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Prigionieri di una gabbia aperta

Ci sono momenti (troppi) in cui non ci rendiamo davvero conto di quanto dovremmo essere grati e facciamo girare le nostre vite attorno a falsi problemi quali “non riesco a trovare un fidanzato” “lui mi ha lasciata per sms e non me ne faccio una ragione” “se avessi questo o quello sarei molto più felice”…
Ieri mattina ho visto la docufiction ” e poi venne il silenzio” di Irish Braschi,  sapevo perfettamentre che avrei pianto e per questa ragione stavo volontariamente ritardando la visione anche se lui mi aveva già chiesto due o tre volte se l’avessi visto.
Il documentario è una ricostruzione della strage di Sant’Anna di Stazzema attraverso le testimonianze dei superstiti che raccontano cosa successe il 12 Agosto del 44 e posso garantirvi che è cosa una talmente allucinante, vile  e assurda che non puoi far altro che chiederti coon indignazione e schifo come sia possibile che, con la scusa della guerra, in un continente o l’altro ci siano momenti storici in cui persone apparentemente normali, commettano le più crudeli e atroci torture su donne e bambini e tornino serenamente alla loro vita di tutti i giorni, alle loro famiglie e ai loro figli, come se niente fosse successo.
Non mi risulta che nessun ex comandante delle SS abbia mai commesso suicidio.
La mente umana  è una scatola oscura e pericolosa.
Tutto questo mi ha fatto ricordare i racconti di mia nonna che perse tutta la famiglia  nei bombardamenti a Pisa e rimase completamente sola da un momento all’altro, così Puf: cade un grappolo di bombe e perdi tutto  e tutti: la casa, i tuoi genitori, i tuoi fratelli, i tuoi amici.
Quando mi raccontava questa storia erano passati non più di 40 anni e ai miei occhi di adolescente sembrava qualcosa di totalmente distante e anche estremante noioso,considerato che  me la raccontava spesso e che non riuscivo ad immaginare un’Italia fatta di bombe, fame e disperazione per cui confinavo i suoi ricordi nelle stesse caselle destinate alle favole e alle storie di fantasmi: come qualcosa che non appartiene a questo mondo.
Per tutta la vita il 31 Agosto è stato per lei il giorno maledetto, quello in cui gli “ameriani” bombardarono casa sua e la sua famiglia, e per noi nipoti era soltanto: “che palle nonna”.
Ora che mia nonna non c’è più e sono adulta e di lacrima facile (forse anche  per la pre menopausa!) , vorrei che mia nonna fosse ancora viva per farmi raccontare ancora e ancora tutte le sue storie, per non dimenticarle mai e per trasmetterle agli altri ed evitare che, come temo, con la prossima generazione tutto questo vada perduto.
Non è successo chissà quando, e chissà dove, ma è successo qui una manciata di anni fa ed è solo grazie al coraggio e alla forza della disperazione dei nostri nonni che hanno scavato nelle macerie con le mani e hanno mangiato patate con la terra se siamo qui oggi a lamentarci perchè non troviamo un fidanzato o perchè non abbiamo il lavoro dei nostri sogni.
Prigionieri di una gabbia aperta da cui non ci rendiamo conto di poter uscire quando vogliamo!
Ogni tanto dovremmo fermare il “loop” nella nostra testa e guardarci intorno attentamente e ricordarci di essere grati, grati per esserci, grati per ogni singolo oggetto che abbiamo, grati della salute, grati della ricchezza e della pace, grati delle persone che ci amano e che amiamo, e renderci conto della fortuna immensa che abbiamo a non dover emigrare con un barcone,a non dover nascondere i nostri figli in un sottoscala, a non dover scappare quando arriva un aereo, a non dover convivere con la paura di non arrivare a domani.
Ogni tanto dovremmo paragonare i nostri “problemi” a quelli dei  3 quarti del resto del mondo ossia la fame,la sete, la guerra, la violenza e  le malattie e fare un passo indietro con umiltà e ripetere a voce alta quanto siamo fortunati a non essere nati in Rwanda, in Bangladesh, in una favela brasiliana o in un sobborgo di Nuova Dehli.
Ogni tanto varrebbe la pena di riflettere su tutto questo e ricordarci delle infinite fortune che abbiamo e quando pensiamo “non ce la faccio” ricordiamoci del debito che abbiamo nei confronti dei nostri nonni che hanno lottato perchè potessimo essere liberi e felici. Ispiriamoci alla loro forza per uscire da quella gabbia che è solo nella nostra testa,aprendo le ali per volare veramente alto perchè gli unici che sono in grado di fermarci siamo noi .
E alla fine quando analizziamo per davvero la paura che ci blocca, chiediamoci con un sorriso: “Ma…paura di che?”

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Federica Blog

  1. 5 aprile 2011 a 11:31 | #1

    Sai che invece io sono una fan della paura?
    Nel senso che penso che la paura serve. La paura ti fa agire e riflettere senza sbagliare. Parlo di paura eh… non di fobia :D

  2. Patty
    5 aprile 2011 a 12:11 | #2

    Condivido in pieno il tuo pensiero. Dovremmo essere più coscienti di ciò che è realmente una difficoltà in qualunque ottica la si vuol vedere.
    Anch’io mi lamentavo di quei racconti pieni cose tristi, anche perchè da ragazzini sono altre le cose che ci piace ascoltare, ma oggi devo dire che prendendo coscienza di quello che è stato ed è oggi il mondo, mi rendo conto che quelle parole mi aiutano a riflettere e quindi a valutare in modo diverso determinate situazioni. Sono d’accordo con te anche riguardo ai ragazzi di oggi, che secondo me hanno meno opportunità di ascoltare qualcuno che ha vissuto quelle cose e che purtroppo, spesso, anche se ce l’hanno non ci mettono la giusta attenzione…
    Hai toccato un tema importante. Bacio!

  3. Regina
    5 aprile 2011 a 13:01 | #3

    Non si può commentare questo post, è troppo delicato come argomento e le parole che hai usato sono belle così.

  4. 5 aprile 2011 a 13:25 | #4

    Dovrebbero trasmetterlo nelle scuole. Dovrebbero trasmetere tutti questi film/documentari CHE ESISTONO, CI SONO!!! nelle scuole. Dovrebbero trasmetterli con tutta la loro violenza, crudezza, verità. Le immagini, in questo caso, varrebbero più di una serie di date catalogate in bellissimi libri rilegati, che puntalmente verrebero dimenticate dopo l’ultima interrogazione.
    Mio marito è un appassionato di storia e di questi film, documentari, fiction credo di averne visti a centinaia e sicuramente li faremo vedere anche a nostro figlio perchè DEVE SAPERE.

  5. Annalisa
    5 aprile 2011 a 14:50 | #5

    mi ha colpito molto la definizione “PRIGIONIERI DI UNA GABBIA APERTA” ……………dannatamente vera…….

  6. Smemo*
    5 aprile 2011 a 15:23 | #6

    Condivido perfettamente quello che ha detto Regina, visto che tu hai delle bellissime parole per dire e descrivere tutto questo, la cosa più elegante da fare è stare zitti.

    @Cinziella: deve sapere per non finire come tanta gente close-minded/provincialotti/fascisti/”si stava meglio quando c’era mussolini” che sono tanto in voga adesso.

  7. MeR
    5 aprile 2011 a 16:10 | #7

    Questo non c’entra niente con il post di oggi, ma volevo dirti che ho appena finito di leggere “innamorata di un Angelo”emi ha lasciato un magone che è incredibile. L’ho letto in un giorno tutto di un fiato, è meraviglioso, e nonostante questo, nonostanche mi aspettassi il finale, mi ha lasciato un’ansia, anche perche… effettivamente non l’ho nemmeno capito il finale!
    Ma un seguito è previsto??? Bè almeno in un caso si, dai :D

    Un bacio
    Laura

  8. Elisa
    5 aprile 2011 a 17:21 | #8

    Davvero belle parole le tue, che toccano nel profondo.
    Solo una mia considerazione, detta con parole tutt’altro che fluide…
    quando si è ragazzini, proprio per il fatto di essere nel pieno della vita, la morte non la si considera proprio se non succede qualcosa di grave a te vicino. Anch’io mi ricordo i racconti di mio padre, ma allora li ascoltavo senza capirli veramente, ma sono rimasti lì pronti per essere elaborati e capiti quando era ora; quindi viva tua nonna che te ne ha parlato, e non sentirti in colpa se allora, giustamente, ‘ntenefregava una cippa lippa!.
    Ringrazio il cielo che i ragazzini di oggi si possano lamentare perché “il tizio non mi fila” e “mi ha scaricato con un sms”, contrariamente per le persone “mature” che invece continuano a preoccuparsi di avere la macchina più figa e si lamentano per le cose più inutili.
    Troppo spesso ci si rende conto di apprezzare le cose quando non le si ha più, ed è una lezione molto dura!
    Anch’io nel mio piccolo mondo egoista mi sono resa conto cosa vuol dire vivere quando ho perso qualcosa di importate.
    Un abbraccio e grazie per questo post

  9. Miriam ( yimwingchun )
    5 aprile 2011 a 19:25 | #9

    Beh, io devo dire, a differenza di molti, che questo tipo di documentario l’ho avuto in casa. Versione live. Nel senso che i miei l’avevano vissuta da ragazzini la guerra. Tutti e due. E avevano un’età in cui l’orrore rimane impresso. A casa mia siamo stati cresciuti tutti e 3 con questo tipo di racconti, e non li trovavamo affatto noiosi. Non posso rispondere per mio fratello e mia sorella, ma per quanto mi riguarda, ho il TERRORE puro delle guerre, che considero da sempre, la vergogna più grande dell’umanità. Non c’è giustificazione che tenga. E’ la più grande vergogna dell’umanità. Mia madre mi raccontava di quando i nazisti andavano in giro a rastrellare di casa in casa, in cerca di giovani e ragazze, e lei terrorizzata si nascondeva sotto il letto perchè al solo udire il rumore sincronizzato degli stivali marciare, tremava come un fuscello al vento. O mio padre, che a dieci anni si è ritrovato una pistola puntata alla tempia, tenuto in ostaggio dalle camicie nere che intimarono a mio nonno “o qualcosa da mangiare o spariamo al bambino”.
    No, decisamente io non mi sono mai annoiata a sentirli raccontare di quando hanno visto portar via dei loro amici, vicini di casa, solo perchè ebrei. Ma ne ero terrorizzata quanto bastava. Avrei voluto per loro un’infanzia fatta di gioco e di pace, ma loro sono stati sfortunati. Sono stati bambini in un’Italia in cui la pace non c’era. E io mi ricordo che ne soffrivo per loro.
    Oggi posso dire di essere stata fortunata ad averli avuti. Se non altro, loro, a differenza di altri, sono sopravvissuti e sono diventati ragazzi, adulti, e infine i miei genitori. Ma se fossero vissuti in un clima diverso, forse, chissà, sarebbero anche stati meno tristi e qualche volta rassegnati nei confronti della vita, fatta di sacrifici e di un passato che nessuna persona al mondo, e soprattutto nessun bambino dovrebbe MAI conoscere.
    Anch’io sono una che si lamenta, di quando in quando, fa parte dell’essere umani. Però so anche che la vita, non mi ha regalato niente davvero. Mi sento fortunata. Continuamente. Se non altro per essere riuscita a trovare la forza di combattere anche quando le forze venivano meno.
    E spero davvero che le nuove generazioni capiscano che la pace va difesa con l’amore, non con i missili o le mine anti-uomo.
    La guerra non è un video-game!
    Difendiamo la pace. Per tutti!

  10. ROBERTA
    6 aprile 2011 a 17:35 | #10

    PAURA DI CHE.. credo che me lo ripeterò al mattino quando la paura di che cosa non so mi blocca..
    mai post è stato più azzeccato.. da due giorni ho deciso di mettermi in moto per sconfiggere le paure, insicurezze, paranoie, malinconie che come dei ragnetti abitano la mia testa mentre davanti agli occhi ho una bella casetta dalle pareti verdi, un lavoro, una famiglia e dei nipotini meravigliosi e Federico che ogni mattina mi accarezza piano la guancia prima di uscire per andare a lavoro.
    Mi faccio fregare da questa paura e così lunedì ho detto basta e sto iniziando a mordicchiarla io per evitare che lo faccia lei.. e arriva questo post… come un ghiacciolo alla menta d’estate, come un maglioncino d’inverno a darmi conforto e una marcia in più per riuscire nel mio obiettivo.
    Quindi grazie di cuore e scusa se sono stata un po’ egoista a parlare solo dei miei piccoli problemi che non possono neanche paragonarsi a quelli della tua nonna, della mia nonna, di miglialia di bambini e adulti e mamme e altre nonne.

  11. Marika
    6 aprile 2011 a 18:17 | #11

    Grandi verità per chi le capisce e le interiorizza, perchè c’è gente che comunque vuole vedere tutto nero e tutto in modo pessimistico e allora… accomodatevi, ma rimanete nel vostro buio senza trascinarci dentro gli altri.

    E se anche la gabbia fosse chiusa le chiavi le avremmo comuque noi!

  12. Nicole
    7 aprile 2011 a 12:13 | #12

    Ciao Fede, quand’ero più piccola e lo zio di mia mamma era ancora vivo, spesso mi chiedevo perché quel signore, così taciturno e introverso, grattasse la buccia del formaggio anziché tagliarla. Per me era una cosa che non aveva senso, così chiesi a mia madre e lei mi racconto che lo zio era stato in guerra da Alpino e in seguito catturato dai tedeschi e messo in un campo di “lavoro”. Da lì in poi molte domande mi tormentano e ora sono qui a pensare che se avessi avuto un po’ più di testa avrei potuto fargli sentire che gli ero vicino, che lo stimavo per aver difeso la nostra Patria. Ma in fondo ero solo una bambina e che vuoi che ti dica; anch’io ero più portata a pensare alle mie ca***te. Questo per dirti, Fede, che si sbaglia, ma ora dobbiamo far valere quello per cui i nostri nonni hanno combattuto e dobbiamo essere riconoscenti per la fortuna immensa che abbiamo, perché loro ci guardano dall’alto e vogliono vederci felici, e io voglio esserlo per non deluderlo.
    Nicole

  13. Gabriella
    7 aprile 2011 a 13:07 | #13

    PAROLE SANTE FEDERICA!!!

  14. 7 aprile 2011 a 21:41 | #14

    Ho sempre ascoltato i racconti di mio Nonno.. Se Nonna non ne ha mai voluto parlare perchè aveva sofferto troppo, mio Nonno invece quando aveva un po’ di tempo libero si sedeva e iniziava. Una delle cose che più mi ha colpito è quando mi diceva che lui a soli 7 anni è ritornato da solo a piedi da Bari fino in Abruzzo dove viviamo ancora adesso. Mi faceva una tenerezza e una tristezza immaginarlo così piccolo fare quel percorso così lungo senza nessuno accanto. La cosa bella erano i suoi particolari….non tralasciava nulla! E adesso, che non è più con noi da un mese e mezzo mi ritorna in mente la sua voce, e i gesti che faceva mentre raccontava la sia infanzia così triste. Ci lamentiamo perchè abbiamo troppo…è questo il problema di fondo!Da noi si dice che abbiamo “il brodo grasso” ed è vero…e io sono la prima che si lagna.. Un abbraccio a tutte voi!

  15. Thuy
    8 aprile 2011 a 11:01 | #15

    Grazie Fede per questo tuo post: diretto, duro, profondo, un pugno nello stomaco, ma allo stesso anche “lieve” e delicato, perché accarezza con la memoria i ricordi più intimi e personali della tua famiglia, della vostra storia, un viaggio straziante che annoda i fili invisibili del presente al passato.

    E’ vero, passiamo gran parte della nostra vita a lamentarci delle cazzate, ci lamentiamo e ci piangiamo addosso per ciò che non abbiamo avuto o che non abbiamo, per le piccole e grandi mancanze e ci dimentichiamo troppo spesso di ringraziare, di rallegrarci e di gioire per ciò che invece abbiamo.

    Mi ricordo che i nostri vicini di casa trovavano alquanto strano il comportamento della mia nonna paterna, che al passaggio rumoroso di un aereo o di un elicottero sopra le nostre teste, correva all’albero più vicino e lo abbracciava con tutte le sue forze e lo lasciava solo quando non c’erano più echi o rimbombi nell’aria, quando le dita le facevano male ed erano diventate bianche perché il sangue non arrivava più alle falangi.

    E’ così che lei si difendeva dal ricordo della guerra, dal rumore assordante delle bombe e delle mine, dall’odore del napalm, dall’odore dolciastro del sangue che si rapprende, della terra che brucia, dal puzzo della carne umana che si incenerisce o che si decompone.
    E non faceva grande differenza se il nemico a cui sfuggire si chiamava “vietcong” o “mỹ” (americani), perché entrambi le avrebbero scaricato addosso una mitragliata di proiettili o staccato la spoletta di una bomba a mano con una facilità a dir poco commovente.

  16. Monica
    8 aprile 2011 a 13:08 | #16

    purtroppo non solo durante la guerra accadono le atrocità, persone apparentemente “normali” possono diventare disumane anche in seguito al processo di deresponsabilizzazione quando si trovano all’interno di un gruppo o per sottomissione all’autorità.
    pensiamo a ciò che accade in alcune prigioni, ad esempio…

  17. paolaCH
    8 aprile 2011 a 14:45 | #17

    sante parole, fede.

    una delle cose che mi è rimasta di più delle scuole superiori, è una conferenza di un sopravvissuto di Auschwitz, Nedo Fiano, che raccontava in lacrime la sua esperienza…

    O le parole di Elie Wiesel sulla morte (o suicidio?) di Primo Levi “Morto ad Auschwitz quarant’anni dopo” …

  18. Erica
    8 aprile 2011 a 17:36 | #18

    IO MI RICORDO SEMPRE DI QUELLA DONNA NUSKA HOFFMAN EBREA RINCHIUSA E SOPRAVVISUTA AD AUSHWITZ,ERA 10 ANNI FA,E AVEVA SEMPRE IL NUMERO STAMPATO SUL BRACCIO….ERAVAMO A LUCCA,QUANDO CE LO RACCONTAVA…HO SEMPRE I BRIVIDI….SE CI PENSO.

  19. Bosco
    8 aprile 2011 a 21:06 | #19

    Nedo Fiano ragazze….sopravvissuto ad Auschwitz ha ancora il numero sul braccio. Suo figlio è sopravvissuto all’11 Settembre e dei due è il padre che ha dato forza al figlio! Ringraziamo ogni giorno che siamo qui davvero con umiltà. Vi voglio bene, tantissimo. Vostra Fede

  20. Baba
    8 aprile 2011 a 23:32 | #20

    Fra qualche giorno sarò chiamata dal notaio per l’atto di vendita della casa in cui è nata mia madre con altri sei fratelli e sorelle.Quanta tristezza nel mio cuore, lì ho vissuto gli anni della mia infanzia e della mia adolescenza. Pomeriggi estivi e serate invernali trascorse intorno al fuoco ad ascoltare gli zii che parlavano degli orrori della guerra, della fame, dei sacrifici. Il ricordo piu’ bello è quello di mia nonna a cui tutte le persone meno fortunate si rivolgevano per farsi leggere le lettere che arrivavano dal fronte e a cui con tanta pazienza rispondeva traducendo dal dialetto in italiano cercando di interpretare al meglio i sentimenti di quelle persone. A volte prima di addormantarmi chiedevo a mia zia di tenere accesa la luce perchè avevo paura. Paura di che? mi chiedeva zia, mi diceva spegni la luce, ricordati nella vita devi avere paura della paura!!! Non lasciarti mai sopraffare dalla paura altrimenti ti blocchi e non vai avanti… mi diceva, pensa a quanto sei fortunata, la guerra oggi è un brutto ricordo…le generazioni future devono fare tesoro di cio’ che raccontiamo perchè non si ripetano gli stessi errori. Da tanto tempo mia zia non c’è piu’, se solo potesse vedere quello che accade oggi nel mondo, direbbe che stupidi gli uomini!!! Grazie Federica per gli spunti di riflessione che ci offri attraverso il tuo blog. Un caro abbraccio!

  21. Vale
    11 aprile 2011 a 12:36 | #21

    quando racconti di tua nonna che ti parlava della guerra mi sembra di vedere me che ascolto annoiata mio nonno che è tornato dalla Russia a piedi.
    Qaundo ero giovane, stupida e piuttosto ignorantella non mi chiedevo molto spesso perchè lui, mio nonno, guardava tutti i documentari sulla guerra…adesso che non c’è più vorrei che fosse ancora qui a raccontare per poter sapere di più…e per poter raccontare un giorno ai miei figli (non ne ho ancora) quello che aveva vissuto.

  22. 12 aprile 2011 a 8:53 | #22

    Buongiorno a tutte!!!! Non sapevo dove scriverlo, ma volevo darvi la notizia più bella in assoluto: il 3 maggio parto per l’Uganda e ritornerò il 5 giugno!!!!! :))))))))))
    Sono felicissima e ora posso dire che i sogni si realizzano..basta avere pazienza, fiducia e determinazione!
    Buona mattinata!!!!vi abbraccio

  23. barbara
    12 aprile 2011 a 8:55 | #23

    Buon giorno a tutti… leggo solo ora, e condivido il pensiero di Federica. Anche io ho avuto una nonna che ha vissuto in prima persona tutte e due le guerre (la prima era una bimbetta). Mia nonna e mia mamma sono di Firenze, e sono cresciuta con i loro racconti … si perchè anche mia mamma ha vissuto sulla sua pelle la seconda guerra. Sono state sfollate nelle campagne fiorentine. Ho sempre voluto che i miei figli si rendessero conto della loro fortuna, e quando si lamentano (per fortuna raramente) gli faccio presenti altre realtà … senza dover andare troppo lontano. A tutto questo erò c’è il rovescio della medaglia, perchè il mio secondo genito è molto, molto sensibile, percui quando un avvenimento “pesante” colpisce la nostra famiglia, va nel panico… oppure basta che guardi qualche scena di un telegiornale che descrive fatti di cronaca (ed in questo periodo ne siamo pieni), che subito si preoccupa possa accadere la stessa cosa qui in Italia…

  24. Fabberix
    13 aprile 2011 a 10:47 | #24

    Fede, citavi - fra i falsi problemi - il non riuscire a trovare un fidanzato. Io non riesco a trovare una fidanzata: e’ grave?

  25. Michela
    9 maggio 2011 a 19:26 | #25

    Grazie Federica per aver condiviso questa riflessione (letta solo ora) e averci incoraggiato a valutare i nostri apparenti problemi con un po’ di prospettiva. Penso che la scontentezza sia un malessere diffuso nella società moderna, abbiamo troppo, troppe scelte, vogliamo sempre di più o qualcosa che non abbiamo, non riusciamo a dare un significato alle nostre esistenze e ci dimentichiamo di essere grati per ciò che abbiamo ma che non sappiamo apprezzare se non quando ci viene a mancare.
    Le nostre vite sono diventate più complicate di quelle dei nostri nonni/genitori e ciò ha creato nuove ansie e preoccupazioni.
    Vogliamo essere felici, ma non sappiamo come.
    Io stessa mi ritrovo fin troppo spesso a girarmi e rigirarmi nel letto, insonne, non riuscendo a darmi pace per cose che, in fin dei conti, non sono di vitale importanza ma che, probabilmente in mancanza di problemi più critici, si ritrovano ad occupare la mia mente.
    Come hai detto giustamente, “la mente umana è una scatola oscura e pericolosa” e dobbiamo in qualche modo saper frenare questo meccanismo perverso. Un abbraccio.

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