Karibu Tanzania! Part 4
(Segue da Part 3)
Partiamo da Lake Manyara direzione Serengeti Park ,la cui esatta pronuncia in Masai -come ci viene più volte ricordato- è “Siringeti” e significa “terra infinita” ,ma che a mio avviso sarebbe stato meglio chiamare “polvere infinita”!
Da questo momento in poi ci troveremo la sabbia anche nelle mutande.
La strada per arrivarci è la peggiore mai provata in tutta la vita, forse giusto Indiana Jones ci si sarebbe divertito.
E’ una strada di terra,battuta malamente, piena di piccole cunette su cui il Land Rover senza ammortizzatori trema all’impazzata per circa 200 kilometri che,a 70 all’ora, percorriamo in circa 4 ore….
Ci sentiamo come le palline dell’ estrazioni del Lotto!
All’incrocio con altre jeep,si levavano immense nuvole di polvere contro cui non si poteva far molto eccetto chiudere rapidamente il finestrino (alla fine della settimana avevo il bicipite di Schwarzenegger) cosa che non impediva comunque il respirare tonnellate di terra.
Il caldo è folle e,per difenderci, non possiamo far altro che stare fermi fermi e guardare fuori.
Se devi fare la Milano - Roma ti fermi in 15 autogrill, bevi il Gatorade, mangi il Camogli, vai in bagno, ti fumi la sigaretta, ascolti la radio, parli al cellulare e ti lamenti.
Lì invece è tutto talmente estremo che diventa una specie di meditazione.
Non sai quando arrivi, non ti puoi fermare, non puoi scendere (eccetto in qualche sosta autorizzata che non sai dov’è),e soprattutto, non puoi assolutamente farci niente.
Intorno a te c’è terra sterminata,spietata, secca, mangiata dal sole,
ed è lì che cominci a tirare fuori le risorse ,nonostante il disagio, perchè non hai nessun potere, e non puoi fare altro che contemplare, lasciarti andare e sperare di essere abbastanza idratato! L’unico sollievo me lo dava ogni tanto un tipo di respirazione yoga, il Sitali Pranayama che praticano in India quando fa un caldo cane: si tratta di respirare attraverso la lingua arrotolata, ovviamente non ve lo consiglio quando siete in metro o al ristorante…
Finalmente arriviamo all’entrata del parco.
C’è una burocrazia assurda fatta di fogli, prenotazioni, e carte prepagate che non si leggono. Il buon Fadhili si smazza diligentemente tutte le file insieme agli altri autisti all’ingresso ogni volta.
E ogni volta c’è una bega.
Il business dei parchi è qualcosa di incredibile, il prezzo giornaliero a persona è di circa 50 dollari più la macchina e nel tragitto fra parco e parco paghi il pedaggio come in autostrada, ho letto che il 10 di Agosto al parco di Ngorongoro hanno contato 350 macchine…
E poi mi chiedi la mancia?
Ci fermiamo all’ingresso del serengeti per il solito lunch box, Attilio è arrivato a mangiare 3 uova e 2 salsicce al giorno, sta cambiando forma e colore, io continuo a mangiare banane e sto cambiando anch’io forma e colore.
Cominciamo a vedere facce conosciute: tutti gruppi di italiani lamentosi incrociati agli aeroporti.
Non c’è un posto per sedersi tranquillamente e ci sistemiamo a un tavolo occupato da una famiglia che mi sembra ,a colpo d’occhio, straniera.
Ci parliamo in inglese un attimo e poi sento la mamma dire : “certo ci voleva proprio una bella birretta!” . Penso immediatamente che lei potrebbe diventare la mia migliore amica della vacanza, la figlia la prende un pò in giro, è troppo carina e il babbo le fa eco,sono completamente diversi da tutti gli italiani che abbiamo incontrato finora, sono rilassati e alla mano e la ragazzina a un certo punto se ne esce con: “La nonna però beve!” e la mamma “La nonna non beve, ma è molto brava a rompere le palle!”.
A quel punto non resisto e dico: “Potrei stare qui ad ascoltare questa conversazione per sempre!” e siamo diventati amici.
Dopo pranzo ecco che il safari vero e proprio comincia.
Entriamo in una zona coperta da paglia dorata alta come me, sembrano capelli biondi, là in mezzo ci può essere di tutto, e devi resettare la vista per l’ennesima volta per riuscire ad avvistare i felini che hanno lo stesso identico colore dell’erba.
Non passano dieci minuti che Fadhili ci grida: “Chetaah!”
Ora,dico io, che bisogno c’è di fare tutto sto casino per una scimmia?
E capisco che Tarzan non era un tipo tanto sveglio se ha chiamato la sua scimmia “ghepardo!”.
Eccola lì, a 3 metri da noi, già circondata da 5 o 6 macchine,mentre scruta l’orizzonte con le sue lacrimone nere.
Siamo tutti emozionati e cominciamo a fare 1000 foto finchè qualcuno da un’altra macchina grida “Lion!”
E cazzo, questa l’ho capita anch’io! Dove dove?
E la povera Cheetah viene snobbata all’istante in favore di una famiglia di leonesse sbracate per terra poco più avanti.
Il gruppo di guardoni si sposta in massa e riprendiamo tutti a fotografare in preda a “uuuhhh!” “ooooh” e “non ci posso credere!”.
Sembriamo rincoglioniti lo so, ma il predatore fa sempre quest effetto (un pò in tutti i sensi no?? )
Le leonesse vivono in branco e si gestiscono i figli come fossero zie, facendo credere al leone di essere il re della foresta mentre si pavoneggia su qualche masso con la criniera al vento.
Sono le leonesse a cacciare e a farsi il culo, lui arriva la sera e domanda “che c’è per cena? Uffa ancora bufalo?” e poi si serve per primo!
Però…E’ troppo fico! (Vero signore??)
Proseguiamo per chilometri e chilometri, avvistando elefanti, impala, gazzelle Grant (dette anche Mac Donald’s per la M stampata sulle chiappe!).
Siamo stravolti, ma è tutto troppo bello per essere vero, non ci curiamo neanche più della polvere (mio grande errore che pagherò probabilmente per i prossimi mesi ora che ho la tisi del minatore!) non faccio pipì da ore, non so neanche più come mi chiamo nè dove sono, e non me ne importa niente.
Il Serengeti è il mio preferito, ma l’ho detto per ogni parco che ho visto.
Voglio vedere più leoni, voglio scene di caccia, agguati, sangue,cornate, National Geographic, questa savana mi sta prendendo la mano!
Ed ecco che ci dice culo.
Fra i Big Five (leone, bufalo, rinoceronte, leopardo, ed elefante) il più duro da avvistare dopo il rinoceronte (che è quasi del tutto estinto!) è il leopardo che tutti definiscono “shy”,timido (!).
Be, timido o no, eccone uno lì che se la dorme fra le frasche incurante dei paparazzi a un metro da lui.
E’ qualcosa di straordinario, è perfetto, un’opera d’arte, un gattone dipinto a mano che ha un’aria così indifesa e tenera che pare incredibile che ti ridurrebbe in poltiglia nel giro di un quarto d’ora.
Non sembra essere disturbato dalla tifoseria, è anche lui un prodotto della globalizzazione e come tale si adegua.
Proseguiamo il nostro giro, altri leoni, altri elefanti, e questa bella ragazza che ci regala uno sbadiglio che mostra denti lunghi quanto il mio dito indice…
Sreamati e con gli occhi pieni di meraviglia,arriviamo nel tardo pomeriggio al Seronera Wildlife lodge.
Il primo della catena di lodges di proprietà indiana in cui alloggeremo nei giorni seguenti.
Il fatto di vedere degli indiani cazziare pesantemente degli africani sotto l’egida britannica è una bella contraddizione in termini e ,come spesso accade, quando dai un biriciolo di potere a qualcuno che è stato a lungo sottomesso, stai pur certo che diventa uno stronzo e in effetti, lo staff non era dei più cordiali,nè con i clienti, nè con il personale, anche se ho motivo di credere che verso gli italiani ci fosse una particolare forma di astio non del tutto ingiustificata…
Ci danno una camera sul parcheggio che ci va più che bene, tanto alle 9 stiamo già dormendo, ci informano delle solite formalità: l’acqua la notte non c’è e nemmeno la luce, la cena è imperativamente fra le 7 e le 8 e tassativo: non aprite le finestre o i babbuini vi distruggeranno la camera in cerca di cibo.
Non erano babbuini erano demoni travestiti da scimmie, di una cattiveria unica, dispettosi e aggressivi che cagavano apposta dalle scale di sopra e la notte cercavano di aprirti la porta a culate.
Il lodge è comunque incantevole e la vista mozzafiato.
Al ristorante un buffet enorme di cucina internazionale, di matrice indiana, alla fine per mangiare Africano dovrò andare al ristorante a Roma.
Hanno solo il brutto vizio di cercare di venderti bevande a tutti i costi in maniera un tantino insistente. Oltretutto avevamo ancora la macchina piena d’acqua così alla fine ce la siamo portata a tavola fra il disprezzo dell’obeso general manager indiano.
La mattina ripartiamo all’alba per proseguire il tour dell’infinito Serengeti.
L’aria è magnifica, ogni angolo ha profumi diversi, e colori diversi, non ti stanchi mai di essere sollecitato da qualcosa di nuovo e straordinario.
Ci sono oasi verdissime con palme e laghetti di acqua dolce,alternate a distese di erba secca e acacie,e ad ogni minuto del giorno tutto si trasforma in qualcosa di più intenso ed estremo.
Ci fermiamo davanti ad un laghetto pieno di ippopotami (che misteriosamente non disdegnano di sguazzare nella reciproca cacca!) che sonnecchiano e si rotolano.
Una leonessa di avvicina per fare la furba e viene messa in fuga dall’ippopotamo della Pampers con le sue gambette corte e il capoccione!
Mentre siamo lì a fare i soliti “uuhh!” e “aaaah!” e “non ci posso credere!” mi metto ad ascoltare la conversazione della Jeep di fronte a noi: un italiano pìssero e scazzato,al cellulare con la sua agenzia di viaggi.
Fadhili fa per partire, ma lo placco, sono disposta a requisirgli le chiavi della macchina pur di sapere.
Curiosa come una scimmia,indirizzo la parabola verso di lui e mi metto in ascolto.
In sintesi questo era: “La vacanza è quasi finita, sono 4 giorni che vi chiamo e vi fate vivi solo ora,è stata una escalation di disagi, quello di stanotte il peggiore: sono andato in bagno e non c’era l’acqua, si immagina? Sono dovuto andare al bagno della piscina e questo è solo l’ultimo di una serie di problemi che abbiamo avuto, le camere erano sporche, i bagni sporchi, mi avevate detto che era alta qualità e per me i soldi non sono un problema!”
Uhhhh Fadhili come si dice in Swahili :”che dito ar culo?”
Ma perchè non ti hanno strappato il passaporto alla dogana eh? Perchè non te ne vai a Porto Rotondo o al chia Resort con gli amici tuoi?
Ci chiediamo in quale misteriosa e fatiscente struttura abbia alloggiato, anche perchè se il tuo problema è quello di tirare lo sciacquone la notte perchè ti vergogni di aver pisciato, ci sono diversi psichiatri freudiani che non vedono l’ora di averti sul loro lettino!
Ironia della sorte a pranzo lo rivediamo al Seronera!
Il lodge era il nostro e la camera identica, e non era nè sporco,nè disagevole, anni 70 sì, ma lo considero solo un vantaggio.
A pranzo è stato tutto il tempo a compilare un modulo di feedback insieme all’invisibile ed inutile moglie circa tutto quello che era andato storto con commenti del tipo: “how was the safari?” “Speed!”.
Ovviamente abbiamo raccontato tutto a Fadhili , amico della guida del ditoarculo, a cui stava creando non pochi problemi diffamandolo vigliaccamente con l’agenzia italiana e sorridendogli e ringraziandolo davanti.
Una cosa che, mi dispiace ammetterlo, è molto, ma molto italiana!
Proseguiamo per il Nord del Serengeti e continuiamo ad avvistare ragazze e ragazzi.
Leonesse come questa qui con la zampa massacrata,che ci passano davanti alla jeep come nulla fosse,e ancora elefanti, avvoltoi, iene, e francesi!
Nel pomeriggio arriviamo ad una lurida pozza di ippopotami che si spruzzavano alla bell’ e meglio.
Non c’è più acqua ma solo sterco e tanto!
I poveretti hanno una pelle così delicata che se non si bagnano di continuo rischiano di piagarsi la pelle e farla infettare in maniera drammatica.
Fra loro c’è anche un alligatore, e una coppia di francesi (evidentemente padroni del laghetto) che si fanno mille fotografie con il loro “cannone” ,fottendosene di tutti gli altri disperati, assetati e cotti dal sole come noi che vorremmo farcene giusto una!
La sera ci dirigiamo verso il Lobo Wildlife Lodge di cui mi innamoro perdutamente. Siamo a circa 1500 metri tira vento e sembra di essere in montagna e il lodge è in cima lassù che domina la vallata fra gli alberi e le rocce.
E’ maestoso e caldo, arredato in stile etnico indo africano con lampade colorate, legno, ebano e tappeti.
Voglio lasciare un curriculum.
Nel ristorante c’è un albero di sicomoro,protetto da una teca di vetro, dove un leopardo nei primi anni 70 scendeva ,ancora convinto che fosse casa sua seminando il panico fra i turisti.
Anche qui la cucina è rigorosamente filo indiana e fanno un “masala” di melanzane da urlo la cui ricetta Attilio mi ha costretto ad estorcere al cuoco che me l’ha copiata per filo e per segno in una minutissima calligrafia ,dopo aver chiamato la madre a Mumbay!
Attilio fra le altre cose aveva il raffreddore del secolo, se l’era preso la mattina all’alba del Lake Manyara.
A un certo punto ha detto:” Ecco!Ho il raffreddore!”.
“Ma va che dici? Come fai a saperlo?”
“Lo so, lo sento! Ti ricordi l’anno scorso in Grecia quando siamo scesi alle grotte?”
“Atti siamo in Africa, non puoi prendere il raffreddore qui!”
Invece si è beccato il re dei raffreddori,con 3 giorni di starnuti, febbre e tachipirina e dove io,anzichè aiutarlo,non facevo che sfotterlo tacciandolo di “anello debole”.
Arrivati al ristorante, il cameriere ci chiede se vogliamo dividere il tavolo con altre due persone, dato che non ce ne sono più da 2.
Diciamo che non c’è problema, tanto il tavolo che ci offrono è grande e poi 2 chiacchiere eventualmente si possono anche fare.
Ma ahimè, non con loro: una coppia di francesi odiosi, che non hanno alzato neppure la testa dal piatto per dire buonasera e, incuranti che il francese non sia una lingua misteriosa (e che sfortunatamente per loro ho vissuto in Francia sufficientemente a lungo per capire ogni carognata anche in “verlan”), ho ascoltato tutte le loro critiche su chiunque e qualunque cosa ovviamente compresi noi 2.
Non ho potuto evitare di augurare loro uno splendido proseguimento di soggiorno col mio migliore accento…
L’indomani partiamo alla volta della regione del Lobo, che a me (ma solo a me) ricordava la Val d’Elsa!
Un’ infinita distesa di colline e alberi riposanti, senza niente e nessuno, a parte noi.
Ma Fadhili non è soddisfatto perchè non avvistiamo niente di particolare, cioè nessun “gatto”. Allora decide di fare un piccolo fuoristrada dove, per fuoristrada, intendo incastrarsi con la Jeep in verticale per finire sotto un sicomoro dove a lui sembrava di aver visto qualcosa.
E quando Fadhili pensava di aver visto qualcosa, 99 su 100 l’aveva vista.
Così ci infiliamo in un mezzo burrone e alzando gli occhi vediamo un enorme leopardo su un albero.
“Un altro? Ma è un miracolo!Ma… lì ce n’è un altro” dice “sono una coppia in luna di miele è un evento rarissimo!”
E io penso, che meraviglia, ma non rompiamogli i coglioni più di tanto no? Insomma sono pur sempre dei leopardi…
“Ma no,non abbiate paura ora ci avviciniamo!”
“Mmm…ma …perchè…insomma si vedono benissimo così da 3 metri!
Come non detto, si avvicina ancora di più e la femmina scende di corsa, ma coperta dalle frasche non vedo più dove sia.
Potenzialmente ci può sbranare perchè il tetto non si chiude, è come se fossimo una scatoletta di Simmenthal aperta! Mi chiedo se lei lo sa.
Ma Fad è tranquillo e spegne la macchina, mentre Mario e Pippo nel panico cominciano a raccogliere binocoli, macchine fotografiche,telecamere,e carta igenica, tanto che Attilio perde il primo paio di occhiali nuovi!
Fad non è contento finchè non abbiamo scattato una foto dell’interno del padiglione auricolare, “sì, sì fatto vai tranquilllo!” e finalmente ci muoviamo verso la salvezza.
Ma sulla strada incontriamo subito una Jeep: sono i francesi stronzi della sera prima!
Supplico Fadhili di non dirgli che ci sono i leopardi, non se lo meritano!
Lui ride e dice che l’etica non glielo consentirebbe, ma quando incontra l’altra guida glielo spiega in swahili, non si capisce un cazzo, ma si capisce tutto!
Amo questa lingua!
Un’ altra deviazione per vedere una cheetah incinta e farci attaccare da nugoli di mosche tzè tzè che ci pungono come cavalli.
L’Autan gli fa un baffo, anzi si eccitano e l’unica possibilità è quella di coprirci completamente nonostante i 45 gradi all’ombra!
Piano piano riscendiamo al Seronera Lodge dove ci danno un’altra camera e capiamo perfettamente quanto gli stiamo sulle balle.
L’ultima camera al confine con il nulla piena di gechi, insetti e un sottofondo di ippopotami
notturno.
Pazienza, non ci lamenteremo nemmeno del pipistrello appeso fuori della porta, ormai siamo tutt’uno con la natura.
Stiamo diventando sportivissimi, non ci ferma più niente, non abbiamo più nulla di pulito, ma non ci interessa,siamo fierissimi del bagaglio minimal preso a sconto alla Upim, abbiamo un sorriso ebete e siamo mezzi malati, ma va benissimo così.
Incontriamo la famiglia di italiani di due giorni prima e tiriamo tardi (le 11 e 30!!) ad ammazzarci dalle risate e fare a gara a chi ha visto più cose.
Hanno vinto decisamente loro con il leopardo che si è nascosto sotto la loro macchina!
A nanna, perchè l’indomani ci aspetta ancora un giro di Serengeti e la lunga strada fino al cratere di Ngorongoro che è su a 2200 metri e ci fa un freddo cane, naturalmente Mario e Pippo non sono attrezzati e sento che mi sto ammalando anch’io, ma mi guardo bene dal dirlo ad Attilio!
Continua…
Sempre più avvincente! Dev’essere stato un viaggio sicuramente imperdibile, da fare almeno una volta nella vita…
Oltre alla storia, alle parole che usi e al viaggio, volevo fare i complimenti anche per le immagini; Federica fotografa merita molti apprezzamenti! Foto veramente belle!!
Fantastico Fede.. sembra di essere lì con te!
un racconto dettagliatissimo e corredato da foto veramente splendide!!!
la cosa più triste è non riuscire a comprendere la differenza tra un viaggio ed una vacanza e quegli idioti che avete incontrato sul vostro cammino ne rappresentavano la testimonianza vivente……viaggiare dovrebbe aprire la mente ma rimangono chiusi nel loro mondo pretendendo un piatto di fettuccine anche in capo al mondo!
Solo guardando e leggendo il tuo racconto mi viene il ‘mal d’Africa’.. Sembra un altro mondo eppure sia l’America che l’Africa si trovano sulla Terra. Veramente affascinante!
… ahahah che ridere quando ho letto dei francesi a cena e del tuo saluto nella loro lingua!! MITO!!!
…. se è possibile mi sta venendo anche a me il “mal d’africa”… ora mi tuffo nella campagna lumbarda e immaginerò che le zanzare della bassa siano le tsè tsè (… anche no in effetti)
grazieeeeeeeeeeeeeeeee..
Cacchio…Di idioti che non capiscono la differenza tra vacanza ed avventura..è pieno!
E non si godono mai un cacchio…Ecco, la descrizione “dito al culo(insabbiato,aggiungo io) ” calza a pennello.
Mi sono riempita gli occhi di Africa leggendo.
Meraviglia!!
Ormai sono senza parole!!!! Che spettacolo, Fede…
Senti ma non è che dopo la fine della vancanza continueresti la storia inventandotela? perchè questo appuntamento fisso all’ora del carosello mi piace troppo!
Meraviglia… mi stai facendo venire la voglia di fare un viaggio così anche a me!
Certo che incontrare personaggi del genere fa venire voglia di andare in isolamento! Non ho parole per la loro idiozia! Però avrei voluto vedere le facce dei francesi quando li hai salutati!!
I babbuini così strunz non ce li facevo però ahaha!
Viaggio fantastico..
Splendido racconto. Ho dovuto interrompere la lettura causa altri impegni ma il mio pensiero è rimasto qui ed eccomi a leggere il finale di una vacanza memorabile … “raffreddori”, L’italiano “ruffiano” e i Francesi “rompic …” compresi!! Grazie Fede.
PS. @Martyna: propongo di mandare in isolamento certi personaggi anzichè andarci noi, che ne dici?
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