzi.
Poi il buio.
“Ahem…sorry…I think we forgot something..”
“What?”
“Oh…a…bag..”
“A Bag?”
“Y..es…”
“C’era qualcosa di importante dentro?”
No,un cazzo! Solo 100 euro di Malarone che manco volevo prendere, per dirne una.
Il resto del contenuto  erano: un libro introvabile, due maglie, e il ventolin che mi ha salvato la vita, ma continuavo a minimizzare per non far sì che pensasse di aver a bordo due deficienti.
Cosa che ha certamente raccontato in Swahili un minuto dopo a tutti i suoi colleghi.
Torniamo indietro, varchiamo la porta proibita dell’uscita e a mani giunte prego un addetto di lasciarmi entrare a cercare la borsa che per fortuna era lì tranquilla come l’avevo lasciata: aperta.
Roba che a Londra ce l’avrebbero fatta brillare.
Attilio commenta: “Mario e Pippo Santonastaso in Africa”.p1080679
p1070838Riprendiamo il cammino fino alla città di Arusha che è un misto fra una baraccopoli e p1070833Mumbay,dove regna un immane casino di gente che si ammassa ovunque: venditori di banane e patate dolci,scarpe e samosa fritti, pulmini scassati stipati di persone, motociclisti incapaci, donne che sulla testa ci portano qualunque cosa, masai col cellulare, cani schiacciati di fresco, polvere, bambini che ti salutano, musulmani che pregano,donne elegantissime sul Suv e il p1070941tutto disseminato da baracche di  gestori telefonici che ti vendono schede ricaricabili  per la strada.
Da notare che non c’è un ospedale degno di questo nome, ma una specie di lazzaretto, in compenso accanto ci stanno costruendo  lo Sheraton.
Arriviamo in agenzia per pagare un giorno extra  e  il nostro corrispondente (che ricordava molto Arsenio Hall ne Il principe cerca moglie) si rivolge ad Attilio chiamandolo Mr. Bosco, la delusione gli si dipinge sul viso quando capisce che non c’è un Mr Bosco e che non solo non siamo sposati e viviamo nel peccato, ma che paghiamo ognuno per conto proprio.
Allora deve aver capito il senso  delle mail inviategli dall’Italia dall’agente di viaggio :”Occhio che questa ti rompe i coglioni!” e alla mia richiesta “posso avere la migliore guida disponibile?” ha risposto “Avrai la migliore!”
E su questa frase abbiamo pagato sull’unghia l’entrata al nostro primo parco per l’indomani e la notte all’Arusha Turist inn per 30 $ con 3 pasti compresi.
E in virtù del nostro concubinaggio ci hanno sempre dato camere con letti separati.
Scendiamo e vediamo ili nostro autista smadonnare perchè gli si era bucata la gomma del Land Rover.
Io e Atti ci guardiamo smarriti: prima lo zainetto, ora la gomma, questo come minimo pensa che gli portiamo sculo!!
Davanti a lui un gruppetto di operai fancazzisti lo guardavano sollevare il gippone di 6 tonnellate con un crick preistorico senza che nessuno si degnasse di aiutarlo, inutile dire che il nostro aiuto è stato rifiutato all’istante!
Cambiata la ruota siamo finalmente arrivati all’Arusha Tourist Inn dove il nostro impatto è stato bello tosto, fra la stanchezza, il freddo, e il cesso che non funzionava, ero lì lì per scoraggiarmi, ma in questi casi, non c’è niente di meglio di una birretta per rimetterti a posto da sorseggiare rimirando la vista incantevole p1070747del nostro albergo…
Beh per 30 $ è anche troppo avere la finestra!
Anzi ci siamo così affezionati che l’abbiamo chiesto anche per l’ultima notte
e loro ci hanno dato  la stessa camera sempre con il cesso rotto!
Dopo aver dormito come sassi imbevuti di fottuto Autan che se non ti fa pungere ti provoca altre 3000 beghe fra cui minimo minimo un cancro alla pelle, ci siamo addormentati al suono dei tamburi provenienti da chissà dove, avvolti sotto la zanzariera pregustando  il nostro primo assaggio di Safari all’Arusha Park….

Continua…

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