federica | 6. Marzo 2008 @ 16:14
Sentito che freddo?
E’ qualcosa di imbarazzante, proprio ora che le mimose avevano fatto “capolino”, come diceva mia nonna.
Ultimamente mi rendo conto di citarla spessissimo, cosa che non ho mai fatto quando era in vita, il che significa o che lei sta entrando nel mio corpo o che io sono con un piede nella fossa.
Pecorino di fossa…
Ecco alcune delle sue frasi più celebri:
“Arlecchino si confessò burlando” questa la dico continuamente ad Attilio,cioè quando uno fingendo di scherzare dice quello che pensa.
“Dormi? Ti trebbio!” : Se stai dormendo in un campo, la trebbiatrice ti potrebbe passare sopra, potrebbe in effetti sembrare una citazione di Salinger, ma non lo è, parafrasando: “se non ti dai una mossa sono cazzi”
“Gao bellino” questo è uno sfottò, è un po’ tipo, “ecco è arrivato lui!”
“Figlioli? Ramaioli diceva la mì nonna” …quindi questa è di fine 800, è più celebre la versione : “bambini grulli chi li fa se li trastulli”.
“O infingardo!” uno pigro,ma anche un po’ falso.
“Nato/a da un cane!”, questa è chiarissima.
“Popò di brodo”: uno che è una schiappa.
“Bei i mì tempi!”
Altre frasi celebri sono diventate un tormentone negli ultimi 20 anni di vita ed erano tutte più o meno indirizzate a mia madre:
“Non ci voglio morì con te!”
“Mi fai mangiare un pezzo di pane e un pezzo di veleno”
“Morirò senza aver visto Venezia” (che di fatto aveva anche visto, ma non doveva essergli piaciuta)
Poi c’era tutta una serie di filastrocche e ninne nanne che mi ricordo a spizzichi e bocconi tipo:
“C’era un grillo in un campo di lino, la formicuzza ne chiese un mazzolino Larinciuffalarillallera Larinciuffalarillallà!
Che era una sordida storia di sesso fra un grillo e una formica dove alla fine la formica ammazzava il grillo e la faceva franca.
Seguita a ruota da “Piovi piovicello l’acqua di stenterello mi ci lavai le mani mi ci cascò l’anello, pesca e ripesca pescai un pesciolino vestito di turchino….”
e via così per 20 minuti senza mai riprendere fiato, molti bambini all’epoca più che addormentarsi svenivano per debito d’ossigeno.
La favola di “Buchettino e l’orco” dove il bambino appollaiato sull’albero dei fichi non cedeva alle lusinghe di quest’ultimo e gli lanciava fichi che cadevano sistematicamente nella pipì o nella pupù (come mia nonna chiamava la cacca).
“Nel silenzio all’ombre fide passa un angelo e sorride” era la fine di una ninna nanna che piaceva molto a Daniel quando era piccolino, successivamente e per vendetta gli aveva indotto il terrore raccontandogli la favola della “campanaccia”, era una specie di arpìa che rubava i bambini,raccontato in tempi non sospetti quando i bambini si fidavano ancora della loro mamma….
La mia preferita era un altro tormentone: la novella dello stento.
“La novella dello stento che dura tanto tempo la vòi sentì?”
“Sì!”
“Non si dice di sì alla novella dello stento che dura tanto tempo, la vòi sentì?”
“No!”
“Non si dice di no alla novella dello stento che dura tanto tempo la vòi sentì?”
E così via, fino allo sfinimento.
Ci si divertiva con poco.
Quindi,considerato che anche lei faceva yoga che anche lei aveva un pessimo carattere e che coltivava passioni artistiche, se mi taglio i capelli cortissimi chiamate un esorcista!
Vostra Bosco Blair