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Karibu Tanzania! Part 3

(Segue da Part 2)

E’ il terzo giorno, o almeno credo,perchè non siamo più padroni del nostro tempo in quanto è tutto (fortunatamente) deciso da San Fadhili con una precisione da organizzatore di sfilate di Lagerfeld!: sa esattamente quando potremmo aver bisogno di andare in bagno, quando e se  abbiamo fame,caldo, freddo e  ogni tanto ci interroga su quello che ci ha spiegato i giorni prima e noi due dietro a darci di gomito: “come cazzo si chiamava quell’uccello col becco rosso che mangia solo sterco?” “Ma che ne so digli Martinpescatore!” “Sbagliato!” tuona Fadhili e ci fa una nota sul registro.
Per evitare il casino che si crea ai parchi nell’ora di punta che diventano davvero come il G.R.A,Fadhili  preferisce di gran lunga le alzate mattutine e ci dà appuntamento alle 6 .
Il Masai di turno ci viene a svegliare alle 5  nonostante non glielo avessimo chiesto (la fama di Mario e Pippo è arrivata anche qui!) è buio pesto, la luce non è ancora tornata, ma tanto ho una pila con cui illumino facilmente la grotta Azzurra.
Durante la notte nella tenda abbiamo sentito di tutto,ululati, guaiti, abbaii, ma nessun verso riconducibile a un qualche animale nostrano che so io un cane, un gatto, un galletto, nella migliore delle ipotesi erano iene,bufali o sciacalli, comunque niente che avresti voluto incontrare andando in bagno!
il vento forte faceva tentennare e strusciare la chiusura lampo della tenda per terra ed ero straconvinta che fossero entrati almeno 3 serpenti che mi sarei trovati arrotolati sulla pancia, a conciliare  il sonno invece,veloci  zampette correvano impazzite sul tetto della tenda, e qualcosa mi diceva che non fossero piccioni.
L’ho scoperto l’indomani:p1070958 Gechi impertinenti da 6 etti l’uno che correvano tutta la notte come pazzi in cerca di insetti.
Usciamo ed è notte fonda, ci siamo messi addosso tutto quello che avevamo, ma quando fai una valigia a 39 gradi, è difficile organizzarsi per il freddo: ti sembra impossibile e continui a ripeterti, vabbè mi basta il pile…
3 magliette, un golfino, un pile, una giacca a vento e un cappello dopo, stavamo ancora battendo i denti, in piedi sulla jeep armati di binocolo prima ancora dell’alba.
I primi ad entrare al Lake Makyara Park, solo noi 3 e la natura,una sensazione pazzesca!p1070961
E quell’aria frizzantina, profumata di fiori di mango bianco e acacie, avresti voluto prenderne un campione da portarti a casa e da aprire in coda sulla Prenestina!
Sembravamo due bambini in pasticceria.
p1070876Ecco che cominciamo a vedere i primi babbuini (le femmine in calore hanno un culo così rosso che avrei voluto lanciargli un tubo di pasta di Fissan!).
Sono strafottenti e stra-abituati ai turisti,come tutti gli animali del resto (cosa che spesso mi faceva ricordare Madagascar dove il leone faceva lo show per i turisti allo Zoo di New York) e ti camminano davanti in tutta calma.
Gli elefanti che preferirei non andare a disturbare troppo da vicino, hai visto mai che uno s’incazza, ma Fadhili sembra conoscerli per nome e spegne la macchina proprio lì davanti alla mamma e al piccolino. Lui,al contrario di noi  sa leggere il “Body language” del pachiderma e ci insegna che,se muove le orecchie dolcemente, è per attivare un sistema di refrigerio grazie alle  vene  che riportano il sangue fresco giù lungo il corpo e che comunicano con le vibrazioni prodotte da colpi di zampa, ma anche facendole ondeggiare avanti e indietro. Ci spiega come distinguere un maschio da una femmina (dalla testa!) e che per sopravvivere devono mangiare un paio di quintali di erba al giorno annaffiati da altrettanta acqua.p1070971
Eravamo incantati da tanta bellezza, ti chiedi come si possa essere così stronzi da chiuderli nello zoo e torturarli per staccargli le zanne e il mio pensiero è corso alle 2 povere elefantesse prigioniere del Bioparco di Roma da quasi 40 anni…
E poi le giraffe, le mie preferite insieme ai facoceri!
Scomode scomode con quei corpaccioni dinoccolati a metà fra un cammello scemo e un cavallo rinco!
Con le ciglia lunghe per non pungersi con le spine delle acacie e quel collo inutile che le costringe a posizioni yoga tipo questa per bere, ma soprattutto devono farlo in fretta per p1070990non avere capogiri col sangue che va troppo in fretta alla testa! La natura spesso è cinica!
Pare comunque che la giraffa sia difficile da cacciare perchè è scomoda da addentare e scalcia parecchio, le statistiche parlano di sole 4 giraffe mangiate  l’anno, poi però ho visto questap1070873…magari era la terza!
Il Lake Manyara è decisamente unico, è pieno di verde, ma anche “savanoso”, il lago di origini vulcaniche permette la crescita di una vegetazione ricchissima e varia ed è una specie di polmone d’ossigeno a 2 passi dalla città. L’unica incognita è stata quella dei leoni: nei siti leggevo che “stavano sugli alberi come frutti maturi” in realtà abbiamo visto solo le impronte (altra cosa su cui Fadhili non ha mai smesso di interrogarci!). In effetti considerando che sono gli unici veri predatori,che gli frega di stare dove ci sono decine di macchine che girano per fotografarli? Se ne stanno giustamente imboscati fino a chiusura.
Ma di leoni ne avremmo visti a sfare i giorni seguenti.
p1080026Intanto si era fatta ora di pranzo al sacco e ci siamo fermati a fare pic nic a 2 passi dal lago anche se avevo la sensazione che non fosse un posto di quelli autorizzati, ma Fadhili ci ha detto di non preoccuparci perchè le giraffe ci avrebbero avvertito (che culo!). Non ho mai smesso di guardarmi le spalle!p1080015
Dopo pranzo continuiamo a girare, ma percepisco che Fadhili non è soddisfatto perchè non avvista leoni, allora si arrampica con lamacchina per una salita sterrata di pendenza 98% dove  ci appendiamo al tettino per non volare fuori e si produce nell’ imitazione del leone che fa scappare tutte le gazzelle presenti, segno che qualcosa di sensato deve pur aver detto!
Al che mi domando che,se per caso ha detto qualche cazzata, ci troviamo il leone seduto sulla macchina a chiederci: “A chi è che avresti dato del cornuto?”
Nel primo pomeriggio torniamo di nuovo al Lake Manyara lodge, non avendo molto da fare ci propongono una passeggiata col Masai. Ci guardiamo un attimo interdetti, dato che lì intorno non c’è assolutamente nulla, ma ci rassicurano che sarà una bella esperienza visitare “the fisherman hut” e il “Masai boma” cioè il villaggio.
Ci dicono che ci costerà qualcosina, ma meno di quello che chiedono di solito, ci accordiamo per 30.000 scellini che sono più o meno 25 dollari.
Che di per sè sono già una follia, ma tant’è.
Il Masai si chiama Kimani, potrebbe avere fra i 18 e i 60 anni,è lo stesso che fa le ronde di notte e con cui la sera prima avevo parlato almeno per 10 minuti mentre mi scortava alla tenda,e dal fatto che ridesse alle mie battute mi ero convinta che parlasse perfettamente inglese, invece ho capito dopo che era una specie di  mimo che rideva quando ridevo io e faceva spesso sì con la testa al momento giusto.
Lo scopro  quando il direttore ci dice: “lui non parla inglese, vi mostrerà le cose indicandovele, ma non preoccupatevi perchè vi riporterà a casa..”
Questo è quello che tutti vorrebero sentirsi dire prima di partire per una camminata nel nulla con un sordomuto.
Mario e Pippo in viaggio col Masai.
p1080051Ci guarda e ci fa segno di “andiamo” e parte in cavalleria camminando a 20 all’ora vestito con la classica coperta scozzese,le scarpe fatte col copertone delle ruote l’ inutile lancia nella destra e il telefonino nella sinistra.
Siamo totalmente nelle sue mani.p1080053
Non abbiamo capito dove cazzo stiamo andando, e sono le 4 e 30 quindi il caldo è totale, arranchiamo camminando nell’erba gialla e secca, la terra sotto le scarpe  scricchiola come marzapane grazie al mix di sale e guano.
Il puzzo di pesce marcio e cacca di fenicotteri è stomachevole,ma  lui punta ostinato (parlando al cellulare) in una direzione dove non c’è assolutamente niente e ogni volta che gli indico il vuoto e dico: “Village?” mi fa sì con la testa.
Dopo UN’ORA E MEZZA di cammino capisco che mi sta prendendo per il culo!p1080049
Non arriveremo da nessuna parte e moriremo lì.
Finchè intravediamo 4 pali e un tetto ondulato.
“Village?”
Fa di nuovo sì con la testa.
p1080055Gli sorrido e cerco di comunicargli telepaticamente: “sai dove te la caccerei la lancia ora?”
Ci avviciniamo per scoprire che la baracca è la famosa “fisherman hut” dove 3 disgraziati passano la giornata a pescare con due piroghe intagliate alla bell’e meglio.
Non riesco a capire che si dicono e per un attimo penso che ci faranno fuori e,tanto, nessuno lo saprà, nemmeno la Farnesina.
Guardo il polso di Attilio e noto che si è rimesso il Rolex.
Vorrei ammazzarlo.
Flashback un giorno prima della partenza:
F: Atti,andiamo in Africa, non puoi portarti il Rolex
A: E’ un regalo di mio padre sai che non me lo tolgo mai!
F: Okay quando per i prossimi anni ti guarderai il moncherino per sapere che ore sono non dire che non ti avevo avvertito!

Immagino per un attimo il peggio, salvo poi accorgermi che i pescatori sono molto fieri di mostrarci una cassa di pesce morto in una bacinella.
Ci guardiamo interrogativi: dobbiamo comprarlo?
Kimani ci sorride e ci mostra le piroghe.
Ci guardiamo ancora più interrogativi: dobbiamo salirci?
In tutto questo ci spertichiamo in complimenti mimati per fugare l’ansia, con me che faccio il gesto di pescare e Attilio che tocca la piroga come un esperto ebanista!
Capiamo dopo 5 minuti che è tutto lì e che possiamo tornare a casa.
Non ci posso credere un’altra ora e mezzo di marcia per aver visto 2 piroghe.
La prendiamo a ridere e per far passare il tempo faccio un altro pò di gioco dei mimi con Kimani che non capisce una gran mazza, ma sorride sempre.
Finalmente in lontananza intravediamo il nostro lodge.
La salvezza è vicina, ma invece di riprendere il vialetto, lui ci fa segno di seguirlo dicendo “Boma” e indicando una capanna.
Come boma? Il villaggio Masai era a un metro e mezzo da qui e tu mi hai fatto camminare per 3 ore nel nulla a vedere due pesci marci per farti dare la mancia?
“A fijo de na mignotta” gli ho detto in perfetto Swahili.
Ed eccoci al villaggio: 3 capanne di sterco di mucca e un recinto e fin qui niente di che.
Kimani picchia due volte sul petto e dice con grande orgoglio : “This is  real Masai, not tourist!” ad indicare  che loro sono veri Masai e non fanno ipagliacci come quelli che  fanno la danza e le foto, non ti vendono 100 dollari di collanine e ti chiedono solo 24 dollari per il disturbo.
Ah l’ onesta!
Ci accolgono 5 o 6 bambini fra i 4 e i 10 anni che portano nel  marsupio altri bambini piccolissimi coperti di mosche.
Un paio di ragazze, un giovane con le treccioline rosse e alcuni monili, ma non vediamo nemeno un uomo.
L’anziana ci accoglie sorridente (almeno con quello che le resta dei denti) e le lunghe orecchie sformate dal peso degli orecchini, nessuno parla una parola di inglese, i bimbi ti appoggiano la testolina in grembo e se la fanno carezzare come i gatti.
Kimani ci mostra il recinto per le mucche e  la porta fatta con un cespuglio che apre e chiude più volte nel caso non ci fosse chiaro.
Noi continuiamo ad annuire e sorridere.
Finalmente ci mostrano la capanna: non si vede un cazzo, sono quasi le 7 e il sole sta tramontando, entriamo tutti e 15 in 2 metri quadrati di capanna buia.
I Masai sono fierissimi di mostrarci la loro casa e noi non possiamo far altro che esultare in un coro di “oooh” e “beautiful” di approvazione.
Attilio si ricorda di avere una pila in tasca e l’accende.
Viene salutato come il Dio del fuoco, io personalmente avrei preferito continuare a immaginarla.
La vecchia è seduta in quello che sembra un letto: una pelle di bue tesa con 2 corde, ce n’è un altro a sinistra e immagino che ci dormano almeno in 6. Per terra c’è il resto di un focolare e nell’angolo,Kimani, mi mostra con grande orgoglio il mobile della colazione: un paio di mensole ricavate in un angolo con 3 tazze di alluminio luride.
Per farci sentire ancora più a nostro agio ci offrono le mini sedie Masai e ci accomodiamo come vecchi amici lì per terra nel buio,con tutti i bambini che ci guardano curiosi, ma appena cerchi di fragli una carezza corrono a nascondersi.
Capisco Angelina Jolie, sono così belli che te li porteresti tutti via da quel porcile!
Loro sorridono con un misto di gratitudine e rassegnazione, dopo 5 minuti decidiamo che ci siamo detti tutto e usciamo.
E’ il momento delle foto in cui però loro non vogliono comparire.
La vecchia si sfila la lunga collana e me la mette al collo, non sono in vena di foto, ma ci tocca (è la foto più brutta cha abiamo fatto e nemmeno la pubblico) sorridiamo e ridiamo ancora e poi segue una specie di silenzio imbarazzato in cui mi chiedo se non sia arrivato il momento dell’obolo e se devo consegnarlo alla vecchia.
In qual caso,magari, mi facesse una ricevuta che la scarico dal 740.
Non mi resta che tentare e chiedere lumi al nostro accompagnatore sempre mimando: “Money …to you?”  lascio galleggiare in aria un istante  e lui fulmineo  mi risponde in perfetto inglese: “Yes money to me and me money to them”
Allora quando vuoi capisci a ri brutto fijo de na mignotta!
Finalmente torniamo verso casa, gli sgancio i 25 dollari, salutiamo, ringraziamo e ci rimane una sensazione sgradevole addosso.
Ma come si può vivere così? Quei bambini non hanno acqua, non hanno corrente elettrica,non hanno istruzione e bevono latte e sangue, pascolano in lungo e in largo queste bestie sfinite, ma sono pieni di soldi a forza di racimolare mance dai turisti ogni giorno, e ricomprarsi altre bestie e se uno stipendio per un locale si aggira intorno ai famigerati 100 dollari, e ogni turista te ne lascia 20 al  giorno solo come mancia è facile fare i conti.
Una specie di accattonaggio autorizzato che non aiuta un paese  comunque ricchissimo di risorse ad emergere.
Ma la giornata di Mario e Pippo non era ancora finita e ci andiamo a sedere nel divano del lodge per sorseggiare una meritata birra.
p1080064A differenza della sera prima,manca una cosa fondamentale: il silenzio.p1080061
E’ arrivato un gruppo di italiani e tutti hanno intenzione di far sentire la propria voce. Fino alla sera prima avevamo bisbigliato, adesso dobbiamo usare il megafono.
La cena è dalle 7.30 alle 8.00 per cui non c’è neanche da aspettare il secondo turno e ci rassegnamo a metterci in coda all’assalto del buffet (”però era meglio di là, a me questo non mi piace, ma quanto ne prendi…).
Subito intuiamo che il gruppo non si conosce e mai si incontrerà dopo questa esperienza, sono quasi tutte coppie tranne  un paio di maschi single che cercano di marcare il territorio, ma sono già sconfitti in partenza da due mancati Fiorello che intrattengono gli altri a suon di freddure tratte da “la pagina della sfinge” in stile: “di che colore era il cavallo bianco di napoleone e pesa di più un chilo di piombo o un chilo di piume?”
E per tirare ancora più su il livello della conversazione, perchè non parlare di Lele Mora? Corona? E la Canalis?
Vieni in Tanzania  e ti porti dietro Lele Mora?
Ma perchè viaggiate? Perchè non rimanete a Rimini? Tanto che vi cambia?
Ma non è finita qui,uno degli animatori, l’anzianotto che oltre alle barzellette creava anche giochi interattivi con l’utilizzo di origami raffiguranti messicani che cagano, al momento di comunicare al buon Sam (l’impeccabile cameriere) a che ora avrebbero preso la colazione l’indomani, si è sentito in dovere di spartire una fondamentale informazione con i suoi compagni di viaggio e i malaugurati vicini di tavolo.
“At 7.oo but my wife at 7.30 because she has a little problem of pupù!”
Siamo rimasti ghiacciati.
Fosse successo a me avrei chiamato all’istante la Bernardini De Pace e le avrei detto solo: “lascialo in mutande!”
La signora ha fatto un mezzo sorriso che sottintendeva “questa me la paghi brutto stronzo” e la mattina dopo ho incrociato il suo sguardo mentre usciva dalla capanna alle 7.30.
L’ho guardata come dire “Signora non si preoccupi, è toccato a tutti” essere stitica e stare con un idiota.
Al tavolo della colazione  l’anzianotto non era presente (forse la moglie l’aveva fatto fuori) e abbiamo sentito che tutti ne parlavano male vigliaccamente.
Attilio ha di nuovo sottolineato il fatto che avremmo potuto essere con loro e di nuovo mi sono stretta nelle spalle.
Ma la mattina il livello della conversazione era davvero alto e la saccentona del gruppo, fra un uovo e una salsiccia, ha esordito con piglio degno della Santanchè : “Ma vi rendete conto che lo stato del New Jersey in 2 secoli ha sfornato due dei più grandi geni esistenti? Bruce Springsteen e Philip Roth?”
Attilio ha sputato il caffè.
A parte il fatto che anche Frank Sinatra è nato nel New Jersey (e anche  Snooki di Jersey Shore e Buddy Valastro de il Boss delle torte!), ma se uno degli stati più civili ed economicamente avanzati al mondo sforna 2 artisti in 200 anni, forse qualche domanda se la deve fare! Avrei capito fossero nati nel Burkina Faso, quello sarebbe stato un record!
L’adorabile secchiona ,ha continuato a pontificare in un silenzio autoprodotto fino a scontrarsi contro  un ingenuo “ma Roth chi? L’attore?”
E su quello di nuovo Attilio ha guardato me,poi loro poi di nuovo me e ha detto “ricordati”.
Ed ecco Fadhili a prenderci per portarci al primo giro nel  Serengeti Park (grande quanto l’Olanda) per vedere finalmente i leoni.
Anche se di bestie ormai per quella mattina ne avevamogià viste abbastanza…

Continua…

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Federica Blog

  1. 26 agosto 2010 a 14:56 | #1

    Gli italiani in vacanza… il peggio del peggio!!! Mi da un sacco di fastidio ammetterlo ma non ci facciamo mai una gran figura.
    Concordo con te in tutto… compreso il fatto che potrebbero stare a casa loro. E’ anche meno faticoso no?
    Un abbraccio
    PrinS
    PS Mi sa che ce lo faccio un pensierino su questo tuo viaggio… considerato che in Messico quest’anno ho visto le tartarughe deporre le uova su una spiaggia di notte e mi sono messa a piangere dall’emozione, secondo te che combino di fronte a tutti gli animali che hai visto tu???

  2. Elisa
    26 agosto 2010 a 15:01 | #2

    …. adoro questo appuntamento quotidiano!!!

    … non faccio commenti in merito alle bestie bipedi, hai reso bene te!!

    … in attesa dei leoni!!
    smack

  3. Fefè
    26 agosto 2010 a 17:38 | #3

    Le-o-ni, le-o-ni, le-o-ni!!!!

    Che delusione i Masai… me li immaginavo un popolo povero ma fiero, ma con la lancia e il cellulare?!? Che tristezza però…

    Le giraffe mi hanno sempre fatto una gran tenerezza, dopo Madagascar poi… te lo ricordi il giraffone ipocondriaco? eheheheheh! :-)

    Che bello questo racconto a puntate! Baci baci

  4. Cate
    26 agosto 2010 a 17:52 | #4

    Anch’io adoro i facoceri!!!!!!!!!!!!!!! Mi hanno sempre fatto morire dalle risate quando li guardavo nei documentari e poi mi fanno una tenerezza!! Son così brutti che ispirano simpatia, anche se le femmine per difendere i piccoli sfoderano la loro rabbia cinghialesca e sono belle incazzate!!!
    Le giraffe hanno un’aria dolce e allampanata, anche loro son stupende!!

    Ovvio che al top stanno i leoni (il mio animale preferito in assoluto, seppure maschilista e fancazzista…)!!

    L’hai letto “E nel cuore un leone” di Kobie Kruger? Se no te lo regalo. E’ stupendo.

    Smack

  5. MiciomicioBaubau
    26 agosto 2010 a 18:26 | #5

    Meraviglioso racconto! Mi è sembrato di vivere in quei posti leggendoti e non sarebbe male un libro su questa avventura..(ho le lacrime dalle risate).
    Aspetto le prossime puntate.
    Roberta :-)

  6. Catefiè
    26 agosto 2010 a 19:22 | #6

    Io e mia sorella quando giravamo questa estate per Copenhagen e Stoccolma decidevamo le mete (o di cambiarle) in base a quanti italiani c’erano nel posto stabilito: arrivavamo sul posto e se in 5 minuti sentivamo più di 20 italiani era segno che dovevamo cambiare meta!
    Waiting for LIONS!!!!!!!

  7. Regina
    27 agosto 2010 a 9:56 | #7

    Che risate!! certo l’immagine della lancia in una mano e il cellulare nell’altra mi lascia un po’ perplessa… per non parlare di questi italiani “così burloni”… Che amarezza!!
    una cosa che però mi ha fatto riderissimo è Attilio= Dio del fuoco, stupendo!! Veramente incantevole!
    Una cosa è certa, c’è da riflettere molto su ciò che hai scritto…
    Al prossimo appuntamento!
    Un abbraccio.

  8. 28 agosto 2010 a 1:38 | #8

    La lancia in una mano e il cellulare nell’altra un qualche pensieruccio lo mette. Comunque piaccia o non piacccia questa è l’Italia di oggi e ci si può fare ben poco … purtroppo (Philip Roth chi? L’attore??? :-D). Grazie per la splendida condivisione.

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