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A journey into Ashtanga yoga my experience so far…

13 giugno 2011

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A journey into Ashtanga yoga:
My experience so far

di Federica Bosco

A Giuliano Vecchiè


Si dice che chi pratica yoga in questa vita l’abbia già praticato nelle vite precedenti.
Certamente il fatto che quando avevo 6 anni mia nonna Licia (che notoriamente fingeva di giocare coi nipoti , ma faceva solo cose che interessavano a lei! ) mi insegnasse l’aratro e la candela ha avuto la sua parte di influenza.

E’ come se lei avesse depositato un seme nella mia anima che fosse rimasto lì in attesa di germogliare e fiorire a tempo debito.
Da allora sono trascorsi circa venticinque anni prima che cominciassi la mia ricerca personale che mi ha portato ad incontrare ( o forse chissà a ri-incontrare!) l’ Ashtanga yoga, Sono sempre stata una persona estremamente introspettiva e sensibile ai movimenti dell’anima, passavo ore a meditare e rimuginare sul perché non fosse possibile vivere semplicemente e serenamente, invece di doversi sempre in qualche modo difendere dall’ aggressività altrui, rimanendo sul chi va là per non avere brutte sorprese.
Avevo girato il mondo, cambiato un numero indefinito di lavori, stavo pubblicando il mio primo libro, ma non riuscivo a togliermi di dosso quella costante sensazione che ci fosse un filo sottile che unisse tutte le perle che avevano caratterizzato gli avvenimenti spesso caotici della mia vita.
Non poteva essere tutto un caso se molte cose andavano sempre nello stesso modo e se l’ansia continuava ad avere un posto d’ onore nella mia vita.
Da bambina introversa e sottile come un giunco, mi ero ritrovata nel corpo di un’adolescente ingombrante e sovrappeso che non si riconosceva più e che più cercava di passare inosservata, meno ci riusciva.
Così dall’età di 16 anni, avevo sviluppato un disturbo dell’alimentazione che ovviamente non ero mai riuscita a risolvere.
Ecco che, in mezzo a quel marasma in cui vivevo da troppo tempo, sentii il forte richiamo di qualcosa che andasse oltre l’esercizio fisico e la palestra, e mi imbarcai in una ricerca estenuante scontrandomi con il misterioso mondo dello yoga, i suoi innumerevoli stili, ma soprattutto i suoi sedicenti maestri che hanno reso la mia ricerca lunga, faticosa e a tratti scoraggiante.
Così dopo aver passato ore legata come un salame con l’Iyengar yoga, essermi annoiata a morte con l’ Hatha yoga, aver iperventilato come per un attacco di panico con il Kundalini Yoga, essermi massacrata di flessioni con il Power yoga ed aver visualizzato laghetti e nuvole ascoltando la voce insopportabile del defunto maestro, ero ormai prossima alla rinuncia.
Fu a New York che, per caso, (o forse no) mi imbattei nel Jivamukti Yoga di Sharon Gannon e David Life e capii che ero sulla strada giusta.
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Non a caso i due avevano studiato a fondo lo stile Ashtanga con Sri Pattabhi Jois che poi avevano liberamente saccheggiato per dare vita al loro stile personale inspirato all’ omonimo Stato di Liberazione.
Due settimane di Jivamukti yoga in un centro di 200 metri quadrati vicino a Union Square, dove come insegnante può capitarti il fratello di Uma Thurman o come vicino di tappetino William Defoe, erano difficili da dimenticare e soprattutto impossibili da ritrovare a Firenze ed è stato in quel momento che mi sono data una chance definitiva tentando un’ ultima lezione di prova prima di gettare la spugna e comprarmi un dvd!
Quel giorno ho incontrato Alessandro Ciaurri, che ho subito considerato il mio maestro.
Era esattamente il tipo di persona che stavo cercando: competente, umile, ottimo insegnante e incredibilmente devoto alla sua disciplina, senza che questo dovesse significare atteggiarsi a guru, ma semplicemente, inserendo lo yoga in maniera armoniosa all’interno della propria vita, e mantenendo un atteggiamento positivo e ottimista.

Ho capito quindi che la mia ricerca era finita e il mio viaggio interiore poteva ufficialmente cominciare.
Ho sentito che quello era il percorso giusto, e che attraverso la pratica, il seme piantato tanti anni prima da mia nonna, sarebbe germogliato diventando un albero solido i cui rami sarebbero stati estensioni dei precetti dell’ Ashtanga che, applicati con coerenza ed equilibrio alla vita di tutti i giorni , senza fanatismi, avrebbe veramente rappresentato la svolta.
Da quel giorno ho capito che avrei voluto divulgarne lo spirito, soprattutto quando mi sono resa conto che l’idea generale della gente nei confronti dello yoga è quella di stare seduti a gambe incrociate ripetendo Om!

8 buone ragioni per praticare l’ Astanga yoga

La parola Ashtanga significa 8 rami o 8 mezzi di realizzazione, di cui Patanjali dà definizione negli Yoga Sutra (2.29)
Questo concetto inizialmente mi suonava lontano e terribilmente simile ai 10 comandamenti della Bibbia, motivo per cui sono stata per un lungo periodo refrattaria anche al prendere in mano i testi nonostante, negli anni avessi continuato incessantemente ad accumulare quantità di materiale dalla Bahagavad- gita, agli Siva Sutra al Gheranda Samhita.
Così come, pur essendo onnivora, possedevo quantità di libri sulla cucina vegana e macrobiotica.
Questo per sottolineare di nuovo il tema del Bija (il seme) che viene piantato o trasportato dal vento anche casualmente e quando trova le condizioni giuste, di nuovo, sboccia.
Patanjali parlava di Yama, le astensioni (non violenza, verità, onestà , astensione dagli eccessi e non possesso) e Nyama, le regole di vita, (purificazione, contentezza, austerità, studio e abbandono a Dio) norme che se riportate alla vita quotidiana con un po’ di buon senso, ci renderebbero meno aggressivi, invidiosi, insoddisfatti e sovrappeso!
Gli altri “rami” di cui parla sono le Asana, le posizioni, Pranayama ,le tecniche di respirazione, Pratihara il ritiro dei sensi, Dharana ,la concentrazione, Dhyana, la meditazione e Samadhi, l’unione.
Immaginando una scala i cui gradini siano i suddetti “precetti”, è facile capire come attraverso la ripetizione regolare delle Asana, e con una quotidiana attenzione al respiro, limitando le elucubrazioni mentali e l’attaccamento alle cose, attraverso la concentrazione e la meditazione che si sperimentano durante la pratica, si accede a quel livello elevato dove finalmente si raccolgono i frutti del raccolto giungendo alla consapevolezza e all’unione cosmica.
La consapevolezza della perfezione dell’ Ashtanga (che sarebbe riduttivo chiamare solo yoga!) , ovviamente non mi si è rivelata subito, ci ho messo anni a capire che tutto faceva parte di un disegno superiore che attraverso il percorso dentro me stessa ,seguito con regolarità e pazienza, mi avrebbe dato risultati inaspettati in ogni settore della mia vita.
I primi benefici furono pressoché immediati: il mio corpo faceva cose che neanche mi sarei sognata di fargli fare, ma subito si manifestò quella componente tipicamente competitiva e masochista per cui mi trovavo a concentrarmi più su quello che non riuscivo a fare che su quello che sapevo fare e la frustrazione mi toglieva molto del piacere della pratica.15312_340145077156_657947156_3696344_2535498_n
Mi sono accorta più tardi che quello era un passaggio obbligato, legato a quel bisogno infantile del bambino interiore di non deludere il genitore severo, e che, una volta superato, mi ha fatto capire definitivamente che l’importante è avanzare in funzione della voce del proprio corpo che è unico e speciale e che non necessariamente deve o può riuscire a fare tutto.
Questa presa di coscienza mi ha permesso di concentrarmi molto di più sulla qualità invece che sulla quantità curando dei dettagli che hanno reso nel tempo la mia pratica più fluida e consapevole.
Per dirla alla Hemingway: less is more.
Tutto questo è alla portata di tutti e l’Ashtanga è il mezzo attraverso il quale è possibile raggiungere autocontrollo, efficienza fisica e mentale, pace interiore e salute.

Yoga chitta vritti nirodah

Ma la parte più dura del viaggio, doveva ancora arrivare.
Una volta che il corpo si era fatto più leggero e flessibile, ho capito che quella era solo una parte del percorso, paradossalmente la più semplice, mentre quella della calma mentale e del controllo di cui tutti parlavano e che anch’io mi aspettavo di vedere,esattamente come un turista che si aspetta da un momento all’altro di vedere i delfini, non arrivava.
O meglio non riuscivo a trattenerla, tantomeno se praticavo da sola, laddove mi rendevo perfettamente conto del significato della frase di Vivekananda “la mente è come una scimmia impazzita”.
Un turbinio di pensieri che saltavano da un ramo all’altro senza sosta.
E questo si rifletteva poi su tutto il resto della mia vita, mi lasciavo trascinare dalla forza dei pensieri perdendo energia e lucidità, finendo poi per prendere decisioni impulsive che risultavano quasi sempre sbagliate.
L’ansia è una componente fondamentale della nostra società ed è più pericolosa del cancro.
E’ colei che genera tutte le patologie comportamentali, le dipendenze, i disturbi dell’alimentazione, le manie e le paure, ed è in funzione sua che cerchiamo delle strategie quasi sempre autolesioniste per cercare di placarla.
L’ansia è una risposta meccanica del sistema nervoso che ha avuto una sua funzione utile fino all’ età della pietra, laddove noi esseri umani ci trovavamo costantemente in pericolo di vita in quanto prede di qualunque animale più alto di un metro e mezzo e con un paio di denti aguzzi o un corno.
L’ansia era una forma di difesa che si manifestava sottoforma di sudorazione intensa per mimetizzare l’odore, e adrenalina per fuggire velocemente e in quel caso aveva una sua ragione d’ essere, ma purtroppo il progresso e l’ evoluzione non vanno di pari passo, e nonostante il 2012 continuiamo a rispondere al bagaglio genetico dei nostri antenati che facevano lo slalom fra i dinosauri, senza però che ci siano ragioni reali per metterci in allarme.
I nostri dinosauri sono le scadenze, la competizione, la velocità innaturale con cui siamo chiamati ad adattarci da una società che ci spreme come limoni sottopagandoci e buttandoci via e quando alla fine di tutto questo ci guardiamo intorno per vedere cosa abbiamo accumulato, tutto quello che desideriamo veramente è starcene su una spiaggia al tramonto con una birra e un buon libro.
Ognuno di noi ha il suo modo per placare l’ansia, che si manifesta come quella vaga sensazione di fastidio in fondo all’anima,un malessere, un senso di vuoto.
Non siamo fatti per stare seduti davanti a un computer ,siamo fatti per l’azione e se stiamo fermi per troppo tempo il cervello entra in stand by e crea dei problemi irreali a cui non c’è soluzione per tenersi impegnato.
Questo è lo scopo dei sogni, ma è anche il motivo per cui la mente crea sensazioni immaginarie che noi prendiamo maledettamente sul serio e in funzione delle quali spesso ci roviniamo la vita con scelte assolutamente sbagliate come la paura di stare soli, di cambiare lavoro, di uscire di casa..ed ecco che i nostri dinosauri diventano l’inadeguatezza, la vergogna, gli standard elevati, l’ invidia, il senso di colpa…
Ma la maggior parte delle persone purtroppo crede alle proiezioni del cervello (che sono reali quanto quelle provocate dall’ LSD) e per placarle si imbottiscono di psicofarmaci, alcolici, sigarette, o spendono un patrimonio in shopping e telefonini.
Il mio metodo compensativo è sempre stato quello del cibo, e so che dovrò farci i conti per sempre, ma l’aiuto dell’ Ashtanga yoga mi è stato indispensabile, perché attraverso la pratica, la respirazione, la meditazione e il Pranayama, ho imparato ad aspettare che l’ondata di ansia cresca e poi si infranga senza che mi travolga e mi faccia incorrere in comportamenti autolesionisti.
La respirazione Ujjay mi è stata di grande aiuto a questo scopo, un’altra componente essenziale ed esclusiva dell’Astanga yoga che ha lo scopo di aumentare il controllo sul corpo e la mente oltre ad aumentare la produzione di calore per rendere i muscoli più caldi e il sangue più ossigenato.
Ujjay si realizza comprimendo leggermente la glottide e producendo un suono simile a quello della risacca del mare sulla riva e si è rivelata efficacissima per riuscire a focalizzare e mantenere la concentrazione, impedendo alla mente di divagare e distrarsi.
In questo modo, la pratica diventa una sorta di meditazione, fluida e ininterrotta, scandita dal ritmo del respiro che funge da metronomo.

Ujjai
e dristhi (lo sguardo fisso su un punto) sono le due tecniche fondamentali per riuscire a fare il vuoto mentale e farsi trasportare dalla pratica, esattamente come inserire il pilota automatico e lasciare che l’aereo vada da solo.
Una danza il cui scopo è quello di liberare energia vitale e creativa.

Yoga chitta vritti nirodah
è un concetto di Patanjali che inizialmente ho faticato a interiorizzare: lo yoga è la cessazione dell’identificazione della mente con i propri flussi, cioè quel nostro continuo fissare l’attenzione sull’oggetto esterno o su quel pensiero, diventando quell’oggetto e quel pensiero perdendoci in un labirinto senza via d’uscita e in quell’ infinito conflitto dualista in cui l’essere umano è immerso nell’eterna lotta fra bianco e nero, bene e male, giusto e sbagliato.
Smettendo di identificarci con le emozioni, i pensieri e tutto quello che non possiamo controllare, diventando consapevoli che quei pensieri non sono reali, ma sono solo un flusso continuo di proiezioni spesso contraddittorie e senza un senso, smettiamo di subirle e interrompiamo il meccanismo schizofrenico che ci confonde e ci impedisce di vivere.

Vitarka badhane pratipaksha bhavanam (2.33)

Quando vi è turbamento creato dai pensieri occorre creare pensieri opposti

La consapevolezza è la chiave per spezzare la catena di questa sofferenza altrimenti senza via d’uscita, il capire che,così come possiamo creare un pensiero negativo, possiamo crearne uno positivo.
Il renderci conto che non siamo in balìa del mentale e dei suoi giochi, ma possiamo imparare a educarlo e smettere di subirlo è la via verso la liberazione della sofferenza e lo yoga ci aiuta a superare il dualismo e creare una unione fra corpo e mente, anima e spirito, così da riuscire finalmente a realizzare la nostra vera natura e raggiungere quella che viene chiamata illuminazione.
Una volta che il velo della falsa percezione della realtà si dissolve, rimane quello che la realtà è veramente cioè non un bianco e un nero, ma una scala di colori intercambiabili, e non è che diventi improvvisamente tutto rosa, che il mondo sia un posto migliore e non esista il male, ma si comincia ad avvertire una specie di sereno distacco che permette di osservare senza essere troppo coinvolto.
Non è più la rabbia a predominare o la frustrazione o la sensazione che ci sia un complotto superiore che ci si accanisce contro, ma una grande calma interiore e una compassione per tutti coloro che non stanno vivendo la propria vita, ma solo correndo come criceti nella ruota.
Basta poco per staccare e capire che possiamo sempre scegliere, in qualunque momento e che possiamo essere i creatori della nostra vita e delle nostre esistenze e che l’attaccamento alle cose e alle persone non può essere che portatore di ansia e infelicità.
Niente ci appartiene, né le cose, né le persone, né il successo, tutto quello che possediamo un giorno dovremo restituirlo così come il nostro corpo, e questo dovrebbe bastare a farci rilassare!
Mai come in questo momento storico tutti sono alla ricerca di spiritualità e tutti vogliono fare yoga, in realtà quello che vogliono sono benefici immediati che invece arrivano con il tempo, la pratica, la riflessione, le letture e l’apertura mentale.
Lo yoga esiste da oltre 4000 anni e ci ritroviamo adesso a riscoprire una filosofia che gli indiani apprendono ancora prima di cominciare a camminare ( e che adesso pretendiamo di mettere sotto copyright!)
Lo yoga è uno stile di vita che deve rendere le nostre esistenze armoniose completandoci e migliorando quella delle persone che ci stanno intorno.
Unione di corpo e mente significa coerenza nel pensiero e nell’azione, significa integrità, significa non scendere a compromessi insostenibili che ci fanno odiare il nostro lavoro e quello che facciamo e quando diventiamo più onesti verso noi stessi e gli altri, perché ci permettiamo di volerci più bene, automaticamente attorno a noi si sviluppa una sorta di energia positiva che attira benessere.
Non è magia, è semplicemente un ritorno alle origini, un cominciare a conoscersi ad ascoltarsi e a rispettarsi.
Conosciamo perfettamente il funzionamento dei nostri telefonini, ma non sappiamo di cosa ha bisogno il nostro corpo e tantomeno la nostra anima e andiamo a cercare soluzioni lontane quando tutto quello di cui abbiamo bisogno è già qui.

Pranayama

Oltre la pratica un’altra parte fondamentale dello yoga è rappresentata dal Pranayama un tipo di respirazione consapevole e atta a “fare il pieno” di quell’energia vitale che permea l’atmosfera e che è rappresentata dagli ioni negativi, fondamentali al buon funzionamento del cervello e di tutto il corpo umano.

Non respiriamo mai abbastanza, o solo in maniera terribilmente superficiale, mentre respirare in maniera completa e a fondo può fare la differenza fra la salute e la malattia, fra un cervello che funziona e uno che arranca.
Il concetto di Pranayama è lungo e complesso, ma è incredibilmente affascinante e chiunque può trarne benefici immediati, specialmente in quei momenti in cui siamo chiusi da troppe ore in un ufficio respirando aria malsana con quella sensazione di testa pesante.
Nel mio caso apprendere tecniche di Pranayama ha fatto la differenza fra il rispondere immediatamente a una mail o contare fino a 10 e non rispondere affatto!
L’esercizio da cui traggo grande beneficio è il Pranayama quadrato che è un metodo semplicissimo che si pratica sedendo possibilmente in padmasana e mantenendo la schiena in posizione eretta.
Si effettua una profonda espirazione seguita da una ritenzione del respiro (kumbakha) poi si inspira profondamente e di nuovo si effettua kumbakha mantenendo sempre lo stesso ritmo durante ogni fase contando ad esempio fino a 4 o fino a 6 o mentalmente con gruppi di 4 o 6 Om
Dopo pochi respiri, superata la fase fastidiosa dei polmoni che si rifiutano di obbedire a un comando, il cervello iperossigenato è immediatamente più attivo e presente e si presta a scoprire soluzione introvabili solo fino a pochi minuti prima.
Il Pranayama puà salvare la vita.
Manju Jois ,figlio di Sri Pattabhi Jois, raccontò una storia che mi colpì molto, si sentiva leggermente affaticato durante uno dei suoi workshop in giro per il mondo e da una visita di controllo risultò che aveva una sola arteria aperta su 4. Raccontò al medico, incredulo, che ogni volta che si sentiva fiacco, praticava Nadi sodhana (respirazione alternata chiudendo una narice alla volta) e questo ha permesso al suo cuore di continuare a funzionare contro ogni pronostico.
Questo dovrebbe darci la misura dell’importanza che riveste la respirazione nella nostra vita, non per niente chi ha un attacco di panico lo si fa respirare in un sacchetto di carta per riportare il ritmo alla regolarità e per una partoriente è fondamentale gestire il respiro al fine di agevolare al meglio la nascita del bambino.
I ballerini sanno che la giusta respirazione è indispensabile per reggere estenuanti ore di prove e sostenere lo stress di uno spettacolo, significa avere il controllo della scena, la memoria e la presenza necessarie a una splendida performance, gli sportivi sanno che risparmiare respiro senza andare in debito d’ossigeno permette loro di arrivare in fondo a una gara e chi pratica arti marziali sa perfettamente che non è la forza a fare la differenza, ma la potenza che si sprigiona dall’energia interiore controllata dal respiro.
Il respiro è vita, ma ce ne accorgiamo solo quando non riusciamo più a respirare perché siamo pieni di impegni, e sopraffatti dall’ansia che ci stringe la gola.
Pochi minuti al giorno seduti in tranquillità o meglio ancora dopo la pratica sono fondamentali per completare un percorso di benessere interiore che valgono più di 20 gocce di ansiolitico!

Yoga e medicina moderna

Ultimamente anche la medicina tradizionale, notoriamente scettica nei confronti di tutto quello che viene definito “olistico” o più volgarmente new age, sta prendendo in considerazione in modo sempre più serio l’influenza dello yoga, sul corpo e lo spirito e i medici tendono sempre di più ad integrare con lo yoga e altre tecniche meditative le terapie farmacologiche.
Uno studio condotto da Dr. Chris Streeter della Boston University nel 2007 ha dimostrato tramite immagine spettroscopica di risonanza magnetica ad alta risoluzione un picco di livello di un neurotrasmettitore, l’
acido γ-amminobutirrico (GABA) normalmente molto basso in coloro che soffrono di ansia e depressione così come le serotonine.
Un’ora di yoga ha dimostrato un aumento di GABA del 27%.
Questo spiega in parte i benefici dello yoga sulla salute mentale

Tat param purusha khyater guna vainishnyam (1.16)

Patanjali spiega in questo sutra che il più alto grado del distacco è la liberazione dal desiderio delle qualità della natura (guna) che si ottiene attraverso la vera conoscenza del sé.
Purusha è la coscienza dormiente che subisce l’influenza dei 3 guna che ci condizionano e ci imprigionano, i più estremi sono tamas (inerzia) e rajas (desiderio) mentre sattva è la saggezza dell’equilibrio.
Secondo il Dr Timothy Mc Call, (editore medico di Yoga Journal e insegnante di yoga) i tipi di depressione si possono dividere in due categorie principali: le persone che presentano marcati sintomi da predominanza tamas, hanno difficoltà ad alzarsi la mattina, lamentano mancanza di stimoli e di interessi, sono apatici, spesso mostrano caratteristiche fisiche come spalle curve, petto rientrato, occhi infossati e respirano molto superficialmente e le persone che presentano sintomi da eccesso di rajas che hanno accessi di rabbia, tensione, rigidità, appaiono agitati, non riescono mai a rilassarsi. Mc Call suggerisce nei casi di depressione tamasica molte ripetizioni di saluti al sole, con intense ispirazioni che riempiano i polmoni di prana, posizioni in equilibrio sulle braccia e backbending. In questo modo, il corpo e la mente saranno così occupate con la pratica che sarà difficile mettersi a rimuginare, cosa che accade molto facilmente in Savasana. Chi invece è affetto da depressione di tipo rajasico dovrebbe astenersi da troppi saluti al sole e troppi back bending dato che il soggetto di solito è già molto agitato, anche se bruciare energia in eccesso per queste persone è sempre un antidoto contro la distrazione costante.
La ricerca ha dimostrato che le posture stimolano l’umore muovendo l’energia attraverso i centri in cui hanno sede sentimenti come la rabbia e il dolore, che vengono sbloccati rapidamente con la costante esperienza di benessere dello yoga.
Secondo il sistema dei 7 chakra, i centri energetici situati lungo la Sushumna nadi , percorso energetico che scorre all’interno della colonna vertebrale, lo yoga aiuta a sbloccare queste tensioni salendo da Muladhara il chakra della radice che ci ancora a terra e che rappresenta il nostro istinto più primitivo, fino a giungere il chakra della corona, situato sulla sommità del capo, Sahasrara, sede della relazione karmica e della connessione col divino che apre la strada per l’ illuminazione.
Poiché ogni chakra è associato a una parte del corpo, quando questa è sbilanciata causa una ripercussione sull’ intero sistema energetico provocando la malattia.
Un percorso di autoconsapevolezza è quindi la chiave per giungere allo stato di sattvico in cui si accetta la realtà per quella che è con sereno distacco senza cercare di cambiarla né esserne cambiato.

Yoga e alimentazione

Durante i primi mesi di pratica, i benefici che ne traevo erano principalmente fisici.
Andando avanti però sentivo che c’era qualcosa che andava oltre la ripetizione delle Asana, ed era qualcosa che lavorava sulle energie sottili, attraversando la rete delle innumerevoli Nadi andava a ricucire gli strappi dell’anima.
Era come se ci fossero dei canali che si aprivano portando un benessere profondo e duraturo basato su una maggiore consapevolezza del proprio corpo (questo sconosciuto!) ed è una cosa che non si sperimenta con un’ora di jogging, come i detrattori dello yoga cercano di insinuare!
Così mi sono resa conto che man mano che progredivo con lo yoga, stavo meglio a vari livelli.
L’ansia si attenuava, avevo una maggiore capacità di concentrazione e si attenuavano i miei disturbi dell’alimentazione legati all’ansia e all’insoddisfazione.15312_340137562156_657947156_3696320_1300973_n
La consapevolezza si è quindi espansa in vari settori della mia vita rendendomi più presente in quello che facevo.
Cominciavo a non subire più il cibo, ma a sceglierlo e invece di abbuffarmi e ogni qual volta mi sentivo ansiosa, praticavo o meditavo.
Quando il tuo corpo sta bene, perché si sente sano, vitale e pieno di energia,vuole continuare a sentirsi bene e fa in modo di chiederti esattamente quel tipo di gratificazione.
Attraverso lo yoga si raggiunge uno stato di soddisfazione interiore incredibilmente profonda, si sperimentano la compassione, l’auto accettazione, la pace interiore, il perdono e tutto questo viene poi riportato all’esterno delle nostre vite e automaticamente si cominciano a fare scelte sane per il proprio corpo e per la propria anima mangiando meglio, vivendo meglio e scegliendo persone più positive per noi.
Si diventa indulgenti verso sé stessi smettendo di colpevolizzarci per essere o non essere quello che la società si aspetta da noi.
Patanjali parla di aparigraha , il non possesso, l’abbandonare l’avidità nei confronti delle cose, del potere sugli altri, dell’ingordigia, di tutto quello che va a nutrire l’ego, e non lo spirito raccomandando agli yogi che cercano l’illuminazione una vita moderata.
Certo in una società schizofrenica come la nostra che ci spinge costantemente a fare l’impossibile per accumulare e poi ci colpevolizza per averlo fatto è quasi impossibile rimanere insensibili alla quantità di stimoli esterni, ma possiamo sperimentare quanto sia illusorio l’ appagamento momentaneo dell’ ego che per evitare di occuparsi dei propri problemi, ci spinge a circondarci di cose inutili per cercare di colmare il vuoto interiore.
Quando porti la luce della consapevolezza nella tua vita, non sei più dominato dagli istinti, ma ti fermi, respiri e scegli quello che è meglio per te.
Si comincia a sviluppare un’ idea di alimentazione sattvica che nutra anche lo spirito ed automaticamente le scelte diventano più salutari perché è il corpo stesso che le chiede
.
C’ è un bisogno di lucidità, energia, leggerezza e purificazione che solo i cibi naturali riescono a dare e a quel punto è il tuo istinto che ti guida nella scelta migliore.
Tutto questo è arrivato un giorno per caso, quando ero occupata a fare tutt’altro, ero onnivora e con tutte le intenzioni di rimanerlo anche perché per i bulimici lo spauracchio dei carboidrati è sempre dietro l’angolo.
Avevo avuto una conversazione con il mio maestro 3 giorni prima in cui lui (vegetariano convinto) faceva le solite battute sul mio “nutrirmi di cadaveri” cosa su cui non avevo mai veramente riflettuto e comunque sentendomi attaccata avevo risposto in maniera piuttosto polemica.
Pochi giorni dopo ho avuto la prova di quanto lo yoga potesse lavorare oltre ogni confine immaginabile e questa è la mia più grande esperienza .
Comprai casualmente un libro che parlava di alimentazione vegan (The skinny bitch diet) e rimasi sconvolta dai capitoli in cui si parlava delle torture sugli animali.
Sconvolta è dir poco, ognuno di noi sa cosa succede nei macelli, ma a tutti noi fa comodo negare l’ olocausto.
E oltre a questo mi sono resa conto dell’ impatto devastante che hanno i latticini sul nostro fisico.

In quel preciso istante ho capito che non mi sarei mai più cibata di animali e dei loro derivati ed è stata una scelta immediata e senza un solo dubbio.
Mi sono ricordata che da piccola volevo fare la veterinaria, poi la vita mi ha portato a fare tutt’altro, ma evidentemente in me quel seme (di nuovo) non aveva trovato ancora il modo di sbocciare.

Ahimsa pratishthayam tat samnidhan vaira tyagah (2.35)

Quando smetti di far del male agli altri, gli altri cesseranno di fare del male a te
Patanjali elenca Ahimsa come primo Yama e lo interpreta in un contesto molto vasto, non solo inteso come violenza fisica nei confronti di persone e animali, ma soprattutto violenza di pensiero e parola.
Se vogliamo vivere in un mondo meno violento, dobbiamo creare un mondo meno violento e dobbiamo partire da noi stessi.

Fai del tuo meglio per non causare dolore esorta Patanjali, e come sostengono gli yogi, mangiare esseri viventi significa creare “cattivo karma” e ingerire la paura dell’animale macellato porta aggressività, tristezza, sofferenza e malattia.
Dal momento che cominci a vedere gli animali come tuoi simili, mangiarli significherebbe diventare un cannibale e semplicemente te ne dimentichi.
Questa è stata la cosa straordinaria per me, onnivora impenitente, che da un giorno all’altro sono diventata vegana senza che questo si riflettesse minimamente sulla qualità della mia vita o di quelli intorno a me se non in meglio.

Conclusioni

Il mio viaggio attraverso l’Ashtanga yoga , cominciato ormai 7 anni fa continua a sorprendermi giorno dopo giorno.
Se dovessi elencare le cose che più mi rendono entusiasta direi che la prima cosa è l’idea che è qualcosa di tuo che nessuno può toglierti e puoi portarlo sempre con te, senza bisogno di un’attrezzatura particolare se non un tappetino.
E’ un rifugio sicuro in qualunque momento che non ti delude mai, un modo per trovare risposte e superare blocchi e ostacoli che la mente si pone spesso in maniera inutile e arbitraria.
E’ una sfida costante con i tuoi limiti e una porta sull’ infinito che può solo farti scoprire cose del tuo inconscio che non conosci ancora.
Ed è assolutamente democratico.

Devo ringraziare i maestri che hanno reso questo viaggio più interessante e costruttivo, facendomi scoprire sempre nuovi percorsi e strategie e spingendomi a non arrendermi.

Giuliano Vecchiè per avermi dato l’opportunità di conoscere più approfonditamente l’Ashtanga yoga e i suoi maestri.

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Manju Jois

Manju Jois persona straordinaria e di rara gentilezza che con pazienza e tenacia prosegue il lavoro continuato da suo padre perché questo non vada mai perduto.

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Giuliano Vecchiè e Kino Macgregor

Kino Macgregor la cui bravura devozione e dolcezza sono di grande ispirazione specialmente per noi donne.

Sri Pattabhi Jois che non ho avuto l’onore di conoscere, ma che ha fatto a tutti noi questo dono immenso.

Joanna e Mark Darby

Joanna e Mark Darby

Fonti:

Yoga Sutra di Patanjali – Swarupatma

Yoga and vegetarianism – Sharon Gannon

Pranayama- Andrè Van Lisbeth

Yoga mala – Sri Pattabhi Jois

www.ddrmccall.com







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  1. 13 giugno 2011 a 13:46 | #1

    Non sai quanto ti capisco! Ho iniziato a praticare l’hatha yoga a 15 anni e solo dopo quasi 12 anni di pratica mi sono decisa, quest’anno, a intraprendere il mio percorso per diventare insegnante.

    Non è un percorso semplice e spesso è disseminato di forme di “auto-sabotaggi” che ho sperimentato e sperimento ancora (ad esempio: “oggi non pratico perché sono così staaaanca”) ma contro le quali devo lottare facendo vincere la passione per questa pratica che ha avuto il merito di cambiarmi nel profondo.

    Spero, tra due anni, di poter concludere anche io con gioia questa prima parte del mio percorso perché, si sa, anche se si diventa insegnanti non si smette mai di imparare.

    Congratulazioni!

    Stefania

  2. Barbara
    16 giugno 2011 a 16:49 | #2

    Grazie Federica per questo tuo intervento molto vero, profondo e sentito. Sei una persona davvero bella e speciale. Probabilmente hai sofferto molto ma tutto quello che hai raggiunto te lo sei guadagnato e ti ha reso migliore e più forte.
    Ho sofferto anch’io di disturbi alimentari e il cibo rimane e rimarrà il mio punto di debolezza: sfogo tutto lì, ahimé! Sono sempre in bilico, conosco molto bene le emozioni che tu hai descritto: vergogna, senso di colpa, rabbia, depressione, ansia, invidia, paura. Ma quando la mia testa vola in alto e s’ILLUMINA ringrazio sempre Dio per questo dono meraviglioso che ci ha fatto e che è la vita.
    Che dire: congratulazioni vivissime ancora per il tuo risultato raggiunto e, dato che non abito a Roma ma a Mantova, e non posso venire da un’insegnate brava come te (che leccac… che sono!) prova a consigliarmi, se puoi, un centro dove possa anch’io avvicinarmi allo yoga. So che ci sono tanti soloni in giro…
    Grazie ancora e brava, bravissima Federica!
    Barbara
    PS: Nel prossimo post, faccé ridé… mi manca sempre il tuo humour; è una buona alternativa allo yoga, per chi ancora non lo pratica!

  3. 25 giugno 2011 a 7:09 | #3

    Hahahaha. I’m not too brgiht today. Great post!

  4. 25 giugno 2011 a 14:16 | #4

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  5. 26 giugno 2011 a 15:20 | #5

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  6. 27 giugno 2011 a 18:20 | #6

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  7. 28 giugno 2011 a 13:28 | #7

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  8. Deborah
    24 luglio 2011 a 20:18 | #8

    Ciao Federica dopo aver riletto decine di volte questo post :)
    …mi potresti aiutare? Sto cercando un centro Yoga che pratichi questo metodo ma qui a Venezia sembrano non essercene? A chi potrei richiedere,c’è un centre nazionale o qualcuno che possa darmi qualche dritta? Grazie a chiunque sappia aiutarmi…sento che è una strada che devo intraprendere….

  9. paola
    4 agosto 2011 a 14:39 | #9

    sono d’accordissimo, nella mia vita ho praticato molti sport e pure molto, forse troppo agonismo, è da circa un anno che ho scoperto lo yoga e in particolare mi ha rapito l’ashtanga! Purtroppo però negli ultimi mesi mi è ritornato un vecchio problema di tachicardia che pensovo rimosso definitivamente! Quindi il 18 agosto devo fare l’intervento per mettere un defibrillatore, mi chiedo dopo potrà riprendere a fare tutte le varie posizioni? C’è qualcuno che per caso sa qualcosa a tal proposito? I medici putroppo ti dicono che si possono di nuovo praticare tutti gli sport a parte quelli di contatto però chissà?!? Grazie Paola

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